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Menandro

"Le pagine gloriose e non della Resistenza", secondo Ignazio Benito Maria La Russa

Aggiornamento: 1 apr 2023

di Menandro


Grazie davvero per la sua sensibilità, presidente Ignazio Benito Maria La Russa! Lei merita un plauso. A poche settimane dal 25 aprile, Lei ha spiegato in maniera ferma, netta, oseremmo dire tranchant, che la Resistenza ha le sue belle pagine. Non forse come la "bella morte" cercata dai ragazzi di Salò, ma pagine da ricordare per quei venti mesi combattuti dal popolo italiano contro i nazifascisti.

Ma, si sa, nessuno è perfetto. E non lo è neppure il democraticamente eletto presidente del Senato che da inveterato missino, approdato dopo un lungo e faticoso cammino nella Costituzione italiana, è comunque arrivato ad apprezzare la Resistenza. Certo, lo ha fatto per esclusione, per così dire, con un ragionamento un po' lunare e fondato sul merito, in stretta osservanza ai principi del governo Meloni. Però lo ha fatto. In un'intervista concessa al quotidiano Libero, ha affermato, infatti, che l'attentato di via Rasella ad opera dei Gap romani (23 marzo 1944), che provocò il giorno successivo la rappresaglia nazifascista delle Fosse Ardeatine con 335 persone uccise e gettate nelle cave di pozzolana, non fu "una della pagine più gloriose della Resistenza". Dunque ne esistono di gloriose anche per lui. Bene. Un bel passo in avanti per chi sulla propria scrivania conserva il busto del Duce, Benito Mussolini, capo del fascismo e delle milizie nere che mettevano al muro i partigiani.

Mentre scriviamo, purtroppo, non sono ancora uscite le speciali pagelle del presidente La Russa sui passaggi più gloriosi della Resistenza da offrire ai lettori. Tuttavia, il diretto interessato ha spiegato che via Rasella non lo è perché i Gap uccisero "una banda di musicisti altoatesini, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non”. La seconda carica dello Stato, inoltre, sostiene che si trattò di “un attacco pretestuoso: tutti sanno che i nazisti hanno assassinato detenuti, anche politici, ebrei, antifascisti e persone rastrellate a caso, ovviamente non gente che collaborava con loro”.

"L'attacco pretestuoso" dei Gap fu quello portato all'11 Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (polizia d'ordine), composto da reclute altoatesine la cui età media era attorno ai 30 anni. Un battaglione che partecipava all'occupazione di Roma, che in via Rasella viaggiava a bordo di camion militari con fucili e pistole e non violini, violoncelli, clarinetti, contrabbassi, trombe e tromboni.

Ora, scansandoci da polemiche pretestuose, va riconosciuto a La Russa il coraggio inequivocabile che si deve al missino d'antan, tutto di un pezzo, al neofascista secondo la vulgata del Novecento, che a distanza di decenni, seppur in modo bizzarro, singolare, estremamente personale e con uno stile un po' litigarello verso la storia, apprezza il valore della Guerra di Liberazione. E soprattutto, mostra di rispettare chi ha sacrificato la vita per offrirgli la libertà di cui ha sempre ampiamente goduto. E ciò, se lui permette, nonostante le sue riserve sulla libertà degli altri, quando da esponente di primo piano della gioventù missina a Milano negli anni Settanta, partecipava alle proteste che da San Babila si muovevano al grido di "boia chi molla". Urla collettive sensibili, almeno una volta, al fascino omicida delle bombe a mano SRCM trafugate da qualche caserma dell'esercito, che in una manifestazione deflagrarono con furore sulla pelle di un agente di pubblica sicurezza, uccidendolo. Cattive abitudini di quegli anni, da una parte e dall'altra dell'estremismo politico.

Ma il 23 marzo del 1944, lo si creda o no, le bombe furono lanciate soltanto per combattere il nazifascismo.

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