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Caso Shahin: il Pd presenta interrogazione parlamentare

Al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, primo firmatario Andrea Giorgis


 

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Premesso che: in data 25 novembre 2025 si è avuta notizia dell’adozione – da parte del Ministro in indirizzo – di un provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di lunga durata e conseguente espulsione amministrativa a carico di Mohamed Shahin, imam della moschea di via Saluzzo, a Torino...

Comincia così l'interrogazione parlamentare firmata dai senatori Pd Giorgis, D'Elia, Bazoli, Camusso, Parrini, Del Rio, Tajani, Manca, che prosegue con le tappe che hanno visto precipitare in un incubo l'imam Mohamed Shahin: dall'arresto al provvedimento di espulsione, alla convalida di esecuzione, quest'ultima sospesa a seguito di richiesta di protezione internazionale presentata dai legali, motivata dalla circostanza che Shahin, cittadino egiziano, è un oppositore del governo egiziano e dunque è soggetto a rischio, in caso di rimpatrio in Egitto.[1]

Nella loro interrogazione, gli otto parlamentari sottolineano che a quanto si apprende, "l’espulsione è stata disposta sulla base dell’articolo 13, comma 1 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 agosto 1998, n. 286, secondo cui  per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri”. Nel contempo, però, si sottolinea che "non è dato sapere, né è possibile immaginare – considerato il radicamento sociale di Shahin, la sua permanenza ventennale nel nostro paese assieme alla sua famiglia e l’assenza di precedenti a suo carico - quali possano essere le ragioni dell’espulsione; né sembra possano essere assunte a base di tale provvedimento le dichiarazioni – successivamente ritrattate, ma comunque inaccettabili da ogni punto di vista - rese da Shahin sul massacro avvenuto il 7 ottobre 2023 per mano dell’organizzazione terroristica Hamas".

In questa reazione della politica i firmatari osservano che "il giudizio di pericolosità prefigurato dall’articolo 13, comma 1 del richiamato testo unico deve basarsi su motivi comprovati di rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato e non può in alcun modo giustificare arbitrarie prevaricazioni da parte del potere esecutivo; e considerato altresì che il giusto e doveroso contrasto verso ogni forma di radicalizzazione violenta deve avvenire, anche per essere più efficace, attraverso provvedimenti equilibrati e attenti a non consumare alcuna ingiustificata discriminazione o sproporzionata limitazione di fondamentali principi costituzionali; si chiede di sapere su quali basi, al di là delle sollecitazioni di alcuni parlamentari, "sia stata effettuata la valutazione di pericolosità di Mohammed Shahin, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 agosto 1998, n. 286; e, in particolare, se e quali indagini siano state condotte per giustificare l’adozione del provvedimento di espulsione".


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