"Shahin uomo di pace", Torino democratica sdegnata per il suo trasferimento in un CPR
- Vice
- 13 ore fa
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La vicenda dell'imam di San Salvario solleva nuovi interrogativi sul diritto di opinione nel nostro Paese
di Vice

L’accusa nei suoi confronti è di aver partecipato a cortei pro Palestina esprimendo posizioni critiche verso Israele. Accusa che si è trasformata per Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino, in un decreto di espulsione e nel trasferimento nel CPR di Caltanissetta, in attesa di volare nel suo paese d'origine, l'Egitto, da cui è scappato per motivi politici e che non rappresenta certo il luogo migliore per la sua sicurezza personale...
Il provvedimento nei suoi confronti è stato reso noto dal movimento Torino per Gaza. In un comunicato, il movimento ha sottolineato che a Shahin è stato revocato il permesso di soggiorno di lunga durata, dopo decenni di domicilio in Italia, e che ha subito un arresto "dopo due anni di mobilitazioni, in cui non ha mai smesso di esporsi pubblicamente contro il genocidio in corso in Palestina". Nonostante la sua richiesta di asilo politico, si legge ancora nel comunicato, "il giudice ha confermato l'espatrio, ignorando ogni evidenza del pericolo reale e documentato che Mohammad correrebbe".
E se il movimento mette in fila indiana i fatti, ieri, 25 novembre, Torino ha messo in piazza il suo sdegno, denunciando ieri mattina con un presidio davanti alla Prefettura in piazza Castello e ieri sera un corteo in via Madama Cristina e tra le strade del quartiere San Salvario, il clima "islamofobo e razzista" che si è creato attorno alla figura dell'imam, in totale contrasto con la libertà di opinione garantita dall'articolo 21 della Costituzione italiana.

“Shahin libero!” è il grido che ha unito la folla convenuta in piazza Castello, riecheggiato in via Madama Cristina per chiedere la sua liberazione immediata dal CPR di Caltanissetta, 1.600 chilometri da Torino; informazione, quest’ultima, che si è potuta ottenere solo attraverso un’interrogazione parlamentare.
Come ha scritto Stefano Marengo su Palestine Chronicle "le prime manganellate mediatiche contro Shahin erano arrivate dopo un’interrogazione della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli – la stessa già condannata in via definitiva per peculato per la nota vicenda della Rimborsopoli piemontese – che chiedeva esplicitamente l’espulsione dell’imam. Da quel momento si è attivato un meccanismo volto a colpire sistematicamente una voce scomoda.
In una nota il parlamentare di AVS Marco Grimaldi, ravvisa che si ci trova di fronte "a un'intimidazione, che nulla ha a che vedere con la sicurezza nazionale e a un uso politico del diritto; un caso gravissimo di compressione dei diritti fondamentali e di aggiramento delle garanzie previste per chi chiede protezione internazionale. Perché se oggi si espelle un dissidente, domani si potrà espellere chiunque. E quando persino la legge diventa uno strumento di vendetta politica, non siamo più in uno Stato di diritto, ma in qualcosa di molto più pericoloso. Per questo chiediamo l’immediata sospensione del provvedimento di espulsione, il rispetto della procedura di asilo e un chiarimento urgente da parte del Ministero dell’Interno". Una posizione a grandi linee condivisa da tutti coloro che sono scesi in piazza in una logica primitiva del "colpirne uno per educarne cento.”


A prendere posizione, oltre a Marco Grimaldi e ad Alice Ravinale, consigliera regionale AVS, ci sono anche diversi consiglieri comunali torinesi, che in una nota congiunta sottoscritta da Abdullahi Ahmed e Ludovica Cioria (Pd), Valentina Sganga (M5S), Sara Diena e Emanuele Busconi (AVS) ribadiscono che “la libertà di opinione non è un reato”, che Shahin è “un torinese pacifico che non ha mai danneggiato niente e nessuno: 20 anni da persona onesta e incensurata, padre di due figli nati qui in Italia, non si cancellano con un articolo di giornale o una interrogazione parlamentare”.













































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