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Leva obbligatoria: distrazione gratuita da problemi seri

di Michele Corrado  


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Continua il dibattito e le prese di posizione per una reintroduzione variegata e fantasiosa di un servizio militare che dovrebbe far fronte ai rinnovati bisogni della sicurezza nazionale. Qualcuno ha anche accennato ad un salto di qualità proponendo una Leva di livello europeo, forse come possibile sistema di formazione di una coscienza continentale diffusa in vista di Forze Armate europee. A livello governativo si vorrebbe la disponibilità di un serbatoio di personale specializzato, sulle diecimila unità, per fornire particolari competenze che non si riescono a sviluppare in ambito militare, come la cybersicurezza, dopo aver scoperto che tutti i sistemi informatici utilizzati da sempre sono totalmente privi di procedure o sistemi di protezione. In effetti, come è stato riportato da più fonti, l'idea del ministro della Difesa Guido Crosetto, è quella di costituire una “riserva” su base volontaria, composta non solo da militari ausiliari, ma anche da tecnici ed esperti digitali, con un possibile ruolo sociale per i giovani provenienti da contesti difficili.

Nella narrazione quotidiana, però, la genericità ha preso il sopravvento e si continua a ipotizzare un ritorno al servizio di leva del passato, come se la disponibilità di tale organizzazione potesse garantire il Paese da atti ostili di qualsiasi tipologia e portati da chiunque.

Il sistema della Leva deriva dalla necessità di disporre di un bacino di risorse umane per il mantenimento di Grandi Unità complesse, più o meno pronte all’impiego, come Corpi d’Armata e Divisioni, dell’ordine ognuna di diverse decine di migliaia di soldati, da impiegarsi in operazioni terrestri contro un invasore definito e numericamente superiore; per esempio, come il Patto di Varsavia ai tempi della Guerra Fredda.

Ora quello scenario è superato, ma il timore di un disimpegno, seppur parziale, dell’ombrello militare protettivo degli Stati Uniti sta proiettando in una dimensione di panico gli attori europei che mai avrebbero pensato alla possibilità di una tale decisione da parte degli americani.

Preparare quindi l'opinione pubblica ed il livello politico dei Paesi europei ad un nuovo contesto degli apparati di difesa che vanno ripensati in un’ottica di sostituzione del contributo americano, porta facilmente ad associare la definizione di Leva militare alle nuove necessità.

Prendendo per buona l’ipotesi che la minaccia provenga da est, e facendo tesoro di quanto sta avvenendo nel conflitto ucraino, soltanto Stati come Germania e Polonia, per posizione e popolazione, hanno la possibilità di allestire e di mantenere Grandi Unità di combattimento terrestri. Come abbiamo già avuto modo di scrivere [1], per chi come l'Italia gravita nel Mar Mediterraneo, non si è ancora definita la direzione che dovrebbe essere assunta per disporre di Forze Armate adeguate alla minaccia non futura, ma attuale, che viene percepita.

Ciò che viene proposto non è un ritorno al servizio di Leva come molti si ricordano ma un qualche tipo di reclutamento volontario e specialistico, scaglionato nel tempo, che dovrebbe sanare le nostre deficienze in un ambito di Guerra Ibrida e della quale mai nessuno aveva parlato diffusamente prima.

Definire la minaccia e decidere i mezzi di contrasto dovrebbe essere una delle basi fondanti di qualsiasi Paese sovrano. Purtroppo, per definire tali situazioni si ha bisogno di apparati di intelligence, in particolare militari, che noi abbiamo sempre più “compressi” nel tempo, fino allo smantellamento completo per le Forze armate.

Partendo da tali presupposti risulta arduo riuscire a definire, in particolare per il livello politico, quello di cui si ha bisogno. Il tempo però stringe ed è urgente realizzare un cambiamento significativo. Ma con quali risorse e a discapito di quali altri settori della società?

Se non si dà una risposta razionale a questi interrogativi, cruciali per l'intera Europa, è abbastanza evidente che il tema della Leva militare diventa un ottimo tarlo che può essere rilasciato facilmente nel dibattito politico, e che può lavorare, almeno questo, gratuitamente nel tempo. A questo punto, per evitare facili strumentalizzazioni, non sarebbe inopportuno spiegare che in qualsiasi Paese si governa in base alle priorità che, in quanto tali ed a seconda dello sviluppo degli eventi, possono cambiare. La guerra in Ucraina lo dimostra quotidianamente e non soltanto sul terreno dello scontro militare, quanto oggi più che mai sul piano geopolitico e diplomatico.

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