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La diga di Kakhovka e le tante guerre in Ucraina

di Sergio Cipri

Centrale idroelettrica di Kakhovka da Wikipedia

Sono stato invitato da Michele Ruggiero, nella linea editoriale della Porta di Vetro che dà spazio a riflessioni e commenti sulla guerra in Ucraina, a scrivere un articolo sul crollo della diga di Kakhovka e delle conseguenze sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Ho immediatamente pensato che le mie limitate conoscenze sulle centrali nucleari non mi titolassero per una analisi seria del fatto. Ma la notizia che, a seguito della esondazione, il livello dell’acqua nel bacino di raffreddamento dei reattori nucleari della centrale, la più grande d’Europa, non fosse più sufficiente per garantirne il funzionamento era, per la gravità delle conseguenze, altrettanto preoccupante di quella dell’allagamento, come si è visto, di un vasto territorio antropizzato e coltivato, spiegava in parte anche il sollecito ricevuto. Ho iniziato così a cercare informazioni verificabili più precise.

Di recente, è arrivata la notizia che anche l’ultimo dei quattro reattori è stato spento per motivi precauzionali, anche se il livello del bacino di raffreddamento - separato da quello principale chiuso dalla diga - appare sufficiente. Occorre sapere che, anche se la centrale non produce energia, il nucleo radioattivo rimane attivo con bassa emissione di calore e va comunque raffreddato

Chi è responsabile del crollo di parte della diga? Russi e ucraini si rimpallano le accuse. Persino gli americani, che quando si tratta di imporre la loro verità non vanno troppo per il sottile, si sono messi sotto coperta, salvo intervenire a piedi giunti con il New York Times che ieri ha annunciato di avere le prove che a far saltare la diga sono stati i russi[1]. Il quotidiano statunitense, infatti, avrebbe "interrogato" ingegneri ed esperti di esplosivi, sostenendo che la diga aveva "un tallone d'Achille" ed essendo "costruita in epoca sovietica, Mosca aveva ogni pagina dei disegni tecnici e sapeva dov'era". Le nuove rivelazioni del NYT danno maggiore valore all’intercettazione, diffusa settimane fa, di una conversazione fra due russi dei territori occupati, secondo i quali doveva essere un'azione dimostrativa per spaventare i civili, sfuggita di mano... Una volta si credeva all’oggettività delle fotografie, ora sappiamo produrre un livello di manipolazione quasi impossibile da scoprire. Oggi l’IA, con un campione della nostra voce, può generare una nostra conversazione che noi stessi non riusciamo a smascherare. Quale credibilità può avere una notizia del genere, nella sua indeterminatezza?

Come diceva Agatha Christie: "Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova". Aspettiamo allora il terzo indizio.


L'attesa controffensiva ucraina

Ma il crollo della diga come si collega alla controffensiva ucraina? Questa controffensiva annunciata da mesi è iniziata, anche se non sono ancoro chiari gli effetti, ad eccezioni dell'enorme consumo di proiettili e mezzi superiore agli stessi livelli produttivi di materiale militare dell'Occidente, il che pone più di un'interrogativo sulla nostra sicurezza e, presto, anche sulle disponibilità di cassa del nostro Paese, su dove attingere i soldi per ricostituire gli arsenali. Proviamo ad analizzare gli eventi. Una controffensiva non si annuncia con un preavviso tale da permettere al nemico di fortificare la linea del fronte, scavare nuove trincee, spostare truppe. Si fa. Il crollo della diga ha spazzato via parte delle fortificazioni russe, favorendo la controffensiva degli ucraini, dice una fonte. Non è detto: gli ucraini attendevano la stagione asciutta per avanzare velocemente su terreno solido, l’allagamento del territorio vanifica i piani strategici, dice un esperto. Ancora una volta: quale voce è più attendibile? Dove sta la verità?

Per scrivere un articolo serio, voglio capire. Andiamo ad interrogare la fonte di ogni informazione, internet. Alla domanda “guerra russo-ucraina” Google risponde con 9.980.000 risultati in lingua italiana. Alla domanda “russo-ukranian war” Google risponde con circa 800.000.000, ottocento milioni di risultati in lingua inglese. Lasciamo scegliere a Google?


Consumismo della pietà: il dramma dei bambini dispersi

RAI News, 11 giugno, 14.51“Kiev – dopo il crollo della diga disperse 35 persone, 7 i bambini”. Anche il mercato delle notizie non sfugge alle leggi della concorrenza. L’Auditel, in Italia, certifica l’audience delle reti televisive e i dati pubblicati influenzano la quantità e il valore della réclame (come dice una nota conduttrice televisiva) affidata a quella rete. Per raggiungere il grande pubblico le notizie, vere o simil-vere, devono attivare il nostro cervello ancestrale, la sede delle risposte emotive, possibilmente prima di essere esaminate dalla nostra corteccia prefrontale. Il contenuto emozionale evocato sovrasta quasi sempre l’oggettività della notizia. E cosa c’è di più collaudato di un bambino che soffre per accendere l’istinto materno che, uomo o donna, fa parte di noi? Sette bambini dispersi su oltre un milione di persone travolte dall’esondazione della diga di Kakhovka sono una evidenza statistica, ad un esame oggettivo, al limite del trascurabile. Ma sono certo che questa affermazione ha prodotto un moto istintivo di rifiuto e di ripulsa in chi legge. Obiettivo raggiunto, direbbe chi confeziona le notizie e soprattutto il modo di diffonderle.

C’è una guerra dove si muore sul campo di battaglia, per una pallottola, un bomba, un colpo di baionetta. Una guerra del secolo scorso, nonostante missili ipersonici e droni. Non sappiamo e non sapremo forse mai il vero numero dei morti. Ognuna delle due parti in conflitto è prodiga di notizie sul numero di soldati nemici ammazzati in ogni battaglia. E assolutamente reticente sulle sue perdite. Quale attendibilità hanno quei numeri? Chi è in grado di verificare? E non è impressionante la freddezza con cui vengono snocciolate quelle cifre? A 300 metri il nemico è un bersaglio, a tre metri è un uomo. Qui sono tutti bersagli.

C’è un’altra guerra che tocca i civili. La strategia militare assegna alle vittime civili un ruolo importante. Non ai morti, ma ai superstiti feriti e mutilati, che sottrarranno alle attività militari risorse umane ed economiche importanti. Senza dimenticare le ferite della mente, che agiranno a lungo quando quelle della carne saranno rimarginate. Forse non sapremo mai la dimensione di questa devastazione.

C’è una terza guerra che si gioca nelle stanze del potere. La guerra che non vediamo.

C’è una quarta guerra: quella che ci fanno vedere dallo schermo del televisore, quella delle immagini forti, la tragedia liofilizzata in pochi minuti di palazzi sventrati e vecchie donne piangenti, poca vera informazione, annegata nei bla-bla dei cosiddetti esperti nei talk show, dove tutti ci spiegano quello che non sanno. E’ questa la guerra vera?

C’è infine la guerra che esiste soltanto nella nostra mente, prodotto di realtà virtuale dove tutto, immagini vere e finzione, si mescola in modo inestricabile e sfida la nostra capacità di prendere posizione.

Trascrivo da Una battaglia persa, un piccolissimo saggio di Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la letteratura nel 2015, questa breve illuminante osservazione:

Viviamo a una velocità maggiore rispetto a prima. Il contenuto squarcia la forma. La spezza e la modifica. Tutto straripa dall’alveo consueto: nella musica come nella pittura. Anche nel documento la parola valica i limiti del documento stesso. Non c’è più un confine fra fatto e finzione, che trapassano l’uno nell’altra. Non è imparziale neanche un testimone. Quando racconta, l’uomo crea, lotta col tempo come lo scultore col marmo. E’ attore e creatore.

Non sono in grado – e questo scritto è la conferma - di scrivere in modo documentato, lucido e razionale, sulla diga di Kakhovka e neppure su questa guerra, di cui è un episodio che appare al limite dell’autodistruzione. Non sono in grado di prendere una posizione netta. Il protagonista del film che si proietta nella mia mente, senza che possa spegnere il proiettore, riesce soltanto a gridare silenziosamente la propria impotenza.


Note


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