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L'orrore di Gaza: perché gli ebrei italiani non si dissociano?

di Mauro Nebiolo Vietti


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Chi ha visto il film “Il Pianista” di Roman Polanski [1] ricorda la scena dell'ufficiale nazista che nel ghetto di Varsavia, in un momento di nervosismo, spara in testa ad un ebreo. La scena mi è tornata in mente quando mesi or sono un ufficiale dell'IDF, le forze armate israeliane, fece fermare la jeep vicino ad un gruppo di ragazzi, scese e sparò ad un giovane, uccidendolo. La notizia, riportata dai mass media, ebbe come unico effetto il solito  annuncio da parte dell’IDF di apertura di inchiesta di cui non si è saputo più nulla.

Non voglio discutere di genocidio, di cui ho già scritto il 20 novembre scorso; allora lo si sospettava, oggi può essere negato solo da chi è in malafede o da un politico per ragioni di opportunità. In quell'articolo si chiedeva agli ebrei italiani di dissociarsi, ma, tranne qualche distinguo a livello individuale, la platea ebraica tace e, se tace, debbo dedurre che condivide.

Eppure gli ebrei, con Liliana Segre in testa, ci hanno sempre raccontato della politica di sterminio e dei campi di concentramento ed abbiamo giurato sulla nostra Costituzione che non avremmo ammesso nessuna politica di sterminio e non solo; con la letteratura, la cinematografia, i dibattiti abbiamo allevato le generazioni successive insegnando di aborrire tutto ciò che può portare all’intolleranza assoluta e che il modello nazista rappresenta il massimo della degradazione umana.

Oggi, se ripenso al film “Il Pianista” sostituendo i nazisti con gli ebrei ed i palestinesi nel ruolo dei perseguitati, pare di leggere le cronache di Gaza.

In Cisgiordania, invece, non rivedo il film, ma i libri che ho letto ove si narrava dei pogrom durante i quali si cacciava l’ebreo dalla casa, generalmente saccheggiata ed incendiata, e lo si allontanava errante ed alla mercè di chiunque. Le cronache di oggi, quando parlano dell’occupazione in Cisgiordania delle terre palestinesi e dell’allontanamento dei suoi abitanti, non utilizzano il termine “pogrom”, ma non mi sono chiare le ragioni; come avveniva con gli ebrei, anche qui si caccia qualcuno, gli si incendia la casa ed anche il palestinese diventa errante in un territorio ove gli stati confinanti hanno già dichiarato di non essere disposti all’accoglienza.

Il silenzio degli ebrei italiani (come peraltro nel resto dell’Europa) è assordante e sottolinea una complicità inattesa; quando qualcuno mi obietta che si tratta di autodifesa dopo i fatti del 7 ottobre si copre di ridicolo; il governo israeliano non si occupa più degli ostaggi e nessuno crede che i servizi segreti israeliani (che sono persino riusciti a far esplodere i cercapersone di cui tutti i quadri di Hezbollah erano dotati) non fossero informati dell’aggressione, episodio che ha permesso di giustificare l’avvio delle operazioni militari ed oggi autorizza qualche ebreo sprovveduto o in mala fede a giustificare il genocidio.

Il sospetto, brutto, cattivo, speriamo infondato, è che la comunità ebraica internazionale sia d’accordo, perché il sogno del grande Israele (Gaza, Sinai e Libano) possa realizzarsi e così la storia offrirà due quadri; quello di Hitler che ammazzava per salvare la razza e quello degli ebrei che ammazzano per realizzare il grande Israele. Ma per eliminare questo brutto sospetto occorre che l’ebreo italiano ci faccia sapere che non condivide, che si oppone perché, se cominciamo a confondere il persecutore con il perseguitato, rischiamo di cadere in una spirale di intolleranza ed insofferenza dove una minoranza è perseguitabile solo perché è tale e, temendo che inquini il potere, prima la si emargina e poi la si elimina.

Tutte le volte che, camminando, ho trovato una pietra di inciampo ho avuto un pensiero per quell’ebreo trascinato via, ma ora debbo anche chiedermi: se quell’ebreo fosse stato maggioranza, a chi sarebbe toccato essere trascinato via?  


Note

Tratto dal romanzo autobiografico omonimo di Władysław Szpilman. Il film ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes nel 2002 e 3 Premi Oscar nel 2003.

La trama è tratta dal racconto di quanto vissuto da Szpilman dallo scoppio della seconda guerra mondiale, con l'invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, l'occupazione di Varsavia, la creazione del ghetto cittadino, la fuga e la sopravvivenza del protagonista fuori dal ghetto, fino alla liberazione della città da parte dell'Armata Rossa. Nel film i brani al pianoforte sono stati eseguiti dal pianista polacco Janusz Olejniczak.

1 commento


Eh, no, signor Vietti. Non faccia anche lei l’errore che fanno i filoisraeliani e filosionisti, quando accusano di antisemitismo chi critica la politica dissennata e ( ormai possiamo dirlo a voce alta) criminale dello Stato e del Governo di Israele. Gli ebrei della diaspora in tutto il mondo hanno fatto e stanno facendo continuamente manifestazioni, stanno prndendo la parola, stanno scrivendo appelli, rivolti soprattutto agli stati occidentali ( USA, UE), perché finiscano di restare inerti di fronte al genovidio. Nel mio piccolo, assieme ad amici delle organizzazioni ebraiche LeA e Mai indifferenti, abbiamo sottoscritto un appello con all’inizio circa 300 firme, successivamente cresciute fino al doppio, che è stato pubblicato su giornali italiani ed è rimbalzato sui quotidiani europei ed…

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