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"Caro ministro Giorgetti nessun massacro, i suoi calcoli sono semplicemente sbagliati"

di Anna Paschero


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“Non è ricco chi guadagna 2.000 euro al mese!” – risponde convinto  il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti alle reazioni critiche ricevute sulla sua manovra Irpef. Fin qui le sue dichiarazioni sono condivisibili. Dopodiché, ha anche aggiunto: “Noi massacrati da chi può massacrare", con chiaro riferimento alle istituzioni che lo hanno bacchettato". E qui di condivisibile non c'è più nulla e al però, segue un ma, perché il ministro dimostra di non aver colto le conseguenze di quello che convintamente sostiene di voler fare. Quindi, possedendo le competenze  tecniche necessarie,  evidenzia più di una lacuna sulla questione fiscale.   

Lo sconto di due punti percentuali sull’aliquota del 35% che colpisce i redditi da 28.001 fino a 50.000 euro, per effetto della modalità di calcolo dell’imposta per scaglioni e aliquote progressive, infatti, produce per i redditi superiori a tale limite il medesimo beneficio fiscale a tutti i contribuenti, anche milionari.  

Il risparmio, come si è già dimostrato, è di qualche  euro per chi si trova subito al di sopra dei 28.000 euro e di 440 euro chi raggiunge i 50.000. Ma anche i redditi al di sopra dei 50.000 euro, e fino ai redditi più elevati che rientrano nell’ultima classe indicata dall’Agenzia delle Entrate nelle proprie statistiche fiscali - ovvero oltre 300.000 euro con un reddito medio pro capite che ha superato nel 2023 i 561mila euro annui- fruiscono dello sconto massimo di 440 euro. A meno che tale beneficio possa essere recuperato con il taglio delle detrazioni di imposta, qualora fruite. Se non si fruisce il beneficio a favore del contribuente rimane intatto.

Il meccanismo di calcolo dell’imposta appena illustrato è quello che ha provocato e legittimato le critiche di Bankitalia, Istat e l'Ufficio Parlamentare di bilancio, oltre che della minoranza parlamentare. Eppure il titolare del ministero economico continua a sostenere caparbiamente che la manovra va a favore del ceto medio, convinto, ancora una volta, di  riuscire a far condividere la sua lettura ai contribuenti  più ignari. 

Il disturbo costa agli italiani 3 miliardi di euro all’anno per tre anni consecutivi, ovvero 9 miliardi di risorse finanziarie che potrebbero meglio essere collocate nella sanità o nell’istruzione, anziché nelle tasche di contribuenti che, teoricamente, non ne avrebbero bisogno.

Se il ministro Giorgetti volesse davvero favorire esclusivamente i redditi medi, dovrebbe prevedere una quarta aliquota – almeno del 46% - che colpisca tutti i redditi superiori a 70.000 euro, in modo tale da neutralizzare, o quasi, il beneficio fiscale proveniente dal taglio della seconda aliquota fiscale di 2 punti (dal 35 al 33%).

Da una simulazione effettuata risulterebbe un risparmio annuo di oltre un miliardo di euro che deriverebbe dall’aggravio percentuale dell’aliquota media da 70.000 a 100.000 Euro dello 0,46%; dell’aliquota media da 100.001 a 200.000 di 2 punti percentuali e dall’aliquota media da 200.001 a 300.000 euro e oltre, di 2,3 punti percentuali .

Il risultato è stato ottenuto applicando le suddette percentuali all’imposta netta riferita all’anno 2023 pubblicata quest’anno dall’Agenzia delle Entrate. Poiché il gettito dell’Irpef è in tendenziale crescita, il risparmio potrebbe essere anche di molto superiore al miliardo di euro annuo.

Quello suggerito rappresenta solo uno sforzo minimo per neutralizzare gli effetti distorti della manovra fiscale di bilancio voluta dal Governo Meloni e dal suo Ministro e non un esempio virtuoso di distribuzione del carico fiscale in modo progressivo e secondo la capacità contributiva di ognuno, come sancito dall’art. 53 della nostra Costituzione. Perché è del tutto evidente che il sistema così come è stato concepito è progressivo solo per le classi di reddito più basse, mentre oltre il reddito di 50.000 euro diventa piatto e non aumenta più perché l’aliquota del prelievo resta uguale per chi guadagna appunto 50.000 euro e chi ne guadagna invece qualche milione.

Trattare in maniera uguale chi è diseguale non favorisce certo la riduzione delle disuguaglianze, anche economiche, del nostro Paese, con tutte le conseguenze che ne derivano e che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.


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