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L’oro africano finanzia l’invasione di Mosca/1

Aggiornamento: 4 lug 2022

di Renato Caputo*




Ieri l’altro, 26 giugno, ha preso il via in Baviera il vertice dei leader del G7, che si conclude oggi, 28 giugno. Il summit è stato intitolato: “Progredire verso un mondo giusto”. Inevitabilmente, la guerra in Ucraina figura in cima all’agenda del G7. La prima giornata è stata dedicata a tre sessioni tematiche, relative all’economia globale, alla promozione di partenariati per infrastrutture sostenibili a favore dei Paesi in via di sviluppo e alla politica estera e di sicurezza. In tale ambito, si sta ragionando su quali misure possano risultare efficaci per colpire direttamente il cuore della macchina da guerra di Putin. Una delle misure promosse è mettere al bando l’export russo di oro. Questo metallo prezioso rappresenta una delle principali esportazioni russe.

Le nuove esportazioni di oro russo non potranno più entrare nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone dopo le nuove misure concordate al vertice del G7 in Germania, progettate per esercitare pressioni sul presidente russo Vladimir Putin sul conflitto con l’Ucraina. Boris Johnson, primo ministro britannico, ha detto che l’iniziativa “colpirà direttamente gli oligarchi russi e il cuore della macchina da guerra di Putin”.

La strategia del Regno Unito

Londra è un importante hub mondiale per il commercio dell’oro e le sanzioni britanniche, che saranno le prime del loro genere a essere applicate contro la Russia in qualsiasi parte del mondo, avranno un enorme impatto sulla capacità di Putin di raccogliere fondi. Al G7, il messaggio del Regno Unito è stato quello di isolare ulteriormente la Russia dal sistema finanziario internazionale. Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere, si è detto lieto che Stati Uniti, Canada e Giappone si uniranno al Regno Unito nell’imporre questa misura, chiudendo le strade per le vendite di oro russo e massimizzando l’impatto che potranno avere su Putin. Le misure annunciate questa settimana, fanno seguito a quelle adottate lo scorso mese di marzo dal London Bullion Market Association (LBMA)1 volte a sospendere sei raffinerie russe di oro e argento: − JSC Krastsvetmet; − Raffineria JSC Novosibirsk; − JSC Uralelectromed; − Impianto di lavorazione delle leghe speciali di Mosca; − Prioksky stabilimento di metalli non ferrosi; − Shyolkovsky Fabbrica di metalli preziosi secondari, SOE. Queste sei raffinerie non saranno più accettate come Good Delivery dal mercato dei lingotti di Londra fino a nuovo avviso. Il divieto di importazione di oro, che entrerà in vigore a breve, si applicherà all’oro appena estratto o raffinato dalla Russia.

La corsa al metallo prezioso del Cremlino

Stando a uno studio della Global Initiative Against Transnational Organized Crime (GI-TOC), la Russia ha raddoppiato le sue riserve d’oro portandole a un valore stimato in 130 miliardi di dollari, grazie al metallo trafficato dalle miniere controllate dai suoi paramilitari in Africa che si va a sommare a quello estratto all’interno dei suoi confini. La scelta di Mosca di affidarsi all’oro è dovuta anche al fatto che, spiegano gli analisti, l’oro è il bene rifugio per eccellenza su cui convergono i capitali degli investitori nei periodi di maggiore volatilità sui mercati, come quello attuale a causa delle sanzioni occidentali. Insomma, più a Bruxelles stringono le maglie delle sanzioni, più il caveau aureo di Mosca prende valore. Per fermare il traffico di metalli preziosi, l’Europa si è già dotata della direttiva sull’Approvvigionamento responsabile di minerali originari di zone di conflitto o ad alto rischio2. L’oro africano però non finisce tutto nei caveaux della Banca centrale moscovita, anzi spesso deve trasformarsi in denaro liquido per l’acquisto di materiale bellico per sostenere la guerra in Ucraina e per farlo, visto che i mercati europei sono inaccessibili ai russi, servono degli intermediari.

Il ruolo degli Emirati Arabi Uniti

E qui, stando al Global Initiative against Transnational Organized Crime, entrano in gioco gli Emirati Arabi Uniti che sono un attore dominante nel commercio globale d’oro e un intermediario che, nonostante le sanzioni, collega la Russia al resto del mondo finanziario. Secondo i dati commerciali delle Nazioni Unite per il 2020 “c’è, infatti, una discrepanza di almeno 4 miliardi di dollari tra le importazioni di oro dichiarate dagli Emirati Arabi Uniti dall’Africa e ciò che i Paesi africani affermano di aver esportato negli Emirati Arabi Uniti”. I conti non tornano dunque, e quei 4 miliardi di dollari dovrebbero essere quelli che arrivano dalle miniere dell’Africa, dove mercenari arrivano in volo dalla Siria per proteggere i potenti locali e riempire jet privati di lingotti destinati alle casse del Cremlino. Oltre a rinforzare il Cremlino, le scorribande degli uomini del Gruppo Wagner destabilizzano Bruxelles e la presenza europea nella regione. Di questo parleremo anche e non solo nella seconda puntata. _______

1)La London Bullion Market Association (LBMA) è stata fondata nel 1987 dall’autorità di regolamentazione del mercato all’epoca: la Banca d’Inghilterra. È l’associazione commerciale per il mercato dell’oro e dell’argento “da banco” con sede a Londra. L’associazione è responsabile della regolamentazione dei settori quali standard di raffinazione, pratiche commerciali e certificazione dei metalli utilizzati per produrre lingotti e monete d’oro e d’argento. Come autorità principale sui mercati dell’oro e dell’argento, la LBMA detiene i diritti di proprietà intellettuale sui prezzi di argento e oro che vengono fissati due volte al giorno. 2Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell’Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio,https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32017R0821&from=IT

*Docente universitario di “Diritto Internazionale e normative sulla sicurezza (IUS/13)”, nell’ambito del Master Universitario di Secondo Livello in Scienze Informative per la Sicurezza, presso l’Università degli Studi eCampus di Novedrate (CO)


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