L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Albania-migranti: spot elettorale della Meloni
Aggiornamento: 12 nov 2023
di Libero Ciuffreda*
L’Italia è un paese europeo con una lunga costa sul Mar Mediterraneo. E’ una repubblica parlamentare con circa 59 milioni di abitanti, in caduta demografica. Ha una superficie di 340 mila Km quadrati. Il numero dei Comuni è 7901 e dalla capitale Roma, il più esteso, arriva a Monterone, in Lombardia, con conta meno di 30 abitanti. Sembra l’inizio di una lezione che potremmo seguire con rinnovato interesse in una delle 11.627 scuole dell’infanzia, primarie o secondarie di primo grado. L’Italia è anche uno dei 27 Paesi dell’Unione europea, che può contare su una popolazione di circa 450 milioni di abitanti, residenti su una superficie immensa pari a 4.233.000 Km quadri.
Allora, che cosa ha indotto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, “motu proprio”, a firmare - testuale - [un] "Protocollo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”? Mistero. Se non la dichiarata ammissione che verificata l’impossibilità di mettere in atto gli slogan utilizzati durante la campagna elettorale e nel corso dei primi 12 mesi di responsabilità di governo, tesi a bloccare le migrazioni, consapevole delle crescenti difficoltà a governare le situazioni di crisi che stanno funestando l’Africa subsahariana e il Medio Oriente, Giorgia Meloni si affida al classico coup de theatre che contraddistingue chi "naviga a vista" in politica, e non soltanto in politica.
Morale: nell'impossibilità (che fa rima con incapacità) di impegnare il nostro Paese e gli altri 26 dell’Unione Europea a regolarizzare il flusso di persone migranti richiedenti asilo, rendendolo un elemento virtuoso per la società e la nostra economia, sottoscrive un accordo di dubbia coerenza costituzionale, dai risvolti e contorni legali ed economici non ancora del tutto chiari con il Primo ministro d'Albania Edi Rama.
Il tutto sotto l'egida di un "decisionismo" personale mirato a costruire un consenso personale, che rinnova la fastidiosa (ad essere generosi) sensazione della tendenza di Giorgia Meloni - donna, madre, italiana, cristiana - a comandare più che governare, a dispetto stesso dell'incipit del protocollo... Un decisionismo che fa leva soprattutto su quella parte di italiani - evitiamo così scorciatoie ipocrite - che ai "costi" emotivi e di impegno sociale della solidarietà predilige il disinteresse che ha un solo e puro costo economico pur di non avere altri problemi, anche di natura riparativa verso i più deboli, che sono spesso anche i più sfruttati.
Infatti, il provvedimento, secondo il Protocollo d’intesa, dovrebbe accogliere non più di 3000 migranti alla volta, che ai sensi dell’articolo 1, verranno ammassati in “Aree” definite come beni immobili di proprietà demaniale. In tali strutture, i migranti sosteranno da un minimo di 28 giorni fino a 18 mesi e saranno definiti come cittadini di Paesi terzi e apolidi per i quali deve essere accertata la sussistenza o è stata accertata l’insussistenza dei requisiti per l’ingresso, il soggiorno o la residenza nel territorio della Repubblica italiana.
Un budello burocratico, in altre parole, che si guarda bene dal dare risposte a due semplici domande d'interesse primario per i cittadini italiani.
Prima domanda: quanto “personale italiano”, come viene definito all’art.1 - comma e, anche non in possesso della cittadinanza italiana, inviato dalla parte Italiana in Albania, servirà per assicurare lo svolgimento delle attività previste dal patto?
Seconda domanda: quanti saranno i milioni di euro dei contribuenti italiani che verranno spesi per costruire in Albania le strutture e per gestirle?
Posto ciò, e dinanzi ai silenzi del governo rotti dalla macchina propagandistica che segue e asseconda acriticamente in versione MinCulPop qualunque iniziativa di Palazzo Chigi, rimane intatta l'impressione che si tratti di un provvedimento che risponde a meri interessi elettorali, in vista del voto di giugno 2024 per il rinnovo del Parlamento Europeo. Una sensazione che paradossalmente trova conforto nei commenti favorevoli espressi dal socialdemocratico e cancelliere tedesco Olaf Scholtz, cioè di una parte politica opposta e contraria al governo di destra-centro italiano, segno che sulla questione migranti si ripropone il modello più comodo, quasi una polizza assicurativa per non perdere consenso: delegare all'esterno la soluzione del problema, in parole crude "mettere la polvere sotto il tappeto": ieri lo si è negoziato con la Turchia, oggi, in sedicesimo, lo si fa con l'Albania, paese preso all'amo dell'ingresso in tempi rapidi nell'Unione Europea.
A farne le spese è la comprensione della storia nel suo complesso. Perché dagli eventi si arriva a comprendere la storia dei popoli in un cammino che ci avvicina alla storia delle persone che arrivano in Italia e a riconoscerne il diritto alla dignità. All'opposto, le persone migranti devono rimanere degli scheletri di storie. Storie ossificate, senza il diritto di avere una biografia.
In realtà i migranti hanno molte caratteristiche in comune con i nostri vissuti che dovrebbero spingere tutti noi ad abbracciarli: sono giovani, stanchi, ma determinati, hanno freddo o caldo, sono coperti o scoperti, sono neri o bianchi. Li accompagnano sguardi a volte persi nel vuoto, sperano. Ci credono fino in fondo, affrontano ogni pericolo, ne va del loro possibile futuro... si giocano l’unica carta che hanno a disposizione.
Riconoscerli è un atto politico. Ghettizzarli è una perdita d'umanità.
*Membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI).
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