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L'Appuntamento di oggi: alle 18 l'IA "incontra"... gli adolescenti

Al SocialFare di Torino con Domenico Cravero e Marina Lomunno


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Si è al terzo (su quattro) degli incontri promossi in questo ultimo scorcio del 2025 dalla Porta di Vetro sull'intelligenza artificiale. Gli appuntamenti sono stati aperti il 17 novembre da una conferenza di Bruno Geraci, giornalista e scrittore, e sono proseguiti sette giorni dopo con il sociologo Sergio Scamuzzi e Ferruccio Marengo.[1]

Oggi, come sempre dalle 18 alle 20, presso il SocialFare di via Maria Vittoria 38 a Torino, il ciclo ritorna con la partecipazione di don Domenico Cravero, parroco della chiesa di Santa Maria di Poirino, in dialogo con la giornalista Marina Lomunno de La Voce e Il Tempo attorno a una questione di grande importanza, soprattutto sul piano pedagogico: "Intelligenza artificiale, quale impatto sugli adolescenti?"[2].

Come premessa al tema, pubblichiamo l'intervista di Michele Ruggiero a Domenico Cravero apparsa nell'ultimo numero di domenica 30 novembre su de La Voce e il Tempo, il settimanale della Curia di Torino.


“Tema di grande attualità”, quanto scottante, è l’esordio di don Cravero, in una chiacchierato che anticipa le sue riflessioni. “Si tratta di una sfida complessa, perché è necessario preparare gli adolescenti, a dare loro piena consapevolezza che l’incontro con l’intelligenza artificiale non può, né deve essere vissuta banalmente, come una risposta facile alla fatica dello studio, perché non è questo l’obbiettivo. Al contrario, lo strumento artificiale deve essere letto come porta d’ingresso alla passione per la conoscenza. Soltanto così le nuove tecnologie potranno avere un ruolo attivo. Ma per imboccare questo strada, ai giovani occorre dare anche stimoli. Di qui un progetto politico sociale a loro dedicato, anche per sottrarli al pericolo di una fruizione incontrollata e non guidata con il rischio di vederli immergersi in una grossa bolla di superintelligenze, in cui non è facile destreggiarsi”.

In altri termini, di superare la prevalente e diffusa curiosità mista a stupore per i risultati che offre l’IA. “Al momento, è quanto sta accadendo. Sia chiaro, lo stupore non va demonizzato. Ma il lemma ha la stessa radice di stupido. E per dirla con le parole dello psicoanalista francese Jacques Lacan, che usa il termine béance, un vuoto, lo stupore ti porta a rimanere con la bocca aperta di fronte ad un fenomeno, che sì ti stupisce, ma che può anche renderti stupido. Allo stupore contrappongo il senso della meraviglia, che ci riporta ai valori degli insegnamenti di Maria Montessori”.

Alla meraviglia che inoltra nei misteri dell’Universo. “E che ci fa percepire la realtà tutta ancora da scoprire. Ciò che nel Rinascimento il cardinale, filosofo e matematico tedesco Niccolò Cusano chiamava la dotta ignoranza, frutto proprio degli studi che agivano da moltiplicatore, anche al servizio del personale ingegno, per assorbire sempre più conoscenza. Un sapere direttamente proporzionale alla dotta ignoranza perché è proprio dal sapere che si scopre quanto non si sa ancora. Può apparire banale, ma è una verità che ognuno di noi constata quotidianamente.

Stimolo verso il sapere che porta l’individuo all’interesse per l’umano. Il filosofo francese Bernard Stiegler, prematuramente scomparso, ha descritto in maniera illuminante il valore della conoscenza contributiva: si studia, si lavora, ci si confronta con gli altri e ne consegue un contributo alla conoscenza collettiva, laddove si impara anche a comunicare e a pensare con le emozioni. Ed è ciò che distingue l’umano dall’IA, che si nutre di logica, mentre noi, per citare il neuroscienziato americano Howard Gardner, siamo dotati di una intelligenza multipla che spazia dalla musica all’esistenziale”.

Morale: occorre investire sui giovani. “E costruire luoghi pubblici di confronto in cui i giovani possano pensare collettivamente. A Torino sono sorte prime esperienze private, come per esempio i FAB LAB, dove i giovani possono vedere e condividere le scoperte di loro coetanei. C’è chi ha realizzato una particolare amplificazione della musica, altri hanno programmato piccolo robot o una pagina web scritta integralmente da loro. A guadagnarne è lo spirito di cooperazione insieme con la dimensione logica, in un connubio che sposa l’umano al razionale, in cui la quantità dell’IA non ha diritto di cittadinanza senza qualità, cioè senza quel gusto che fa emozionare gli esseri umani, che li porta alla spiritualità e all’ingresso nel trascendente”. 

Si ha bisogno di strumenti per i giovani, per non lasciarli soli all’approccio con l’intelligenza artificiali. “Strumenti che però devono nascere dalla rete della società e non soltanto attingere dalla scuola, da cui non si può pretendere l’esercizio di una perenne supplenza. Non dimentichiamo un assunto inderogabile: anche l’IA è uno strumento e non un fine, perché il fine lo stabilisce l’umano. In caso contrario, l’IA potrebbe diventare uno strumento incontrollato e distruttivo, anche dal punto di vista ecologico, per il loro potere energivoro”.

 

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