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Leone XIV, profeta di pace nella terra della guerra più atroce

Il primo viaggio apostolico del Papa in Libano e Turchia


di Luca Rolandi


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Meno mediatico e incisivo del suo predecessore Francesco, Leone XIV nel suo primo viaggio apostolico di lungo corso all’estero in Turchia e in Libano si sta rivelando molto più efficace e diretto al netto di una bassa intensità mediatica sui suoi pronunciamenti. Temi politici e approfondimenti spirituali delicato ma molto coerenti con il messaggio evangelico. Leone XIV ha tributato un omaggio all’Islam optando però con profilo basso e di rispetto. Il Papa ha vissuto la visita alla moschea in silenzio, in spirito di raccoglimento e in ascolto, e la sala stampa vaticana ha ricordato che Leone XIV ha avuto « profondo rispetto del luogo e della fede di quanti si raccolgono lì in preghiera».

Questione di temperamento. Forse con il retropensiero che oggi la società è più polarizzata che negli anni passati e un Papa che prega in moschea può innescare tanto tra i cattolici tradizionalisti quanto negli ambienti islamisti reazioni accalorate di cui si può fare a meno. A differenza dei suoi predecessori Benedetto XVI e Francesco, Leone non ha visitato neppure Santa Sofia, e la sua giornata è continuata nel nome dell’ecumenismo. Il Papa cerca di ricucire il tessuto strappato da ultimo dalla invasione russa dell’Ucraina: a Nicea, dove venerdì scorso ha presieduto la commemorazione del primo Concilio (325 d.C.), non erano presenti i patriarchi vicini a Mosca, incontrando i capi delle altre Chiese cristiane a Mor Ephrem. All’incontro di preghiera con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate e gli operatori pastorali nella cattedrale dello Spirito Santo a Istanbul, il Papa sottolinea che i frutti della missione ecclesiale non derivano da strutture o potenza economica ma dallo Spirito Santo: clero e laici si prendano cura di giovani, migranti e rifugiati, attenzione all'arianesimo di ritorno che considera Gesù un maestro sapiente, ma non Dio vivo. E ancora Leone XIV ha ribadito che "Si arrivi a piena comunione tra cristiani" ha detto il Pontefice nel corso della visita alla Cattedrale Armena, poi la celebrazione e la benedizione ecumenica con il Patriarca Bartolomeo I.

Nel paese mediorientale simbolo di una difficile convivenza e snodo fondamentale per addentrarsi nel dramma israelo-palestinese, altro affondo di Leone XIV sui temi di stretta attualità. Alle autorità del Libano, l'incoraggiamento per un popolo che tanto ha sofferto e per il quale la pace "è un cantiere sempre aperto". Il Papa torna sulle "ripercussioni devastanti" dell'instabilità globale, causa di emigrazione per tanti libanesi. Serve una "guarigione della memoria", istituzioni che riconoscano il primato del bene comune, valorizzino le donne. Poi l'invito a tutte le componenti religiose e civili: sensibilizzino la comunità internazionale per dare futuro ai giovani.

"La Chiesa non è soltanto preoccupata della dignità di coloro che si muovono verso Paesi diversi dal proprio, ma vuole che nessuno sia costretto a partire e che chiunque lo desideri possa in sicurezza ritornare". Così Papa Leone XIV, nel suo discorso a Beirut alle autorità del Libano. "La mobilità umana, infatti, rappresenta un'immensa opportunità di incontro e di reciproco arricchimento, ma non cancella lo speciale legame che unisce ciascuno a determinati luoghi, a cui deve la propria identità in modo del tutto peculiare - prosegue il Pontefice -. E la pace cresce sempre in un contesto vitale concreto, fatto di legami geografici, storici e spirituali. Occorre incoraggiare coloro che li favoriscono e se ne nutrono, e non cedono a localismi e nazionalismi. Nell'Enciclica Fratelli tutti Papa Francesco indicava questa strada: "Bisogna guardare al globale, che ci riscatta dalla meschinità casalinga. Quando la casa non è più famiglia, ma è recinto, cella, il globale ci riscatta perché è come la causa finale che ci attira verso la pienezza. Al tempo stesso, bisogna assumere cordialmente la dimensione locale, perché possiede qualcosa che il globale non ha: essere lievito, arricchire, avviare dispositivi di sussidiarietà. Pertanto, la fraternità universale e l'amicizia sociale all'interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali.

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