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In fuga dai Pronto soccorso infermieri e medici


di Enrica Formentin



Negli ultimi mesi il dibattito sulla sanità si è concentrato sul fenomeno della fuga di medici e infermieri dai Pronto soccorso. Un fenomeno cui non sono estranei anche episodi di presunta o reale malasanità (l'ultimo a Vercelli, a inizio settimana), che restano comunque tali e limitati, mentre il peggioramento delle condizioni di lavoro per gli operatori sanitari è diffuso. Non a caso, la domanda altrettanto diffusa rimane se l’infermiere di Ps, che ha la responsabilità enorme di stabilire la gravità delle condizioni del paziente, è realmente messo in condizione di farlo? Ora, non è mia intenzione entrare nel merito di sentenze o inchieste giudiziarie, ma credo che si quantomai necessario suscitare una riflessione costruttiva sulla condizione del personale sanitario nei nostri ospedali.


Il Pronto Soccorso è un luogo di lavoro dove sia gli infermieri, sia i medici acquistano una capacità di valutazione e di osservazione del malato a 360 gradi che permette loro di esprimere la propria professionalità al meglio. Per cui viene il sospetto che la negligenza del singolo, sia esso infermiere che medico, non possa essere disgiunta (se non addirittura favorita) da una serie di inefficienze di sistema che mina la possibilità di lavorare in sicurezza. Da qui, l'uscita di quote sempre maggiori di personale sanitario dal settore pubblico e, in casi estremi, l'abbandono della professione per gli infermieri.


Nel 2020 con l’insorgere della pandemia da Covid-19, il personale di ospedaliero ha dimostrato un concreto senso di abnegazione riconosciuto. Peccato, che superata la fase critica, gli "eroi" di ieri siano diventati bersaglio di attacchi gratuiti, critiche prevenute, a volte denunce. Dal 2021, il trend ha subito una ulteriore accelerazione con le intuibili conseguenze sul Sistema Sanitario Nazionale.


Durante la pandemia ci siamo resi conto di non avere una medicina territoriale efficiente, se non inesistente, e la riduzione dei posti letto nelle strutture ospedaliere pubbliche ha aggravato la situazione di sovraffollamento nelle aree di emergenza, cioè nei Pronto soccorso. Il che ha favorito la messe di accuse superficiali di incapacità e scarsa professionalità riversata sugli infermieri, trascurando alcuni elementi fondamentali, su tutti la loro distribuzione operativa che li espone a stress fisici e emotivi, tralasciando la pessima retribuzione economica. Dunque, non stupiamoci se alla domanda "rifaresti la stessa scelta lavorativa?", il numero di medici e infermieri esitanti nella risposta è in aumento.


Fino a quando le istituzioni non comprenderanno che un professionista va retribuito secondo responsabilità e oneri, sarà improbabile colmare le carenze dei professionisti della salute. Le conseguenze saranno però a carico dei cittadini, che si ritroveranno negli ospedali pubblici e Pronto soccorso personale demotivato, inibito, e sempre più spaventato. Nonostante in questi ultimi mesi la pandemia sia sotto controllo, consiglio di leggere le parole di Nadia Muscialini, psicologa e psicanalista ospedaliera, molto impegnata nella lotta alla violenza di genere, per comprendere lo stato d'animo di infermieri e medici:


“Intanto possiamo dire cosa non sono: i sanitari non sono degli avatar, non sono esseri astratti, ideali e nemmeno qualcosa di scontato; non sono eroi, non sono capri espiatori, non sono untori, non sono icone presenti in programmi televisivi. I guaritori sono persone come tutte le altre. Come tutti hanno avuto paura, si sono ammalati, sono morti, hanno perso amici e familiari; sono mogli, mariti, padri e madri, sorelle, fratelli”.


Ultima considerazione, ma non meno importante: secondo i dati elaborati dall’Anaao Piemonte (sindacato dei medici), nella nostra regione si è registrato nel 2021 un nuovo record di medici che hanno salutato gli ospedali pubblici per migrare verso il privato o la medicina generale. Puntualizza l'Anaao: “Il fenomeno delle dimissioni dagli ospedali, con i medici che decidono di abbandonare il tanto ambito e prestigioso posto a tempo indeterminato in ospedale, è una evidenza recente”.

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