top of page

Il Gatto e la Volpe, da Pinocchio ai giorni nostri

Aggiornamento: 5 apr 2023

di Pietro Terna


Ho visto il film Pinocchio del regista Matteo Garrone: una nuova trasposizione cinematografica del racconto (si dice: per ragazzi) di Carlo Lorenzini, o Carlo Collodi. Recitano attori famosi come Roberto Benigni, Gigi Proietti, Massimo Ceccherini (anche sceneggiatore, con lo stesso Garrone) e altre e altri altrettanto bravi, con il giovanissimo protagonista Federico Ielapi (leggo che si è anche doppiato in inglese). Ne parlo qui – con l’occasione lodandolo massimamente da spettatore che non ha competenze di critica cinematografica – per via del Gatto e della Volpe. In quasi tutti i personaggi Collodi-Garrone-Ceccherini hanno infuso qualche dose di umana partecipazione alle vicende altrui. Non in Mastro Ciliegia, che vuol solo liberarsi del pezzo di legno che mostra comportamenti inquietanti e che – nel film – non manifesta alcun interesse quando Geppetto gli mostra il figliolo che ne ha ricavato. Non in Mastro Ciliegia, dicevo, e soprattutto non nel Gatto e nella Volpe.

I due mascalzoni non sono capaci di alcuna empatia, vero emblema della finanza speculativa nel mondo moderno. Dacci i tuoi zecchini d’oro, dicono a Pinocchio, e da uno ne avrai mille, da due il doppio e così via. Uno zecchino se ne va per sfamarli all’osteria (spese di intermediazione, diremmo) e gli altri per l’incauta scelta di sotterrarli nel campo indicato da loro (investimento a rischio, diremmo, come anticipato nel prospetto informativo, in caratteri piccoli). Una truffa, preceduta da un tentativo di omicidio. La finanza però ha i guanti bianchi e, tranne casi assolutamente rari, non attenta direttamente alla vita delle persone. Mette però in moto meccanismi che colpiscono persone deboli, oppure generano scontri galattici tra grandi poteri, producendo lampi e scintille che danneggiano soprattutto i più deboli.

Con Dunia Astrologo e Andrea Surbone, abbiamo pubblicato recentemente Il lavoro e il valore all’epoca dei robot. Intelligenza artificiale e non-occupazione[1]; ciascun autore affronta i cambiamenti in corso, ineluttabili per certi versi, temibile per altri, desiderabili per altri ancora, con tre diverse sottrazioni: via il lavoro, via i prezzi, via il denaro. A togliere dalla scena il denaro è Andrea Surbone, suscitando discussioni non lievi con gli altri due autori e soprattutto con una parte del pubblico delle presentazioni. Dopo una serata in cui il colpevole non era presente e gli attacchi alla eliminazione del denaro erano stati piuttosto vivaci, tanto che mi ero trovato a difendere l’assente di cui non condivido la proposta, comparirono, esattamente il mattino dopo, due articoli su Il Sole 24 che invito a leggere[2].

Ma già i titoli sono eloquenti: “Così il salvagente d’emergenza di Powell ha impedito lo shock sul mercato dei mutui” e “La banca di Tokyo che ha costretto la Fed al diluvio di liquidità”. Powell è il presidente della Fed qui citata: la Federal Reserve degli Stati Uniti è l’equivalete, per loro, delle nostre banche centrali; nominato da Trump, spesso si è trovato in disaccordo con lui. Ho scritto ai critici della sera prima una semplice considerazione: “Che la sovrastruttura della moneta, con la super sovrastruttura della finanza, siano una abnorme creazione di menti pericolose, è confermatissimo da due letture che segnalo da 24Ore. Non badate al gergo tecnico, lo capisco poco io e forse non lo dominano benissimo gli estensori degli articoli.


La reazione che la lettura provoca in me è che non è accettabile che il mondo rischi di incorrere in nuovi disastri per effetto di una costruzione artificiale che non risponde ai bisogni reali dei suoi abitanti. Costruzione che ha solo lo scopo di arricchire qualcuno dei suoi artefici”. Allora forse non esagera Surbone a ragionare dell’abolizione del denaro, come lo chiama lui. La finanza speculativa – che ha innescato la gravissima crisi iniziata nel 2008, sulla cui propagazione non si è ancora indagato e scritto abbastanza – non ha imparato la lezione e danza sul ponte del Titanic di una economia mondiale che sta cambiando natura e molto profondamente. Il maggiore cambiamento è ben descritto nel numero natalizio dell’Economist, nell’articolo Can technology plan economies and destroy democracy?[3] che ben descrive un mondo in cui “Amazon and Walmart display levels of planning that Gosplan, the Soviet Union’s central planning agency, could never have hoped to match”[4]; dal controllo dell’economia a quello della democrazia il passo non è straordinariamente lungo e l’articolo molto opportunamente si rifà a Hayek.


Il mondo della finanza e in particolare di quella speculativa, sembra ignorare che il Titanic dell’economia di mercato sta affondando. L’effetto complessivo può essere sconvolgente, con colpi e contraccolpi che non sappiamo immaginare. Una piccola speranza di limitare i danni, al di là del sogno di Surbone: forse la nascita di vere monete totalmente digitali basate su sistemi di crittografia, dunque costituite puramente da sequenze di bit, si sta delineando: presto, parrebbe, da parte della Cina5 e, in prospettiva non tanto lontana, dell’Europa e non solo, tanto che Benoît Cœuré, da poco uscito uscito dal consiglio della BCE, guiderà una nuova unità della Banca dei regolamenti internazionali6 focalizzata sulle tecnologia finanziarie come le valute digitali7.

Molto probabilmente, avendo sullo sfondo i Diritti speciali di prelievo8 quale elemento di stabilità. Un modello di moneta elettronica ben diverso da quello pensato dai simpatici nerd, un po’ anarchici e economicamente molto sprovveduti, che proposero nel 2008 il bitcoin, per essere poi travolti da migliaia di imitazioni, accompagnate da truffe e da eccezionali ventate speculative. Una moneta puramente digitale (numerica, con crittografia) non richiede il deposito in una banca per la custodia e per l’alimentazione dei circuiti delle indispensabili carte di credito o di debito (i bancomat); innova quindi completamente il ruolo delle banche e di gran parte degli strumenti finanziari che conosciamo. I prestiti per lo sviluppo e la produzione saranno sempre alimentati dalle banche centrali, con un ruolo residuo delle banche tradizionali nell’erogazione, se persisterà. Impossibile, futuristico, insensato, ecc. ecc.?

Non più dello scherzo (se è uno scherzo) che ci popone l’Economist nel suo sito The World In, questa volta: 20209. Lì troviamo la conversazione con una Intelligenza Artificiale, cui l’intervistatore chiede di esprimersi sul prossimo anno. Le risposte, che la rivista ci dice di avere riportato senza correzioni, si trovano a: https://worldin.economist.com/article/17521/edition2020artificial-intelligence-predicts-future. Una domanda con risposta, per tutte: Q: How worried do you think we humans should be that machines will take our jobs? A: It depends what role machine intelligence will play. Machine intelligence in some cases will be useful for solving problems, such as translation. But in other cases, such as in finance or medicine, it will replace people . Note [1] http://www.meltemieditore.it/catalogo/lavoro-valore-allepoca-dei-robot/

[2] Il Sole 24 Ore del 26 novembre 2019.

[4] Amazon e Walmart mostrano livelli di pianificazione che Gosplan, l’agenzia di pianificazione centrale dell’Unione Sovietica, non avrebbe mai potuto sperare di eguagliare. (NB, questa traduzione è opera di un computer).


D: Quanto pensi che dovremmo essere [preoccupati] noi umani che le macchine si occuperanno del nostro lavoro? A: Dipende dal ruolo svolto dall’intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale in alcuni casi sarà utile per risolvere problemi, come la traduzione. Ma in altri casi, come nella finanza o in medicina, sostituirà le persone (Di nuovo: traduzione automatica, con un inserimento manuale tra parentesi quadrate).


2 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page