Gaza e Israele: intolleranza e negazione della verità
- Dunia Astrologo
- 15 set
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Aggiornamento: 16 set
di Dunia Astrologo

Tra tutti i fenomeni nuovi emersi nel primo lustro di questo secolo XXI quello che mi fa più impressione e segna, secondo me, una delle più evidenti e gravi cesure con la seconda metà del ‘900, è il risorgere dell’intolleranza, della mancanza di rispetto per le idee altrui, di una polarizzazione estrema del discorso politico attorno a ogni argomento che contraddistingue gli accadimenti che riguardano la società[1]. L’esplosione di nuovi strumenti di comunicazione che all’inizio di questo millennio salutavamo come la realizzazione di quella cultura della libertà nata nei campus americani degli anni ’70 del secolo scorso e che si era concretizzata con lo sviluppo di tecnologie digitali capaci di unire tutto il mondo in un’unica grande agorà democratica, ha come cambiato traiettoria. Quegli stessi strumenti sono diventati la dannazione del nostro presente e probabilmente del nostro futuro, nella misura in cui, come per l’apertura del vaso di Pandora, hanno liberato le pulsioni peggiori, le inquietudini più profonde, aperto praterie alla dis-informazione, alla menzogna, all’aggressività; e lungi dall’aver marcato il nascere della società della conoscenza sembra abbiano dato sempre più spazio e libera circolazione all’ignoranza.
Esagero? Forse, ma quel che vedo e sento in questi giorni mi induce a pensare in questo modo. Che dire infatti della polarizzazione tra chi sostiene le ragioni degli ukraini in guerra per difendere il proprio territorio e chi ritiene che gli invasori russi abbiano agito a buon diritto contro la possibile infiltrazione a Est della Nato? Quelle di chi addita, in Italia (!) a colpa della sinistra (quale, di grazia?) l’aver fomentato l’odio da cui è scaturito l’assassinio del povero Charlie Kirk, dimenticandosi delle ondate di insulti e provocazioni che la destra trumpiana ha scaricato sulla sinistra democratica intestandosi molti altri omicidi politici[2]; e quella di chi amenamente va giustificando l’assassinio dell’influencer trumpiano perché a sua volta era un po’ troppo di destra per essere sopportabile.
E poi quella di chi ritiene che il governo Netanyahu e il suo esercito stiano massacrando civili palestinesi a Gaza come legittima risposta all’orribile pogrom del 7 ottobre di due anni fa perpetrato da Hamas, delle cui colpe gli innocenti pagano le conseguenze; e chi ritiene che lo Stato di Israele stia commettendo senza alcuna giustificazione crimini contro l’umanità, contro cui la comunità internazionale dovrebbe insorgere attivamente, punendo i criminali. Ma queste sarebbero ancora posizioni politicamente accettabili. Purtroppo però in dibattiti pubblici, ma soprattutto in quell’universo parallelo virtuale, ma non virtuoso dei social media, questa discussione si trasforma in incitazioni a spazzare via Israele dalla Palestina, o spazzare via i palestinesi da Gaza e dai territori occupati da Israele.
E anche questo scontro assurdo di opinioni estreme non si limita a ciò: vi si infiltrano altri veleni e altri inconciliabili poli di ragionamenti, da cui spesso ogni traccia di razionalità o di onestà intellettuale e certamente di informazione, è cancellata. Tornano i fantasmi dell’antisemitismo vero e di quello immaginato, del sionismo storico di matrice socialista e di quello di matrice nazionalista e coloniale, in un rimbalzo continuo di sterili accuse e reciproche sordità. Inevitabilmente, in questa temperie, dalle parole si passa ai fatti: ma anche qui, dai fatti veri ai fatti presunti. Parliamo del fenomeno del crescente (rispetto al recente passato) manifestarsi di sentimenti antisemiti, denunciati da molti.
Si è parlato recentemente di una aggressione subita da due turisti ebrei a Venezia, dell’interruzione di un concerto a Firenze da parte di cittadini israeliani dopo la lettura di un messaggio dell’orchestra a favore del popolo palestinese, dell’aggressione (subita o inflitta, ancora non è chiaro) di un turista francese in un autogrill, dell’allontanamento di turisti israeliani da un ristorante a Napoli e poi di insulti, minacce e via così in vari luoghi d’Italia. I fatti in sé sono disgustosi e preoccupanti, al di là che ad averli provocati siano stati italiani, non italiani, israeliani o ebrei diasporici.
Quello che mi preoccupa sono le prese di posizione pro o contro che giornali e altri media emettono senza mai approfondire, senza circostanziare i fatti, creando un clima di crescente paura, odio, convinzione che vi sia davvero un’”ondata di antisemitismo” (se poi ogni tanto si coniassero espressioni nuove…) senza guardare in faccia cosa sta veramente accadendo, e con ciò, forse involontariamente, innescando la tendenza all’imitazione da parte dei poveri di spirito che non sanno come altrimenti sfogare le proprie frustrazioni.

I fatti registrati in Italia nei quasi due anni ormai dal 7 ottobre 2023 sono la punta dell’iceberg emergente di uno strisciante e immortale antisemitismo, diffuso da sempre (o quasi) nel mondo e se ora appaiono così scandalosi è perché sono l’effetto, prevedibile ma non meno minaccioso, dell’indignazione contro lo Stato di Israele che alcuni manifestano senza rendersi conto o non volendo ammettere che non tutti gli israeliani sono complici del governo Netanyahu (come non tutti gli italiani sono meloniani, tanto per fare un esempio, che a qualcuno non farà piacere) e ancor più che non tutti gli ebrei del mondo sono corrivi con il governo di Israele. E anzi, se i vari odiatori seriali da tastiera leggessero mai un libro, un giornale o si guardassero in giro, scoprirebbero che in tutto il mondo ebrei della diaspora di qualsiasi collocazione sociale, laici e religiosi, sconosciuti o rinomati, prendono posizioni durissime contro quello che da (quasi) tutti è riconosciuto come il genocidio dei palestinesi di Gaza e l’occupazione illegittima dei territori di Cisgiordania. Per chi abita a Torino non sarà difficile vedere anche in questi giorni in giro per i principali corsi cittadini cartelli del tipo pubblicati a lato.
Ma le voci ebraiche indipendenti che si levano contro l’eccidio perpetrato da Israele sarebbero tanto più forti se i rappresentanti ufficiali delle comunità ebraiche italiane si unissero a loro, invece di prendere posizioni tiepide[3], al limite dell’indifferenza, quando non apertamente allineate alle posizioni del governo israeliano per ciò che si compie in Palestina, con il pieno supporto degli USA e dell’impotenza europea.
Note
[1] "La discordia è la gran peste del genere umano e la tolleranza il solo suo rimedio", Voltaire, Tolleranza, in Dizionario Filosofico, Arnoldo Mondadori Editore, 1977, p. 625
[2] Melissa Hortman e suo marito, sono i primi che mi vengono in mente. Ma gli omicidi e gli attentati politici negli USA sono innumerevoli, raccontati molto bene qui: https://www.ilpost.it/2025/09/11/charlie-kirk-violenza-politica-stati-uniti/
[3] In proposito, le parole del presidente della Comunità Ebraica torinese, Dario Disegni, in una intervista a La Stampa?
“Cosa prova vedendo le terribili immagini del massacro in atto a Gaza?«La catastrofe umanitaria che coinvolge migliaia di innocenti nella Striscia non può lasciare indifferente nessuno. Provo angoscia per una popolazione ostaggio di Hamas, che spesso si è servita di milioni di aiuti internazionali per rifornirsi di armi e portare avanti un delirante progetto di annientamento di Israele invece che aiutare i civili. Allo stesso sono afflitto per i 50 ostaggi israeliani, non più di venti ancora in vita, detenuti dopo quasi due anni in condizioni disumane da Hamas».
(il corsivo è mio, come mia è la perplessità per l’assenza di una parola, una sola, di condanna del governo di Netanyahu)













































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