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Galli della Loggia, professione contabile... all'obitorio di Gaza

  • Vice
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Se oltre 60 mila morti e centinaia di migliaia di feriti, dispersi, vi sembrano pochi...


di Vice

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Controcorrente e provocatorio, come d'abitudine, ma oggi anche con i tasti schiacciati sull'irritante e fastidioso, forse per l'autocelebrazione del suo pensiero che si è spinta decisamente oltre l'umana sopportazione, è l'Ernesto Galli della Loggia nell'editoriale sul Corriere della Sera dal titolo Genocidio a Gaza, le parole sono pietre.

Scrive, infatti, l'ottantatreenne editorialista di via Solferino: "Le parole sono pietre, non dovrebbe essere consentito adoperare la prima che viene come un fazzoletto di carta usa e getta. Ce n’erano parecchie, anche le più crude, che potevano dare un’idea di quanto accadeva a Gaza: strage, massacro, eccidio. E invece no: genocidio".

Da genocidio parte così a cascata una sequela di pensieri rivolta a mettere la parola-pietra sulla graticola fino a renderla incandescente, arroventata e quindi impropria o fuori luogo nell'uso corrente. Precisa poi Galli della Loggia che quella parola, che noi oggi viviamo come divisiva, accettata o respinta, e ripudiata, contrastata, negata, non può essere declinata come tale perché gli israeliani, se parametrati alle capacità dei nazisti, alla soluzione finale pianificata nella Conferenza di Wannsee e realizzata dal braccio operativo di Eichmann,  dalla reazione-vendetta seguita al 7 ottobre 2023, all'orribile massacro compiuto da Hamas si sono rivelati inadatti al compito.

Sì, proprio così, scrive Galli della Loggia, con un ragionamento che corre in punta di pallottoliere e contabilizza le vittime palestinesi, numericamente insufficienti a garantire una volontà genocida, proprio "per la terrificante prova di incapacità, d’inadeguatezza, stanno dando questi israeliani di cui da sempre tutti invece eravamo pronti ad esaltare la preparazione organizzativa e le conoscenze tecniche. Infatti quasi un secolo fa, quando bisognava ancora fare i progressi che si sono fatti, in tre-quattro anni i loro predecessori nel settore genocidi di persone ne fecero fuori almeno quattro cinque milioni: e loro invece? Loro, gli israeliani, nella metà del tempo sono riusciti a eliminare poco più di sessantamila persone: una vera debacle! Una prova d’inefficienza, d’inettitudine, d’incompetenza che non si può che definire sorprendente. Com’è possibile?".

Noi non lo sappiamo. E non abbiamo le competenze contabili di ragionieristica esperienza scolastica o professionale che all'opposto sembra disporre Ernesto Galli della Loggia per dare una risposta esaustiva. E, ultimo, ma non meno importante, viviamo come aberrante, per quanto al servizio della libera informazione, il calcolo proporzionale dei morti palestinesi a Gaza con quelli della Shoah.

Olocausto su cui Galli della Loggia fa poi sponda per costruire la sua seconda osservazione, di genere "tremendamente serio", che sfocia in una pluriarticolata domanda: "Chi oggi grida al genocidio come se nulla fosse, chi accetta senza fiatare che qualcuno accanto a lui lo faccia, si rende conto che sta contribuendo a ridisegnare la storia? In pratica cioè a togliere qualunque eccezionalità ai drammi epocali del Novecento, a banalizzare come nessuno aveva provato a fare finora Auschwitz e l’Holodomor? A «normalizzare» quei carnefici e i loro delitti, a compiere un’operazione di revisionismo storico che non ha eguali?".

A questo punto, che cosa si dovrebbe augurare l'umanità per non scadere in quel pericoloso e disturbante revisionismo? Mostrare pazienza e aspettare che l'esercito di Tel Aviv migliori la sua efficienza a Gaza, annienti in toto i gazawi, così da collocare correttamente nella Storia una Shoah palestinese?

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