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Firenze, la scuola in piazza contro l'indifferenza

Aggiornamento: 5 mar 2023

di Antonio Balestra

La manifestazione antifascista di Firenze è stata senza dubbio un successo e questo al di là della conta dei numeri che come sempre in queste occasioni diventa oggetto del gioco delle parti. Ieri, sabato 4 marzo, è scesa in piazza la scuola, ma possiamo dire che sia scesa in piazza soprattutto la società civile a difesa della scuola. Dopo l’attacco squadrista agli studenti del liceo “Michelangelo”, prima il colpevole silenzio del governo che non ha condannato l’aggressione e successivamente le minacce rivolte dal ministro Giuseppe Valditara alla Preside del Liceo “Leonardo da Vinci” hanno generato una reazione che va oltre la difesa corporativa di un’istituzione importante come la scuola. In gioco c’è ben altro e le persone scese a manifestare a Firenze lo hanno voluto ricordare con forza.

In quelle strade sembravano riecheggiare con forza le parole che Piero Calamandrei pronunciò l’11 febbraio 1950 a Roma in difesa della scuola, quando definendola un Organo Costituzionale affermò che “Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue“. Ebbene le strade di Firenze ieri sono diventate arterie in cui scorreva una forza vitale di cui il governo non potrà non tenere conto.



L'antifascismo principio fondante del Paese

La linea scelta dalla maggioranza sembra improntata ad ignorare la portata della manifestazione, mentre i giornali vicini al governo spostano l’attenzione su alcuni slogan e alcuni striscioni presenti nel corteo, ignorando o fingendo di ignorare la valenza politica della giornata. Una strategia della cortina fumogena che a quanto pare funziona (molto bene) con il loro elettorato. Ma che, come insegna la storia, tende ad andare in debito di ossigeno. Con il governo Meloni si tratta di comprendere quando e, soprattutto, con quali modalità.

La manifestazione di ieri è stata improntata alla negazione dell’”indifferenza”, con il richiamo alla celebre frase di Gramsci, riportata nella lettera della Preside Savino che era presente con un cartello che recitava in maniera esplicita “io non sono indifferente”.

Al suo fianco c’erano colleghi, docenti e studenti provenienti da tutta Italia. Oltre ai sindacati confederali, organizzatori della manifestazione, erano presenti anche i segretari dei maggiori partiti di opposizione di sinistra e le presenze di Giuseppe Conte per il Movimento Cinque stelle e Elly Schlein per il Pd hanno lasciato presagire la nascita di un solido e concreto asse di opposizione fino ad oggi diviso. Ridurre però la giornata di ieri esclusivamente ad una giornata antifascista non solo è riduttivo, ma sminuisce il valore stesso dell’antifascismo. O meglio è stata senza dubbio una giornata antifascista al netto degli slogan e dei luoghi comuni che la destra enfatizza per ridurre il tutto ad un nostalgico rituale fuori dal presente.

Basta ricordare che la stessa Meloni nel 2020 in una intervista al quotidiano spagnolo El Pais aveva affermato “Non abbiamo alcun rapporto con il fascismo, che è finito 70 anni fa, e io sono nata nel 1977”. Forse dovrebbe prendere atto che i picchiatori di Firenze sono più giovani di lei, si riconoscono nel modo di intendere la politica che fu del fascismo e dei suo ispiratori e, elemento non marginale su cui riflettere, sono vicini al suo partito.


Valditara e Piantedosi, ministri contestati

E’ stata una giornata antifascista al di là degli stereotipi perché i temi che sono stati messi in campo hanno una rilevanza politica profonda e significativa e sono fortemente legati ai valori della nostra Costituzione che storicamente nasce dall’antifascismo. I temi della libertà di espressione, della pace, dell’accoglienza, della solidarietà, della scuola libera e aperta a tutti, dell’’Unità del Paese sono i principi fondanti della nostra Carta Costituente.

Non è un caso che, oltre al ministro Valditara, oggetto delle maggiori contestazioni sia stato proprio il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, colpevole della criminalizzazione del dolore dopo la strage di Cutro. Non dimentichiamo le sue parole insensibili e inopportune: «La disperazione non giustifica viaggi che mettono in pericolo i figli». Ebbene molti di quei docenti e di quegli studenti presenti ieri in piazza trovano nei banchi delle loro classi alcuni di quei “figli” i cui genitori hanno rischiato la vita per dare loro un futuro migliore fuggendo da guerre, povertà e dittature. Questo rappresenta la distanza fra il paese reale ed un governo che si muove su stereotipi e pregiudizi. Ma la scuola che ieri è scesa in piazza è quella che accoglie quasi 900.000 studenti stranieri in un percorso altamente inclusivo coerente con il mandato che la Costituzione le ha dato, piaccia o non piaccia al ministro Piantedosi.

La manifestazione ha espresso con forza la preoccupazione per l’Autonomia differenziata - argomento su cui si deve rilevare l'impegno de La Porta di Vetro per spiegare i rischi incombenti per l'unità del Paese - a due giorni dal parere favorevole della Conferenza Stato Regione con il voto contrario delle sole Regioni guidate dalla sinistra: Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia. L’impatto che l’autonomia differenziata avrà sulla scuola sarà notevole e sarà difficile, nonostante l’impegno espresso ieri dalla stessa Schlein, ostacolare con successo l’iter che con molta probabilità è destinato a concludersi entro la fine dell’anno.

Fra i tanti merita di essere ricordato l’intervento del Rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari ed il richiamo all’impegno attraverso una frase di Calamandrei che mai come in questo momento diventa un monito assolutamente attuale: "mentre i fascisti picchiavano una massa inerte lì lasciava fare. Noi non li vogliamo lasciare fare".

Non è più tempo per rimanere indifferenti.


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