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Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi

Ferimento Trump: tra perdita di consapevolezza e violenza esplosiva


di Emanuele Davide Ruffino e Germana  Zollesi


Difficile capire le ragioni che portano singoli individui a compiere atti di violenza, ma le conseguenze delle loro gesta cambiano spesso la storia: da Lincoln ai  Kennedy, a Reagan e oggi a Trump, in America e spostandosi in Europa, dall’attentato di Sarajevo a re Umberto I e Papa Giovanni Paolo II. Nella società civile dominano le condanne di facciata, ma gli attentatori hanno i loro fans: in Italia si voleva dedicare un monumento a Gaetano Bresci autore del regicidio il 29 luglio 1900, a Monza, .

Persone che pensano (e riescono) a cambiare la storia con gesti di violenza ci sono sempre stati, il pensiero corre ovviamente a Giulio Cesare, ma il clima di tensione che arma i singoli o i gruppi sembra crescere progressivamente: non più movimenti di massa, ma persone che, senza rappresentanza, ritengono di poter decidere per gli altri, anche se inconsapevolmente.

Con la diffusione dei social, sembra di vivere nel mito della caverna di platonica memoria, dove la realtà è quella che si vuole vedere (o che ci fanno vedere) e dove le persone perdono consapevolezza delle loro azioni: in questo contesto gli attentati sono solo la punta di un iceberg.

 

Un crescendo di odio

Nonostante i progressi della civiltà, sono in molti a ritenere che si possa cambiare la storia con atti di forza: dall’attacco a Capitol Hill, agli aerei militari nord coreani e cinesi che continuano a violare lo spazio aereo della Corea del Sud e di Taiwan, alle sempre più drammatiche guerre in corso, Ucraina e Gaza. C’è da chiedersi se le persone che scatenano questi eventi hanno minimamente consapevolezza di quello che fanno e lo stesso vale per chi pensa di strumentalizzare ai loro fini politici questi fatti.

A leggere le prime osservazioni, si ha forte l’impressione di meccanismi mediatici per sfruttare, da più parti, l’attentato a Trump: ci sarà chi dirà che l'ex presidente ha scatenato, lui stesso, forme di odio, a chi penserà che si tratta di una manovra propagandistica programmata a tavolino, oltre agli immancabili negazionisti di tutto.

Risalendo alle origini del comportamento umano. gli etologi concordano nel riconoscere che la principale differenza tra l’uomo e l’animale consista nel passaggio da uno stato d’inconsapevolezza tipica degli animali, allo stato di consapevolezza che ha comportato la formazione delle nostre società. Avere coscienza di cosa si fa è, quindi, una caratteristica irrinunciabile della ragione, ma oggi sono infiniti gli episodi che testimoniano una scarsa consapevolezza sia a livello individuale che collettivo, rendendo sempre più complesse e violente le relazioni tra simili. Rimane da chiarire perché un mondo che produce più conoscenze, più informazioni e più benessere (inteso come quantità e qualità di beni da consumare) non riesce a utilizzare in modo consapevole queste maggiori disponibilità, ma compie atti di autolesionismo.

 

Tra uomini e animali

Se è innegabile che anche gli animali sono in grado di utilizzare degli oggetti a mo’ di strumenti, diversa ne è la consapevolezza, intesa quale conoscenza che qualche cosa esiste e della possibilità di comprenderne l’utilizzo (per ora, neanche l’intelligenza artificiale ha coscienza di sé). Il comportamento degli animali relativo all'uso degli strumenti è guidato principalmente dall'istinto e dall'apprendimento tramandato, piuttosto che da una consapevolezza del concetto di strumento e delle sue implicazioni, caratteristica fondamentale per distinguere gli esseri umani dagli animali. Per utilizzare uno strumento occorre disporre di un cervello maggiormente sviluppato, con circonvoluzioni e collegamenti tra neuroni che permettono di elaborare raccordi complessi, ma per svilupparlo ha sicuramente contribuito l’abitudine ad utilizzare oggetti (una riproposizione del dilemma se è nato prima l’uomo o la gallina). Ciò che risulta unico negli esseri umani è l’attitudine ad utilizzare capacità simboliche e concetti astratti per rappresentare il mondo cui appartengono, come dimostrano l'arte, la scrittura e la musica e altre manifestazioni che possono superare gli impulsi violenti.

Funzioni cognitive sono sicuramente presenti anche tra gli animali che dispongono di un cervello, ma gli esseri umani sono unici nell’articolare e nel combinare esperienza, intelligenza, linguaggio comunicativo, consapevolezza e capacità simboliche. Anatomicamente gli esseri umani risultano essere più evoluti in termini di capacità cognitive generali, come l’attitudine al ragionamento astratto, la pianificazione a lungo termine, la comunicazione e in primis, la disposizione al problem solving: peccato che questa superiorità non si traduca sempre in atteggiamenti positivi.

 

Quale evoluzione per l’essere umano?

C’è da chiedersi se il nostro mondo permette ancora ai singoli di ragionare e di prendere coscienza di sé, o se il bombardamento di informazioni, di emozioni e di stimoli, rendano poco consapevole il comportamento dei singoli soggetti (è di pochi giorni fa, la reazione di chi, condannato all’ergastolo per avere ucciso lo zio, rintracciato dai Carabinieri, nascosto sotto il letto, chiede “ma ora mi dovete arrestare?”).

In Italia sono più di 3.000 i morti per gli incidenti stradali (solo negli anni della pandemia, si è registrato un lieve decremento), le fake news aumentano a dismisura (ma quello che più preoccupa è la disponibilità di un numero sempre maggiore di persone a credere in cose assolutamente inverosimili) e, più in generale, i comportamenti irresponsabili e autolesionisti aumentano in modo impressionante (l’OMS stima più di 700.000 suicidi al mondo ogni anno, circa 60.000 in Europa, 4.000 in Italia) con una prevalenza tra gli uomini. A queste forme di violenza si devono aggiungere comportamenti irrazionali che sempre più colpiscono le persone: si pensi allo shopping compulsivo, caratterizzato da un’eccessiva e incontrollata tendenza all’acquisto e alla spesa di denaro che può produrre notevoli disagi.

Oggi si tende a predisporre comportamenti come fossero strategie di regolazione di una escalation di emozioni negative che possono dipendere da problemi andatisi a sommare nel tempo: degli accumulatori di tensione che poi esplodono in forme incontrollate. Alcune persone sono più fragili, già a un livello neurochimico, e ricavano piacere nel compiere un atto che li illude di uscire dall’urgenza del presente, assumendo un atteggiamento distaccato e decentrato rispetto a emozioni e pensieri che possono derivare dalle loro azioni.

La cognizione che la società non può fornire immediatamente ciò che si vuole, induce a cercare soluzioni violente: non possiamo di certo sapere cosa è passato nella testa di Thomas Matthew Crooks, l’attentatore di Trump, ma è compito delle persone responsabili e consapevoli avviare percorsi che obbligano a scervellarsi per migliorare le forme di convivenza civile.

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