Ex Ilva: il governo ha avviato le procedure per il "divorzio" da ArcelorMittal
Aggiornamento: 12 gen
Da oggi, dopo l'incontro di ieri sera a Roma con i sindacati di categoria Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, e fino a mercoledì, il Governo lavorerà per chiudere l'esperienza con il gruppo indiano ArcelorMittal nella gestione delle acciaierie Ex Ilva. L'auspicio dell'esecutivo è quello ricercare una soluzione consensuale per evitare il commissariamento del Gruppo industriale. Già ieri mattina, il ministro all'industria Adolfo Urso in Senato aveva parlato di "svolta" per dare un futuro a un comporto strategico per il nostro Paese e garantire l'occupazione a assicurare a 20 mila lavoratori, in particolare per il polo industriale di Taranto. Ma il cammino dovrà essere rapido e soprattutto evitare le "trappole" legali che comunque si profilano all'orizzonte. In una nota, Rocco Palombella, segretario generale Uilm-Uil, ha ricordato che lavoratori e intere comunità non possono rimanere ulteriormente appesi a un filo, sottolineando che la pause di un governo che "ha avuto oltre un anno per fare tutti gli approfondimenti del caso, di andare a vedere cosa c’era negli accordi del 2020, ancora segreti e mai condivisi dai sindacati".
Per Palombella, si è già perduto troppo tempo con una politica al rallentatore che ha pregiudicato soltanto l'attività degli stabilimenti, oggi al collasso, che ha provocato la cassa integrazione per migliaia di lavoratori e ha messo in ginocchio il sistema degli appalti.
L'unica cosa certa, secondo il numero uno della Uilm-UIl, è l'impossibilità di fare retromarcia: "da giovedì vogliamo un'Ilva libera da ArcelorMittal, perché siamo di fronte a un socio privato che non ha rispettato gli impegni previsti dagli accordi e che non vuole più investire sul futuro degli stabilimenti. Il Governo ci ha assicurato che ci sarà la salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori, anche quelli dell'indotto”.
Se si ha davvero a cuore il bene dei lavoratori e del Paese, ha concluso, si è giunti al momento delle scelte radicali per uscire da questa situazione drammatica. "Ora è il momento di far vedere che uno Stato come l’Italia non può essere ostaggio di una multinazionale". Ma qui sorge spontanea la domanda se il governo Meloni ha la stazza e l'autorevolezza per governare un processo di "nazionalizzazione" della produzione di acciaio, che non è rinviabile, dopo avere mostrato evidenti limiti nella costruzione di una politica industriale per il Paese e, nello specifico, esempio recente, a contrastare la desertificazione produttiva di auto che il Gruppo Stellantis ha avviato per lo stabilimento torinese di Mirafiori.
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