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"Cambiare passo per evitare un futuro oscuro", parola d'ordine dei metalmeccanici italiani

Aggiornamento: 18 ott 2024

In piazza insieme, uniti, dopo 40 anni: è il pensiero dominante che ha attraversato sindacalisti e lavoratori metalmeccanici, oggi a Roma, in piazza del Popolo, per uno sciopero nazionale. Ma ci voleva, per dare una scossa e superare i particolarismi, che dalla prima rottura tra Cgil, Cisl e Uil (la notte di San Valentino, sulla riforma della scala mobile) ha indebolito anche sul piano sociale le centrali sindacali , un comparto a rischio. Che è sulla bocca di tutti, per come si sono messe le cose. Cioè male, con la crisi dell'auto, come si diceva un tempo, in cui la categoria contava ed era considerata la punta di diamante del movimento sindacale, mentre ora, è diventata "automotive".


Lo sciopero nazionale con manifestazione in piazza del Popolo a Roma

Dal palco, davanti a migliaia di persone arrivate da tutta Italia - da Torino sono partiti, oltre ai consigli di fabbrica e d'azienda, anche la vicesindaca Michela Favaro, in rappresentanza dell'amministrazione comunale torinese e il consigliere comunale e presidente della Commissione Lavoro, Pierino Crema - i leader sindacali, tra i quali anche gli esponenti del sindacato europeo Judith Kirton Darling, Segretaria Generale IndustriAll Europe (a sinistra, nella foto in basso, al suo fianco Christine Olivier, Segretaria Generale Aggiunta IndustriAll Global) e di quello americano Brandon Campbell, Direttore della Regione 4 della UAW (United Automobile Workers), hanno paventato il rischio concreto del futuro industriale di tutto il nostro Paese con la chiusura di decine di aziende, in una fase di confusa e ancora incerta transizione, che sarebbe un grave errore declinare alla sola questione ecologica.


Richiamare Stellantis alle proprie responsabilità

In soldoni, è necessario cambiare passo. A cominciare dal rapporto con il gruppo Stellantis, come ha ricordato il numero uno della Uilm-Uil Rocco Palombella, la cui produzione nel nostro Paese è calata del 70 per cento negli ultimi anni. Le conseguenze sono nei numeri, drammatici: “14mila posti di lavoro perduti in tre anni, chiusura e vendita di uffici e centri di ricerca, record delle ore di cassa integrazione in tutti gli stabilimenti. Solo a Mirafiori si sono registrate, ha sottolineato il leader della Uilm, "800mila ore di cassa da inizio anno, un numero inimmaginabile. Non dimentichiamo tutti i lavoratori degli appalti, dell’indotto, della logistica, della componentistica, dei servizi, dei trasporti, dei chimici e del commercio”. 

In ultimo, ma non in ordine di importanza, emerge il comportamento del governo Meloni, deficitario in tutti i suoi risvolti, concordano i sindacati, sia nel non avere mai voluto affrontare seriamente il tema della transizione nel settore dell’auto, sia nell'avere accettato acriticamente l'eliminazione del motore endotermico, una rivoluzione epocale, entro il 2035 imposta dall'Unione Europea. Eppure, è stato detto negli interventi, il ministro del Made in Italy oltre un anno fa aveva annunciato l’accordo con Stellantis. Che fine ha fatto? E dove sono i produttori di auto che dovevano venire in Italia ed eliminare il monopolio di Stellantis? E che fine hanno fatto i 900 milioni di incentivi e i 300 milioni previsti per la Gigafactory di Termoli?. Domande su cui il Governo continua a galleggiare, anziché diventare protagonista, promotore di un tavolo comune di confronto a Palazzo Chigi, che richiami alle proprie responsabilità Stellantis e l'azionista italiano, l'erede della famiglia Agnelli.

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