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"Alberto Trentini va liberato dalla galera venezuelana!"

Aggiornamento: 20 giu

di Aida dell'Oglio


Non so  nulla di questo ragazzo di 45 anni, se non ciò che i mass media (non molti, per la verità) riportano sulla sua triste vicenda. Riesco solo a pensare, vivendolo con un brivido sulla mia pelle, che per il cittadino medio e onestamente medio, è motivo di angoscia anche il solo pensiero di trascorrere ventiquattro ore in stato di detenzione, privato dei diritti fondamentali dell'essere umano: la libertà, innanzitutto, di agire, di esprimere il proprio pensiero e anche il proprio dissenso, laddove la coscienza civile e politica lo richiede e lo impone.

L'unica cosa certa è che Alberto Trentini è prigioniero nelle carceri venezuelane da oltre sette mesi, che né lui, né la sua famiglia, i suoi amici, le autorità locali del Veneto, da cui Alberto proviene, sono a conoscenza delle accuse che gli vengono contestate. Le scarse notizie che giungono su di lui, che solo a metà del mese di maggio scorso ha potuto rassicurare i famigliari della sua esistenza in vita con una telefonata dal carcere alla periferia di Caracas, concordano sulla sua condizione in regime di isolamento, come un detenuto pericoloso.

Alberto Trentini, cooperante umanitario. Questa è la definizione che leggo su di lui e che spiega la sua presenza in America Latina, in uno Stato che, sulla carta, si presenta come una Repubblica democratica, governata da un presidente democraticamente eletto, Nicolas Maduro, rappresentante e continuatore del socialismo bolivariano del suo predecessore Chavez, i cui principi erano il socialismo democratico, l'antimperialismo, la teologia della liberazione(!), il socialismo del XXI secolo e il nazionalismo di sinistra. Da semplice cittadina, non esperta dei rocamboleschi giri della politica, rimango doppiamente perplessa.

Credo che in uno stato come quello venezuelano, oppresso da gravi problemi economici e da un'inflazione a più cifre, al punto che alla popolazione sembra mancare persino i generi di prima necessità, la presenza di persone straniere, che mettono in gioco la loro tranquilla sicurezza, il loro benessere, per andare a fornire aiuti umanitari dall'altra parte del mondo a persone che nemmeno conoscono, dovrebbe essere salutata con piacere e forse, anzi togliamo pure il forse, con gratitudine.

Viceversa, può accadere, come accade, che un aiutante umanitario sia arrestato e tenuto prigioniero, senza alcuna contestazione di reato, senza che si intravveda ancora uno spiraglio di luce, nonostante le manifestazioni promosse dai suoi concittadini veneti, nonostante gli appelli della madre  e qualche promessa di intervento di alcuni politici locali; sembra che la soluzione dell'enigma di questo arresto, del luogo di detenzione, della liberazione di Alberto Trentini, sia ancora oscura e lontana.

Allora al comune cittadino si pongono alcune domande. Innanzitutto: ha ancora significato, ai nostri giorni, distinguere tra Stati democraticamente  rappresentati, nei quali i diritti fondamentali dei cittadini sono ritenuti sacri e inderogabili e altre, numerose, forme di governo, che fino a poco tempo fa distinguevamo con nomi diversi? Mi sembra che stiamo assistendo ad una involuzione storica, per cui certe definizioni che ci servivano a distinguere le Democrazie dai governi autoritari, non hanno più senso.

Ci scandalizziamo per vicende come questa di Alberto Trentini, ma soprattutto rimaniamo turbati dalle analogie che possiamo scorgere con vicende molto più vicine a noi, che, appunto, ci sembrano avere tratti comuni, tutti riconducibili ad una complessiva involuzione delle Democrazie occidentali.

Infine, una semplice annotazione sulle modalità di intervento del nostro Governo che deve modulare le sue "pressioni" con il presidente Maduro per l'assenza di relazioni diplomatiche con il Venezuela. Non è incoraggiante, per conoscere il destino di Alberto Trentini, ma spero vivamente che il prolungato silenzio sia direttamente proporzionale alle iniziative "coperte" per riportarlo nella sua Venezia.

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