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Alberto Trentini, 225 giorni nelle carceri venezuelane


Il calcolo delle ore trascorse in carcere da Alberto Trentini, prossimo al suo 225° giorno in un carcere di Caracas - mentre scriviamo, in Venezuela cominciano a filtrare le prime luci dell'alba - non fa che aumentare la rabbia per la sua sorte. E comprendiamo anche quella di sua madre, Armanda Colusso Trentini, che dice di non riuscire a spiegarsi come mai la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non abbia mai pronunciato il suo nome. Comunque, per la cronaca, le ore trascorse da Alberto dietro le sbarre sono pari a 5.400.

Chi sia l'operatore umanitario immotivatamente detenuto a Caracas, lo ha raccontato sua madre, con tutto l'amore che si può provare per un figlio, due settimane fa in una conferenza stampa a Roma. Ascoltiamola: Alberto era (e uso l’imperfetto perché dopo mesi di prigionia non so come sarà ora) era dicevo, un ragazzo normale, sereno e pieno di ideali. Ha iniziato la sua attività in America Latina con il servizio civile nell’isoletta di Muisne, Ecuador. Aver svolto il servizio civile in quell’isoletta è stata un’esperienza che ha segnato positivamente la sua vita e che in qualche modo ha deciso il suo avvenire, perché gli ha fatto conoscere da vicino situazioni di persone in difficoltà, che con l’aiuto delle ONG potevano cambiare la qualità della loro vita. Ha poi lavorato come cooperante in Bosnia Herzegovina, Ecuador, Etiopia, Paraguay, Nepal, Grecia, Perù, Libano e Colombia. Ha frequentato il liceo scientifico, ha preso la laurea in storia, ha frequentato l’Erasmus a Parigi, un periodo scuola lavoro in Australia, ha un diploma in assistenza umanitaria conseguito a Liverpool ed un master in "Acqua e sanificazione ingegneristica" presso l’Università inglese di Leeds. Al ritorno dalle missioni ritrovava la sua famiglia, gli amici e amava immergersi nella natura e leggere. Scorreva così la sua vita, fino a scegliere nell’ottobre del 2024 il Venezuela con un progetto con la ONG Humanity e Inclusion. Dopo appena tre settimane, è stato arrestato ad un posto di blocco a Guasdualito assieme all’autista della ONG che lo aveva accolto all’aeroporto.

Alberto Trentini ora è nelle mani dei carcerieri venezuelani che rispondono al presidente chavista Nicolás Maduro da sette e dodici giorni. E di giorno in giorno e di mese in mese, l’assurdo kafkiano si nutre della mancanza di una specifica accusa che non sia quella risibile di "cospirazione contro lo Stato". Decisamente risibile, se non fossimo costretti a ricordare che la storia è zeppa di regimi che tendono o a fare guerre o a inventarsi complottismi presunti per distrarre l'opinione pubblica da situazioni (socioeconomiche) disastrose.

La mobilitazione per la liberazione di Alberto Trentini si estende e gli appelli si moltiplicano. Alberto Faustini, già direttore del quotidiano Alto Adige, questa settimana a Prima pagina, storica rubrica radiofonica di "Rai RadioTre", ne parla dall'inizio della sua conduzione. E l'ultimo numero de La Voce e il Tempo, il settimanale della diocesi di Torino, diretto da Alberto Riccadonna, si segnala per un articolo sulla drammatica disavventura di Trentini. Peraltro, come abbiamo ricordato nei giorni scorsi, la vicenda di Trentini ha suscitato anche reazioni in Piemonte a livello istituzionale. Un ordine del giorno per la sua liberazione è stato presentato dalla consigliera Nadia Conticelli del Pd e il Comitato Diritti umani e civili con il suo presidente Davide Nicco insieme con i due vicepresidenti Sara Zambaia e Giampiero Leo, si è attivato per dare corso ad una iniziativa pubblica.



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