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Alberto Trentini, 222 giorni nelle carceri venezuelane


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Numero palindromo il 222, che letto da una parte o dall'altra non fa che acuire il senso di sgomento non appena lo si associa ai giorni che Alberto Trentini ha trascorso finora, dal 15 novembre scorso, in un carcere venezuelano.

Ogni giorno si moltiplicano gli appelli per la sua liberazione, gli attestati di solidarietà, i messaggi di sostegno alla famiglia, articoli di persone comuni che vogliono fare sentire la propria voce per non lasciare che la sua vicenda cada nel dimenticatoio. Eppure, si ha la sensazione che continui a mancare quel quid per dare la necessaria forza dirompente alle decine di migliaia di persone che reclamano giustizia per il nostro connazionale, un operatore umanitario di 45 anni la cui unica colpa sembra essere quella di essere un uomo normale, così straordinariamente normale da non interessare chi conta, chi ha il potere e il dovere di trovare una soluzione per liberarlo.

Domani, 25 giugno, il neo Segretario generale dell'OAS, Albert Ramdin, primo segretario generale l'Organizzazione degli Stati americani di un paese caraibico, aprirà l'Assemblea Generale dell'organizzazione ad Antigua e Barbuda. In una recente intervista, Albert Ramdin ha affermato di avere appeso nel suo ufficio i ritratti di tre grandi personalità cui si ispira: Mahatma Gandhi, Martin Luther King e Nelson Mandela. Tre simboli che hanno offerto sé stessi per il bene comune e la libertà. Ramdim ha aggiunto che democrazia, diritti umani e Stato di diritto sono principi fondamentali ed ha assicurato che ne parlerà con il presidente Maduro. Inserire il suo nome nell'agenda diplomatica forse non guasterebbe.

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