Alberto Trentini, 204 giorni nelle carceri venezuelane
- La Porta di Vetro
- 6 giu
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Il prossimo lunedì 16 giugno, a sette mesi dall'arresto in Venezuela di Alberto Trentini, gli amici dell'operatore umanitario daranno vita a un corteo da Venezia a Mestre. A darne notizia è Veneziatoday[1]. Il corteo si muoverà da San Pietro di Castello fino al centro di Mestre. L'appuntamento è a Forte Marghera alle 17.00, dietro alla parole d'ordine, cui ci uniamo «Un passo dopo l’altro, un cuore accanto all’altro. Per Alberto. Per non dimenticare. Per farlo tornare a casa!».
Alberto Trentini, originario di Venezia, è stato arrestato il 15 novembre, a neppure un mese dal suo arrivo nel paese sudamericano, senza una chiara accusa, e trasferito in condizioni di isolamento nella prigione di El Rodeo I, periferia di Caracas. Interrotte immediatamente le comunicazioni con la famiglia, ha dato sue notizie poche settimane fa con una telefonata alla famiglia. Sulla sua vicenda il silenzio è pressoché totale, implicitamente dettato dall'assenza di relazioni ufficiali diplomatiche Italia-Venezuela.
Uno sguardo sul Venezuela per riflettere sulla realtà in cui è precipitato suo malgrado Alberto Trentini. Da novembre ad oggi, il Paese è stato attraversato da più complicati sommovimenti interni e internazionali. Sul piano interno, dopo le contestate elezioni presidenziali del luglio 2024 che hanno preservato al potere Nicolas Maduro, il Paese ha votato nell'ultima domenica di maggio per il rinnovo dei governatori regionali e dell'Assemblea nazionale. La consultazione ha confermato la supremazia dell'alleanza di partiti al potere, ma il risultato ancora una volta è stato contestato dalle opposizioni, parte delle quali in esilio o incarcerate.
La situazione internazionale e ai confini è in costante fibrillazione, mentre il presidente americano Donald Trump ha ristretto l'accesso negli Usa di cittadini venezuelani. Da Trinidad e Tobago, importante produttore di petrolio di quell'area, è arrivato l'ammonimento al governo venezuelano di evitare azioni militari. Il Paese caraibico, che dista 10 miglia marine dal Venezuela, è stato accusato da Caracas di avere favorito un'incursione di mercenari sul suo territorio, che ha sua volta ha minacciato l'uso della forza contro le navi venezuelane che dovessero entrare nelle loro acque territoriali.
Analoga situazione si è messa in moto con l'Ecuador, paese con cui il Venezuela ha storicamente intrattenuto rapporti cordiali, messo all'indice dal ministro dell'Interno Diosdado Cabello per un presunto reclutamento di agenti segreti addestrati per provocare azioni terroristiche e violare la sicurezza in Venezuela. A tutto ciò si aggiunge l'intransigente posizione della vicepresidente del Venezuela Delcy Eloína Rodríguez Gómez, che sulla disputa con la Guyana delle aree ricche di oro e petrolio, dopo l'annessione della Guayana Esequiba come 24° Stato venezuelano ha affermato: "Non cederemo mai un metro quadrato del territorio che ci appartiene". Non è una dichiarazione di guerra, ma neppure la ricerca del dialogo.
L'unica notizia positiva rimane la vittoria sulla Bolivia che ha mantenuto in corsa il Venezuela per una storica partecipazione alla Coppa del Mondo del prossimo anno. Non è molto, ma per le masse rimane sempre un potente afrodisiaco sociale.
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