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Acciaierie d’Italia: dallo sciopero una sola indicazione: nazionalizzare il gruppo

Aggiornamento: 21 nov 2022

di Rocco Palombella

Guarda le foto. Se i fatti sono segnali incontrovertibili, allora la vertenza per ridare al Paese un progetto industriale, in cui le sue acciaierie ritornano ad avere un ruolo preminente, quella vertenza è partita con il piede giusto. Infatti, non si vedeva da anni uno sciopero così partecipato dai lavoratori dell'ex Ilva e dell’indotto, non solo a Taranto, ma in tutto il Gruppo siderurgico. Sono stati in migliaia i lavoratori - già chiamati il 9 maggio scorso ad un'astensione dal lavoro per scuotere proprietà e governo dall'immobilismo, a scendere in strada con striscioni e bandiere dei sindacati di categoria, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil per lanciare un messaggio chiaro a chi deve oggi, per offrire un futuro prossimo alle produzione d'acciaio, trasformare le parole in azioni, gli impegni in investimenti, i numeri in un piano industriale di settore non scollegato però dalle prospettive che deve saper costruire l'Europa nel suo insieme.

Alla proprietà ArcelorMittal, il più grande produttore mondiale di acciaio che ha sede in Lussemburgo, abbiamo detto e ribadito la perdita di fiducia nostra e dei lavoratori. Una perdita irreversibile che la proprietà ha "costruito" sommando anni di pessima gestione degli stabilimenti e di rinuncia a un dialogo franco e propositivo con sindacati e maestranze. A testimoniarlo vi sono centinaia di ore di cassa integrazione, impianti inattivi con grave rischio per la sicurezza stessa dei lavoratori, produzione ai minimi termini e l'impossibilità ad affrontare in termini concreti la bonifica ambientale dei siti storicamente più inquinati e critici. Un silenzio che prima ancora di essere assordante, contraddice anche il più elementare decalogo delle relazioni industriali. Per la verità, l'ennesimo esempio di grave deresponsabilizzazione di una multinazionale in Italia.

Non a caso, diciamo al governo Meloni e ai ministri competenti che l'esecutivo deve prendere atto che tutti gli accordi firmati con il che Gruppo indiano hanno oramai il valore della carta straccia soltanto e unicamente per responsabilità della multinazionale. L'assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia, che si svolgerà il prossimo 25 novembre, una data che è dietro l'angolo, dovrà essere decisiva. Decisiva nella misura in cui non si dovrà deflettere dall'unica strada che può assicurare la salvezza dei nostri stabilimenti: ovvero il ritorno del controllo statale della più grande azienda siderurgica europea. Inoltre, come ho già avuto modo di ricordare, sarebbe sbagliato sbloccare il miliardo senza il ritorno della proprietà dell’azienda nelle mani dello Stato.



Non c’è più tempo da perdere, la situazione rischia di degenerare. Il governo compia un atto di coraggio e difenda a ogni costo i 20mila lavoratori tra diretti, indiretti, dell’indotto e in Amministrazione straordinaria, e il futuro del settore dell’acciaio nel nostro Paese. Quel che è certo è che i sindacati non faranno marcia indietro, e la lotta continuerà fino a quando non avremo risposte concrete dal governo.

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