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Warning... cinghiali in "libera uscita"

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi


L'uccisione di Juan Carrito, l'orso bruno marsicano travolto e ucciso da un’auto ieri in provincia dell’Aquila, al confine tra il Parco nazionale della Maiella e il Parco nazionale d'Abruzzo, ha riproposto un tema diventato esplosivo negli ultimi anni nel rapporto tra uomo, animali selvatici e ambiente. Non manca giorno, infatti, che la questione sia riproposta da immagini di cinghiali nei centri urbani, a passeggio per le strade, mentre si cibano intorno ai cassonetti dei rifiuti, quasi a spadroneggiare in periferia e nel centro cittadino, specialmente a Roma. Ma quelle stesse immagini, fino a pochi secoli fa, non destavano scalpore, perché era uso far entrare periodicamente mandrie di maiali per “eliminare” gli abbondanti rifiuti presenti nelle contrade.


La presenza di cinghiali nelle aree urbane è direttamente correlata alla disponibilità di scarti alimentari e di rifiuti organici; nonostante il pericolo della peste suina non interessi noi o i nostri animali domestici, bisogna ricordare che il cinghiale è un animale selvatico, che potrebbe reagire con aggressività se si sente minacciato, sia verso l’uomo, sia verso i cani o i gatti.


Numero raddoppiato nell'arco di un decennio

Questi animali non si sono spostati in città, ma hanno esteso l’area di presenza fino a inglobare anche le aree urbane, confermando la loro presenza dal nord al sud dell'Italia. E i dati Ispra segnalano un raddoppio del numero degli esemplari in 10 anni: dai 500 mila del 2010 a 1 milione nel 2020.

L’unico dato a disposizione per quantificare il numero dei cinghiali in Italia è quello riguardante i capi abbattuti. Ufficialmente tra il 2015 e il 2019 si abbattevano mediamente 285 mila animali l’anno. L’attività venatoria che si è drasticamente ridotta dagli anni Settanta in poi e l’attività predatoria molto limitata hanno contribuito alla proliferazione di questi animali. In ogni caso, gli abbattimenti selettivi non riescono a intaccare l’incremento annuo. Servirebbero comunque dati più precisi per connotare meglio l’incremento e la distribuzione sul territorio di questi animali.

Le cause della forte proliferazione

Dagli anni Cinquanta del XX secolo in poi si è passati da un’economia fortemente agricola ad una più industriale, con l’abbandono progressivo di gran parte delle terre e con il sempre minore impiego dei boschi che in passato erano molto utilizzati per ricavare legna utile per il riscaldamento, per le costruzioni, per le stalle, ghiande e castagne per il cibo. L’abbandono dell’impiego dei boschi da parte dell’uomo li ha restituiti alla fauna selvatica. Queste aree verdi ne hanno guadagnato, anche in termini di biodiversità e oggi l’Italia è coperta per circa un terzo del proprio territorio da boschi e foreste.

I cinghiali, animali di bosco per definizione, hanno trovato il loro habitat ideale in cui trovare nutrimento in abbondanza (un surplus di cibo derivante da ghiande e castagne non più usate dall’uomo) e quindi la presenza di più spazio e più cibo ha permesso loro di diventare più numerosi e più grandi.

L’abbandono delle campagne e l’espansione delle aree a bosco ha spesso azzerato la distanza tra le città e le aree verdi naturali, mettendo in contatto diretto le aree forestali con quelle urbane. Così i cinghiali hanno iniziato ad affacciarsi in città e ad aumentare la frequenza delle loro visite.

Caratteristiche genetiche delle specie presenti in Italia

Ci sono molte discussioni su questo tema in quanto spesso viene attribuita la colpa dell'incremento all’introduzione di cinghiali dei Paesi dell’Est molto più prolifici e meno sani che avrebbero sostituito le razze autoctone più sane e che si riproducono in misura minore.

Gli studi genetici disponibili finora hanno dimostrato che i cinghiali presenti nel nostro Paese sono geneticamente autoctoni. Uno studio recente, basato sull’analisi del genoma di capi abbattuti in aree peninsulari e in Sardegna, ha evidenziato che le popolazioni italiane di questa specie, sebbene molto eterogenee, hanno ancora un’identità genetica caratteristica che le rende ben distinguibili da quelle di altre zone europee.




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