top of page

Vademecum europeo su Green Deal e transizione climatica

di Mercedes Bresso




Green Deal e transizione climatica sono titoli che imperversano nel nostro quotidiano e che trovano facile ospitalità nell'immaginario collettivo, anche se il loro grado di conoscenza reale non è ancora quello auspicabile, tuttavia non appena se ne prospetta l'applicazione pratica lo schermo diventa nero e se ne smarriscano i contenuti.

L'azzeramento cognitivo non è totale, né si deve ricominciare dall'alfabeto, però la comunicazione tra le parti interessate a modificare il modo di produrre e di consumare, per usare una semplificazione, entra in corto circuito.

Mercedes Bresso, europarlamentare del Pd che ha organizzato il convegno a Torino "Green Deal e transizione climatica: una sfida per il Piemonte" prova ad analizzare nell'articolo che segue le ragioni di questo continuo "stop and go" nei provvedimenti e nelle decisioni adottate dal Parlamento europeo negli ultimi cinque anni.


La legislatura europea che sta finendo è stata in larga parte caratterizzata dal formidabile impegno sul “Patto climatico “, lanciato dalla Presidente della Commissione al momento del suo insediamento nel 2019.

L’Unione Europea ha deciso di prendere di petto la sfida per la lotta al cambiamento climatico e la transizione ambientale, mettendo in campo una potente batteria di regolamenti e direttive che riprendono, modificano e integrano, sempre in senso più restrittivo, tutta la complessa legislazione europea sull’ambiente.

L’obiettivo di giungere alla completa decarbonizzazione nel 2050, con tappe intermedie molto stringenti, è di quelli da far tremare i polsi ed è strutturato intorno ad otto azioni, che dovrebbero portarci a essere i leader mondiali della transizione ecologica.

1.      obiettivi in materia di clima al 2030 e 2050

2.    approvvigionamento sufficiente di energia pulita, economica e sicura

3.      mobilitazione dell’industria per una economia pulita e circolare

4.      costruire e ristrutturare gli edifici in modo efficiente dal punto di vista energetico

5.      inquinamento zero per un ambiente privo di sostanze tossiche

6.      preservazione e ripristino degli ecosistemi e della biodiversità

7.      transizione accelerata verso una mobilità sostenibile e intelligente

8.      Per realizzare questi obiettivi si prevede di stimolare la ricerca e l’innovazione e di mettere a disposizione delle risorse per realizzare una “transizione giusta”, che non lasci indietro nessuno.


Sui temi spinosi, il motore si blocca...  

Il primo passo è stata la Legge per il clima, seguita da più di 160 provvedimenti, che vanno da una strategia industriale, al piano per una economia circolare, alla strategia “dal campo alla tavola” per la sostenibilità del cibo, a quelle per la completa decarbonizzazione della produzione energetica, per l’industria chimica, per l’adattamento al cambiamento climatico, per l’economia sostenibile dei mari e delle acque, a tutta una serie di provvedimenti riguardanti le diverse forme di produzione energetica, a norme sul riutilizzo e la riparazione dei beni e alla riduzione degli imballaggi, al pacchetto per la protezione della natura, per la tutela delle foreste e della biodiversità, fino al testo molto controverso sul ripristino della natura. E ho citato solo i più importanti.

In pratica si è avviata una completa riforma del nostro modo di produrre e di vivere, orientata alla sostenibilità e al raggiungimento degli obiettivi climatici.

Si tratta, nella maggior parte dei casi, per i testi legislativi, di regolamenti, che vanno quindi in diretta applicazione nei Paesi Membri, senza nessuna possibilità di adattamenti.

Il fulcro di questa attività legislativa si è concentrato nel periodo post Covid e per un paio di anni il Parlamento e il Consiglio hanno lavorato a ritmi forzati per discutere, emendare e votare questa valanga di provvedimenti.

Grazie anche alle sollecitazioni dell’opinione pubblica e all’impegno dei movimenti giovanili per un po’ di tempo tutto è sembrato andare per il meglio; poi all’improvviso, qualcosa ha cominciato a “grippare”, in particolare quando si sono affrontati temi spinosi, come le norme sui veicoli, sul ripristino della natura e per il settore agricolo. Ciò è avvenuto quando i diversi settori hanno cominciato a calcolare tempi e costi per applicare le norme che venivano approvate a getto continuo, spesso senza una vera consultazione delle parti interessate.


Assicurare una speranza alle generazioni future

Come sempre, quando si affrontano temi così complessi, che comportano sacrifici e costi da sostenere per riuscire a contrastare il rischio di un riscaldamento del pianeta che vada oltre la tollerabilità per la maggior parte delle specie viventi e sicuramente per l’uomo, si rischiano l’ostilità o almeno la preoccupazione di coloro che dovranno applicare le norme e pagarne i costi. Questi ultimi vanno sostenuti, per assicurare alle generazioni future la speranza di una vita non peggiore della nostra. E qui ci si scontra con le resistenze dei più deboli e di coloro che devono affrontare i cambiamenti più radicali. Oggi assistiamo alle rivolte degli agricoltori ma nei mesi passati è stato il caso dei produttori di automobili e mezzi pesanti, dei siderurgici, dei chimici e dei petrolieri, dell’industria del packaging, solo per citare i più attivi.

Intendiamoci: ognuno di essi ha ragioni e settori strategici da difendere. Non si tratta quindi di negare loro l’attenzione che meritano, ma di trovare delle soluzioni per aiutarli, senza per questo flettere rispetto agli obiettivi che ci siamo dati e che abbiamo sottoscritto a livello mondiale.

Se la presente legislatura europea ha avuto il compito di mettere sul piatto e di definire gli obiettivi da perseguire e le grandi linee delle azioni da compiere per realizzarli, dobbiamo anche ammettere che sul fuoco è stata messa tantissima carne e che probabilmente una riflessione, non sulla meta ma sul complesso percorso da seguire per raggiungerla, dovrà essere fatta.

Questo potrebbe essere un compito del prossimo Parlamento: fare una verifica, anche incrociata, delle norme approvate e completare quelle che non sono state approvate; effettuare una sorta di “fine tuning” su quello che non funziona, dopo aver ascoltato con pazienza e intelligenza tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione delle nuove norme: cittadini, enti locali, imprese, agricoltori.


Evitare l'ansia da regolamento

Dovremo confrontarci con il “principio di realtà”, che spesso viene trascurato dai legislatori nell’ansia di ottenere tutto dalla norma, dettagliando all’infinito le cose da fare.

Dopo avere vissuto questa sorta di “ansia di tutto regolamentato” e averne compreso i limiti, sono arrivata alla conclusione che dovremmo basarci su alcuni principi chiari e semplici:

1.     definire con grande precisione gli obiettivi da raggiungere, in modo dettagliato e chiaro

2.     farli conoscere, imprimerli bene nella testa e nelle coscienze di tutti.

3.   rispettare con rigore il principio della neutralità tecnologica: ti dico che cosa fare ma sei tu a scegliere come. Mercato, operatori, ricercatori, devono essere scatenati a trovare le migliori soluzioni agli obiettivi loro assegnati. E questo può comportare anche di dover tornare a discutere su soluzioni che sembravano adeguate.

4.    Ascoltare le critiche e i problemi che vengono posti ed essere pronti a fare le modifiche opportune per adeguare le norme ai problemi reali, sempre senza deflettere dagli obiettivi.

 


51 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page