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Un libro per voi: "Torino è la città del Cinema"

Aggiornamento: 26 mar 2023

di Vice

"Mio padre, che è stato regista del muto con il nome di Roberti Roberti, si chiamava in realtà Vincenzo Leone. Dopo essersi laureato in legge a Torino, cominciò a farsi le ossa in una compagnia di prosa... [A causa del fallimento della sua compagnia teatrale si ritrovò sul lastrico] poi si ricordò di un invito che gli aveva esteso Pastrone di Torino...[1] Era il 1908. Mio padre gli inviò un telegramma in cui diceva che, dietro spedizione telegrafica di lire tot, sarebbe stato disposto a recarsi a Torino. Il vaglia arrivò puntualmente, e papà in breve tempo divento un noto regista cinematografico".


Rileggendo per l'ennesima volta l'insuperabile "L'avventurosa storia del cinema italiano" a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, non ci si stupisce che già alla prima pagina, sulla scia del mitico Sergio Leone, si arrivi a Torino. Un caso? O un tributo voluto dagli autori alla città che ha inventato e reso internazionale il cinema italiano? Di certo, la testimonianza-francobollo di Sergio Leone sulla vita di suo padre, e di riflesso anche sulla sua, spalanca le porte della storia della capitale del cinema italiano agli inizi del Novecento. O meglio, sfogliando il libro curato di Teodora Trevisan, di essere stata Torino "La città del cinema", quando il cinema ancora non sapeva che sarebbe diventato la settima arte: "Nel 1912, l'anno della massima espansione, vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 ed a Milano 120 . Nei tre anni che precedono la prima guerra mondiale, mentre la produzione si consolida, vengono esportati in tutto il mondo film mitologici, comici e drammatici. Nel frattempo, in ambito attoriale, nasce il fenomeno del divismo che per alcuni anni conoscerà un successo inarrestabile…[2]

Ed è così che "La città del cinema", un'antologia di sedici racconti[3], ci fa respirare quell'aria d'avventura che il Museo Nazionale del Cinema all'interno della Mole Antonelliana, il simbolo della città, ha saputo magistralmente immagazzinare come in una sorta di serbatoio per restituirla intatta nella sua fragranza ai suoi visitatori. Ma è dalle pagine della prefazione firmata da Eva Monti che si delinea il patrimonio cinematografico della città con i suoi cinema in ogni quartiere e le sue sale parrocchiali negli anni Cinquanta e Sessanta, "le code al Lux di via Roma per vedere un film di Fellini", al Chaplin di via Garibaldi e al Ritz, cinema d'essai, in collina, in quella stagione di grande fermento culturale, artistico e politico.

Ma Torino non è soltanto il passato, come scrive Teodora Trevisan nella sua introduzione, che sprigiona con intensità "ad ogni angolo spezzoni di film, fotogrammi che i cinefili riconoscono con un brivido: la fontana della Dora di Profondo rosso" del maestro Dario Argento, "o il balon de La donna della Domenica", traduzione in pellicola del romanzo di Fruttero e Lucentini girato da Luigi Comencini nel 1975 con un felpato Marcello Mastroianni nei panni del commissario Santamaria, "o l'erboristeria della piazzetta della Consolata di Amore e ginnastica, tratto dal romanzo di Edmondo di De Amicis, per la regia nel 1973 di Luigi Filippo D'Amico.

Torino, infatti, dagli anni Duemila è ancora un laboratorio di set, dislocati in tutti i quartieri della città, periferici e centrali, "di innumerevoli produzioni cinematografiche e televisive": da Il Divo alla Solitudine dei numeri primi , da Cuore a Il Grande Torino, per citarne alcune; ultima, la serie di Netflix "La legge di Lidia Poët", ambientato nel centrale Borgo Nuovo di Torino, in particolare le piazza Cavour e Maria Teresa, che narra l'ostinazione e la forza d'animo della prima donna a entrare nell'Ordine degli Avvocati in Italia: anno 1920, ma dopo quasi quarant'anni di "anticamera" dall'abilitazione forense.

Dunque sedici racconti al servizio del passato, presente e futuro, "per coinvolgere - sono ancora parole di Teodora Trevisan - "il lettore con gli effetti speciali che anche la letteratura sa mettere in campo.


Note

[1] Giovanni Pastrone, regista del primo kolossal del cinema italiano "Cabiria", girato a Torino negli stabilimenti lungo la Dora Riparia e nelle valli di Lanzo, con la partecipazione di oltre 20mila comparse.

[3] Torino è la città del cinema a cura di Teodora Trevisan, Neos Edizioni Racconti

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