Un libro per voi: "Enrico Berlinguer e il progetto di un nuovo socialismo"
Aggiornamento: 26 mar 2023
Per il centenario della nascita di Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito comunista italiano nella sua massima ascesa, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, diverse sono state le pubblicazioni edite e le iniziative che hanno riacceso l’attenzione sulla sua opera. L’associazione “Futura Umanità. Per la storia e la memoria del Pci” (https://futuraumanita.com) ha scelto di “dare la parola” al leader comunista realizzando un’agile antologia di suoi testi (articoli, discorsi e interviste) avente come filo conduttore l’idea berlingueriana di un “nuovo socialismo”[1].
L'idea della «terza via»
Al centro della riflessione del Segretario del Pci è il nesso inscindibile socialismo-democrazia, che egli tematizza in riferimento all’Italia e all’Occidente, ma anche in termini più generali (si pensi alla definizione della democrazia come «valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista», secondo le parole che egli pronuncia a Mosca, nel 1977, durante le celebrazioni del 60° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre), e dunque l’idea di terza via, non «a metà strada» ma come superamento dialettico dell’esperienza socialdemocratica e di quella del socialismo sovietico (che Berlinguer definisce non «socialismo reale», ma «socialismo finora realizzato»; l’idea, insomma, di una terza fase nella storia secolare del movimento operaio, socialista e comunista, in cui un ruolo centrale dovesse essere assunto dai comunisti dell’Europa occidentale, ossia di uno dei punti più alti dello sviluppo capitalistico, dove quindi più avanzate sarebbero le basi oggettive per una trasformazione di tipo socialista.
Berlinguer immagina tale trasformazione in termini gramsciani, dunque egemonici e al tempo stesso molecolari, a partire dall’affermarsi nella società di quegli «elementi di socialismo» che egli vede già presenti nell’Italia degli anni Settanta. L’obiettivo – come afferma in un’intervista del 1975 – è quello di «una direzione politica consapevole dei processi economici e delle attività produttive, che vanno orientate alla soddisfazione degli interessi delle masse popolari e della intera collettività nazionale, superando progressivamente i meccanismi spontanei del sistema capitalistico. Non si tratta di soffocare l’iniziativa delle imprese o di sopprimere il profitto – precisa –, ma di definire gli obiettivi che devono guidare l’insieme dello sviluppo economico nazionale» (pag. 29) nel quadro di una programmazione autenticamente democratica e dunque sociale, e per questo già proiettata verso il superamento della logica capitalistica.
L'utopia dei "tempi lunghi"
Alla fine del 1983, intervistato da Ferdinando Adornato, Berlinguer lo dice in termini diversi: «Bisogna anche avere il coraggio di un’utopia che lavori sui “tempi lunghi” per raggiungere l’obiettivo di utilizzare sempre nuove scoperte scientifiche per migliorare consapevolmente i processi economici e sociali. Cos’è il socialismo se non questo? È la direzione consapevole e democratica, quindi non autoritaria, non repressiva, dei processi economici e sociali con il fine di uno sviluppo equilibrato, della giustizia sociale e di una crescita del livello culturale di tutta l’umanità» (pag. 96).
Quello che egli propone è un “nuovo socialismo” perché fortissimo e il nesso con l’affermazione di un’autentica e sostanziale democrazia. Già nel 1969, nelle conclusioni del XII Congresso del Pci che lo elegge vicesegretario, Berlinguer ricorda che «in conseguenza delle modifiche che si producono nelle strutture del capitalismo quando esso entra nella sua fase imperialistica, monopolistica e autoritaria, il problema della libertà e della democrazia, com’ebbe ad affermare una volta il compagno Togliatti, “cambia aspetto”.
Le sorti della libertà, la loro estensione fino ai confini estremi in cui la democrazia supera ogni limite di classe per trasformarsi in democrazia socialista, sono affidate essenzialmente alle posizioni di forza che la classe operaia e le masse lavoratrici riescono a conquistare» (pag. 21). E nella citata intervista del 1975 ribadisce che tra i principi fondamentali del socialismo c’è «la partecipazione più ampia, in forme organizzate, dei cittadini alla soluzione dei problemi del paese, che è più che mai necessaria per dare un fondamento più solido agli istituti della democrazia rappresentativa e per superarne la crisi» (pag. 30).
Da ciò consegue la priorità data da Berlinguer alla politica delle alleanze, l’obiettivo della costruzione di un “blocco storico” e di un corrispondente schieramento politico, ciò che costituisce il nucleo della proposta del “compromesso storico”, non riducibile a mera alleanza di governo con Dc e Psi o all’esperienza della “solidarietà nazionale”.
Sfruttamento del lavoro ieri e oggi
Ma c’è un altro elemento da sottolineare. L’esigenza del socialismo nasce anche dalla insostenibilità – sociale, ambientale, umana – del capitalismo. Nel discorso ai giovani del 1976, Berlinguer sottolinea che «lo sfruttamento, l’alienazione e l’oppressione, anche se continuano a manifestarsi in maniera diretta e centrale nella condizione del proletariato, della classe operaia che lavora nell’industria, si sono dilatati fino a colpire la condizione umana di altri strati e ceti della società capitalistica, sia pure in modi ineguali e in forme differenti» (pagg. 34-35).
E nel discorso sull’austerità, al convegno degli intellettuali del 1977, afferma che quella che egli propone è una riposta necessaria all’ «ingresso sulla scena mondiale di popoli e paesi ex-coloniali che si vengono liberando dalla soggezione e dal sottosviluppo a cui erano condannati dalla dominazione imperialistica», facendo «esplodere le contraddizioni di una intera fase dello sviluppo capitalistico postbellico» (pag. 107), ossia lo sfruttamento dei paesi sottoposti a dominio coloniale o neocoloniale e l’uso intensivo di materie prime a basso costo da parte delle potenze egemoni: due elementi entrati in crisi grazie ai mutati rapporti di forza mondiali a partire almeno dal 1973, il che impone all’Occidente di ripensare il suo modello di sviluppo.
Per Berlinguer, occorre allora aprirsi a una piena comprensione delle ragioni di sviluppo e di giustizia di questi paesi e instaurare con essi una politica di cooperazione su basi di uguaglianza; abbandonare l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario. [...] Concepita in questo modo, una politica di austerità, anche se comporta […] certe rinunce e certi sacrifici, acquista al tempo stesso significato rinnovatore e diviene, in effetti, un atto liberatorio per grandi masse, […] crea nuove solidarietà, e potendo così ricevere consensi crescenti diventa un ampio moto democratico, al servizio di un’opera di trasformazione sociale [pagg. 108-109].
La visione di un ordine mondiale policentrico
Come si vede, mutatis mutandis, sono problemi aperti ancora oggi; così come sono problemi di oggi quelli di un ordine mondiale non più bipolare né unipolare, ma sempre più policentrico, interdipendente e multipolare, che dunque sempre di più dovrebbe basarsi sulla cooperazione internazionale piuttosto che sulla competizione più sfrenata e conflittuale.
Il socialismo di Berlinguer, infine, è nuovo anche perché ipotizza un diverso rapporto tra Stato e mercato: non la statalizzazione di ogni cosa con l’abolizione del mercato, ma un’economia mista in cui però prevalgano la volontà pubblica e l’interesse generale, come peraltro previsto dalla Costituzione repubblicana. Nel citato discorso ai giovani del 1976, Berlinguer lo spiega chiaramente:
Noi prevediamo – afferma – una programmazione democratica dell’economia, che cioè contempla anche l’esistenza e il riconoscimento della funzione di centri di iniziativa imprenditoriale privata, oltre che pubblica, ma che deve indicare – ed è questa l’esigenza particolarmente acuta in Italia – un chiaro e nuovo quadro di riferimento, deve assicurare cioè che si lavora e si produce non più secondo la logica capitalistica (la logica dell’accumulazione per l’accumulazione, della produzione fine a se stessa), ma si produce e si lavora per soddisfare i grandi bisogni dell’uomo, i grandi bisogni della collettività nazionale [pag. 38].
Dinanzi ai problemi globali che caratterizzano la nostra epoca appare dunque evidente la lungimiranza di Berlinguer, la sua capacità di coglierne il primo manifestarsi in tempo reale, e al tempo stesso di guardare avanti, con quei “pensieri lunghi” che lo rendono un leader addirittura in anticipo sui propri tempi. È questa la grandezza di un’elaborazione la cui attualità è fin troppo chiara, naturalmente a patto di voler ascoltare la sua voce e di voler recepire e sviluppare il suo lascito.
[1] Enrico Berlinguer e il progetto di un nuovo socialismo. La parola al segretario del Pci (1972-1984), a cura della Associazione Futura Umanità, Roma, Bordeaux edizioni, 2022, 138 pp., 12 euro.
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