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Un libro per voi: "Donne protagoniste" di Bruna Bertolo


Ottanta anni fa, dal 27 al 30 settembre 1943, la città di Napoli scendeva nelle piazze, nelle strade, nei vicoli per combattere l'occupante nazista. Fu un moto di popolo con alle spalle un principio di attività clandestina strutturata deciso a conquistarsi la libertà, e passato alla storia come "Le quattro giornate di Napoli", primo grande evento della Resistenza dopo l'8 settembre mirabilmente trasposto sullo schermo nel 1962 dal regista Nanni Loy.

In quei giorni, la partecipazione corale alla feroce lotta che impegnò "i ribelli" contro la Wermacht tedesca, un esercito potente e organizzato, fece emergere il coraggio e il sacrificio delle donne napoletane. Tra queste si segnalò Maddalena Cerasuolo, una ventitreenne che partecipò direttamente ai combattimenti, insignita della Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

Da quel lontano settembre, la guerra di Liberazione ebbe come presenza costante le donne, donne partigiane attivamente inserite nei Gap (Gruppi di azione patriottica) delle grandi città o staffette in collegamento con le bande partigiane che si erano costituite in montagna: l'embrione di un "apprendistato politico" che travolse l'oscurantismo del Ventennio che voleva le donne "fattrici" e "angeli del focolare domestico" e che portò le donne italiane a ritagliarsi un importante ruolo di protagoniste del loro destino istituzionale, come racconta Bruna Bertòlo nel suo libro in questo 29 settembre, associamo al ricordo delle Quattro giornate di Napoli.


Pubblicato da Susalibri con la prefazione della senatrice Anna Rossomando, attuale vicepresidente del Senato, le pagine raccontano il ruolo delle donne e il primo voto femminile che coincise con la nascita della Repubblica e l'elezione dell'Assemblea Costituente dalla quale sarebbe germogliata la Costituzione, entrata poi in vigore il primo gennaio 1948.

Una ricerca accurata da parte dell'autrice, che ha inserito un ampio materiale iconografico per focalizzare il la partecipazione delle donne, sia pure elette in numero certamente esiguo (solo 21 le Costituenti!), nel processo costruttivo degli articoli della Costituzione.

Sottolinea Bertolo: «In guerra la donna si era distinta con determinazione e coraggio, aveva lavorato nelle fabbriche per mandare avanti la produzione, era salita in montagna per combattere la lotta partigiana.

Erano state tante, dopo l’8 settembre ’43, ad essere coinvolte direttamente nella lotta resistenziale, con compiti e ruoli molto diversi. Un “combattere insieme”, uomini e donne, che ebbe conseguenze rilevanti nel dopo guerra. Accanto alla volontà di ripartire, di ricostruire il paese, in un’ansia di pace certo condivisa, si costruì, anche in mezzo a tante difficoltà, un percorso nuovo nel lungo cammino delle donne verso l’acquisizione di quei diritti negati da una cultura maschilista che aveva radici lontane, secolari. C’era sicuramente una volontà di rinnovamento, per quanto riguardava i diritti delle donne, ispirata dagli ideali di libertà e democrazia, ma le antiche regole dettate da una Storia scritta solo al maschile erano dure a morire.

Fu fondamentale perciò la presenza e il ruolo delle donne nei lavori della Costituente: rappresentò il primo ingresso femminile nella costruzione della reale Democrazia del Paese uscito da vent’anni di regime fascista e da un lungo periodo di guerra».

Bruna Bertòlo ricorda che l’esordio delle italiane in politica si ebbe però con la Consulta Nazionale (1945-1946), nominata dal Governo Parri. La Consulta rappresentò un importante momento della vita istituzionale italiana nel processo di transizione dal regime fascista all’ordinamento repubblicano, alla fondazione del quale apportò un contributo politico e morale sicuramente rilevante, operando come un tipico organismo di transizione da un regime ad un altro e svolgendo i suoi compiti con scrupolo. A dire la verità, su 440 consultori le donne ebbero una percentuale molto bassa, una rappresentanza scarna, soltanto tredici, inserite su nomina dei Partiti, non elette, come del resto anche gli uomini. Ne fecero parte alcune esponenti che avevano avuto un ruolo significativo nell’antifascismo e nell’esperienza resistenziale, tra le quali ad esempio Ada Gobetti. Avevano vissuto anni di grande sofferenza, la clandestinità, il carcere, l’esilio, le persecuzioni e nel dopoguerra ricoprivano incarichi di responsabilità nei partiti, nei sindacati, nelle associazioni, nei movimenti.

Ma il grande momento della responsabilità, dell’emozione, della rinascita fu rappresentato sicuramente dalle elezioni politiche del 2 giugno 1946. Le donne accorsero, smentendo la previsione che ipotizzava una scarsa presenza.

Per le donne andare al voto fu importante perché, mentre a sinistra si diceva “mia moglie vota come dico io” e nelle parrocchie il prete ricordava “Dio ti vede tuo marito no”, nella cabina elettorale le donne per la prima volta scelsero e decisero a chi dare la propria fiducia. Forse scelsero anche da chi farsi influenzare, ma furono libere. Con quel lapis e quelle due schede.

Raccontò così la sua emozione Nadia Gallico Spano, una delle 21 donne elette alla Costituente: “E’ con speranza ed emozione che noi varcammo la soglia di Montecitorio, ma anche con un forte senso di responsabilità nei confronti delle donne. Avevano votato per la prima volta e per la prima volta delle donne le rappresentavano. Noi lo sentivamo ed eravamo consce di dover esprimere le speranze di tutte le donne, anche al di là […] degli orientamenti dei singoli partiti. Oggi, naturalmente, tutto è diverso, ma allora uscivamo da una condizione di minorità giuridica, consolidata dalle leggi e dal costume, aggravata dal fascismo. La Costituente fu dunque veramente uno spartiacque nella condizione femminile del nostro paese”.

Scrive Bruna Bertolo: “Nell’immediato dopoguerra, la tensione militare che aveva ispirato e guidato la Resistenza riuscì a “cementare”, al di sopra dei programmi e delle ideologie particolari, i partiti antifascisti: troppo importante era la ricostruzione civile, sociale, politica dell’Italia devastata. L’impegno di propaganda elettorale fu rilevante anche per le donne: molte non avevano mai parlato in pubblico ed ora si trovavano a dover condurre una campagna elettorale presso altre donne quasi totalmente inesperte di politica e di partiti. Combattere l’astensionismo femminile e la quasi scontata sottomissione all’uomo (il marito, ma anche il padre, il fratello, il parroco…) diventa un primo obiettivo.

Tre furono le piemontesi elette, anche se fuori da quel Piemonte in cui erano nate ed erano cresciute anche come impegno civile e politico: Rita Montagnana, sposata con Palmiro Togliatti, Teresa Noce, sposata con Luigi Longo, Angiola Minella, sposata nel dopoguerra con il partigiano Piero Molinari con il quale aveva condiviso la lotta resistenziale in Liguria.

L'autrice focalizza la sua ricerca storica proprio sulla figura delle tre piemontesi che seppero offrire «un esempio significativo di impegno, di competenza, di tenacia, in un periodo ancora tutto da costruire come il dopoguerra. Sono tre donne straordinarie, che hanno dato un contributo importantissimo alla costruzione della democrazia. Donne di grande carattere, pronte a mettersi in gioco, a sfidare stereotipi ancora molto presenti, anche all’interno di quel partito, il Partito Comunista, nel quale tutte e tre credevano, militavano ed erano state elette».

Sottolinea la senatrice Rossomando nella Prefazione: “Colpisce e accomuna le tre biografie la ricchezza di una vita spesa sin da giovanissime nelle battaglie passate attraverso l’esperienza diretta dello sfruttamento sui luoghi di lavoro e quindi delle lotte sindacali, la partecipazione alla scrittura e divulgazione di giornali di opposizione al regime fascista, le responsabilità di direzione politica, le carcerazioni. Donne che quando fecero parte della Costituente si sono battute contro i pregiudizi che fanno parte della autobiografia di un’Italia che da quella condizione si è progressivamente svincolata e che ebbe il suo punto di partenza nel lavoro delle madri costituenti a cui va il merito di aprire il varco che segnò la stesura del testo costituzionale, assumendo i diritti sociali e civili nella loro funzione emancipatoria e, per questa via, riconoscendo alle donne libertà e autonomia”.

La Repubblica, nata dal voto del 2 giugno 1946, costruì il suo percorso democratico anche grazie a queste “Madri della Costituzione”: seppero credere che un mondo diverso da quello della violenza del regime e della guerra fosse possibile e fecero fronte comune per una legislazione che cancellasse gli ostacoli, quelli antichi e quelli possibili, che incagliavano tutte le donne al passato.




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