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Ucraina. Due anni di guerra alla ricerca di un futuro di pace

di Michele Corrado*


Oggi, dopo due anni dall’inizio dell’Operazione Speciale russa in Ucraina si possono constatare e comprendere alcuni aspetti fondamentali di questo atipico conflitto armato europeo del nuovo millennio.

Il primo aspetto è il nome usato dai russi: “Operazione Speciale”. Per noi si tratta di un semplice tentativo di invasione e conquista di un Paese europeo sovrano; per i russi è invece la riappropriazione di un territorio temporaneamente separatosi in seguito alle trasformazione dell’Unione Sovietica in Russia. Pertanto non è una guerra, non si annette nulla di nuovo, è un semplice e doveroso ritorno ad una situazione geografica che così è sempre stata.

Purtroppo alcune “anomalie” non hanno consentito la replica di quanto fatto in Crimea e quello che doveva riuscire in tempi rapidi, si sta trascinando da due anni. Come Tolstoj ha scritto nelle pagine di “Guerra e pace”, i russi sui loro territori utilizzano, da sempre, due “armi” che solo loro possono permettersi: la pazienza ed il tempo. Del resto, storicamente, il potere russo non concepisce che una parte qualsiasi del loro immenso territorio possa staccarsi o essere conquistato da altri. È questo l’aspetto fondamentale che noi occidentali fatichiamo a comprendere. Né, storicamente, mai nessun Paese ha occupato permanentemente porzioni di suolo che i russi ritenevano propri. È per questo che il consenso, anche inconsapevole, sostiene qualsiasi leadership (Putin più che mai, che il prossimo mese si appresta alla riconferma elettorale), si proponga di rimettere a posto le cose come devono essere e come sono sempre state.

L’Ucraina, paese indipendente neocostituito e con nessuna tradizione militare autonoma è andata in combattimento contro la seconda potenza nucleare globale e con capacità militari convenzionali ritenute pressoché invincibili. Dopo due anni di confronto, l’Ucraina indipendente esiste ancora e la Russia controlla solo un quinto del suo territorio.

Da un punto di vista militare, quanto fatto dall’Ucraina ha del miracoloso, anche considerando che il supporto occidentale è stato monetario, di forniture militari variegate (la maggior parte fondi di magazzino) e di consulenza/addestramento (che non ha sortito gli effetti voluti perché per combattere secondo la Dottrina Nato bisogna avere la mentalità della Nato, che non si “costruisce” in mesi, ma in generazioni); la volontà di combattere (il morale) e le truppe (quindi le perdite), sono in conto totale dell’Ucraina.

Ovviamente noi occidentali che di tempo non ne abbiamo e di pazienza ancor meno siamo rimasti fortemente delusi dal fallimento della controffensiva di Kiev, cerchiamo quindi, al di là delle dichiarazioni ufficiali, un accomodamento, almeno di circostanza.

Questi due anni ci stanno dimostrando che, indipendentemente dall’aver ragione o torto, sul campo di battaglia vince chi ha capacità e determinazione, oltre a possibilità tecnologiche avanzate.

Noi occidentali (gli europei, a parte gli inglesi), abbiamo dimenticato, o vogliamo dimenticare quelle capacità, anche di mediazione, che ci hanno consentito di costruire una visione europea; se vogliamo continuare su questa strada è necessario, viste le capacità e le possibilità economiche, creare un unico modello di difesa comune europeo permanente che ci consenta di avere non soltanto piena sovranità, ma piena autorevolezza diplomatica per evitare guerre ed aggressioni, senza sudditanze nei confronti dell’alleato americano che ha il pieno comando Nato.

L’alternativa è continuare a finanziare - perdendo di vista l'importanza della pace e della costruzione di una tavolo di trattative, la cui esigenza comincia oggi a circolare in metà del popolo ucraino, chi pensa di combattere anche per noi contro un nemico che nostro non è, stando alle dipendenze di un Alleato che ovviamente cerca di gestire al meglio i suoi interessi, in una visione di primato - eredità della Seconda guerra mondiale - superato da presenze di nuovi e potenti soggetti internazionali, che non risponde che in minima parte ai nostri, a quelli europei che dal 1945 hanno costruito un'autentica piattaforma di benessere e di coesistenza pacifica.

Per quanto attiene all’Ucraina, la sua sopravvivenza come Stato autonomo è solo funzione delle politiche di interesse americane collegate alla loro visione geopolitica globale che risponde a scelte di equilibrio interne a Washington. Gli “altri”, però, non lo si dimentichi, hanno invece tempo e pazienza.

 

 *Col. (aus.) Esercito Italiano

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