Si è aperta la COP 30, ritorno al duro confronto sulle emissioni tra paesi ricchi e poveri
- Mercedes Bresso
- 4 giorni fa
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Da oggi, 10 novembre, a Belem, alle porte dell'Amazzonia, polmone del mondo
di Mercedes Bresso

La storia dei grandi meeting sull’ambiente ha ormai molti anni. Vale la pena di ricordare che il primo importante si tenne a Stoccolma nel 1972, oltre 50 anni fa, seguito poi da Rio nel 1982, in cui fu adottato il rapporto, Il futuro di noi tutti e tutte le principali convenzioni sulla protezione dei beni ambientali globali.
Fu in quegli anni che ci si rese conto che molte politiche ambientali dovevano essere realizzate a livello locale, trattamenti dei rifiuti, delle acque, inquinamento dell’aria, attività industriali pericolose, protezione dei siti naturali di pregio ecc.
E su questi temi si avviarono, soprattutto nei paesi industrializzati e nell’Unione Europea più in generale, delle politiche specifiche che hanno sicuramente dato dei buoni risultati.
Tuttavia fu subito chiaro anche che gli inquinamenti degli oceani, la drammatica distruzione della biodiversità, l’inquinamento dell’aria (ricordate il fenomeno delle piogge acide causate dall’enorme consumo di combustibili fossili, spesso carbone, che entravano negli strati alti dall’atmosfera e ricadevano sulle foreste del nord Europa, distruggendole?) erano questioni che superavano le frontiere e che avrebbero quindi richiesto accordi a livello globale.
Da qui le Convenzioni siglate e Rio e poi nei meeting successivi e il proliferare di incontri specifici sui temi più rilevanti. In particolare le COP, che vuol solo dire Conferenze delle Parti, cioè di coloro che accettano di parteciparvi e prendervi impegni, su uno dei temi che, progressivamente, ha assunto una particolare importanza perché affronta il tema del cambiamento climatico, provocato dalle emissioni in atmosfera di gas che sono prodotti dalla combustione dei combustibili fossili, che immessi in atmosfera imprigionano il calore del sole, provocando una sorta di effetto serra. Questo è forse il più pericoloso degli inquinanti globali perché gli scienziati hanno dimostrato come stia producendo un continuo aumento delle temperature medie terrestri, con conseguenze devastanti in termini di cambiamenti climatici, di aumento di tornadi o trombe d'aria e tifoni, siccità gravissime e alluvioni in altre parti del globo.

Tutti ricorderanno come a Parigi anni fa furono concordate delle riduzioni importanti delle emissioni in rapporto a quelle del 1990, con l’obiettivo di contenere l’aumento medio della temperatura terrestre a +1,5 gradi. Dato che purtroppo è già stato superato.
Da oggi a Belem, in Brasile, alle porte dell’Amazzonia uno dei grandi beni ambientali globali da preservare, le Parti, cioè la maggior parte degli Stati del Mondo e l’Unione Europea, ma purtroppo senza la partecipazione di Stati Uniti, Cina e India, cercheranno di trovare un accordo per accelerare la transizione energetica e contrastare in modo più efficace il cambiamento climatico.
Non è vero che nulla è stato fatto, perché ad esempio l’UE ha ridotto le proprie emissioni del 50%, meno di quanto voluto, ma comunque un buon risultato, purtroppo però la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non vuole rinunciare all’uso dei combustibili fossili. La stessa Cina, leader in molte tecnologie ambientali, continua però a bruciare carbone per le proprie industrie.
Inoltre questi paesi chiedono che gli Stati più ricchi e che hanno inquinato molto in passato, creino un fondo per aiutarli a finanziare la transizione energetica senza rinunciare allo sviluppo. Fondo che era stato deciso a Parigi e confermato nelle Cop successive ma che non è stato creato che in minima parte.
Questo sarà probabilmente uno dei temi più controversi, sul quale trovare un accordo non sarà semplice, perché i paesi ricchi attraversano periodi di crisi e gli USA hanno deciso addirittura di non partecipare perché considerano il cambiamento climatico una sorta di bufala, malgrado la Comunità Scientifica abbia fornito prove inconfutabili dell’effetto delle emissioni sul cambiamento climatico. Ciò non significa che non possano esserci anche altre cause (ad esempio, lo spostamento dell’asse terrestre) tuttavia peggiorerebbero solo la situazione aggiungendo un rischio ulteriore a quello, certo, prodotto dalle emissioni.
Che cosa capiterà allora a Belem? Vedremo, certamente entrerà anche nella discussione la protezione della foresta amazzonica, fondamentale per il ciclo globale dell’acqua e si proverà a trovare le risorse per il fondo di aiuto ai PVS.
In ogni caso bisogna comunque andare avanti, anche nei momenti difficili come questi. Se aumenteranno i ritardi, i costi futuri saranno maggiori ma non dovremo perderci d’animo, alla fine dovremo riuscire a trovare un equilibrio globale, comunque, anche se fosse a livelli più pericolosi.













































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