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Scontri davanti all'Askatasuna Dieci gli agenti feriti, ma arriva la contestazione a Piantedosi

  • Vice
  • 13 ore fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Dura nota del Silp-Cgil sull'uso sistematico della repressione


di Vice


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L'attesa ha avuto il suo naturale epilogo: i militanti di Askatasuna hanno cercato ieri sera, 18 dicembre, di forzare l'ingresso del centro sociale sgomberato all'alba. Così corso Regina Margherita si è trasformato in una palestra di scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, che in ultimo sono ricorse all'uso di idranti per ridurre la pressione della parte opposta. Dieci comunque gli agenti feriti per il lancio di pietre e bottiglie e altri oggetti contundenti. Non si hanno notizie di eventuali feriti tra manifestanti, che in questi casi tendenzialmente rinunciano ad accedere ai Pronto soccorso. Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che nel recente passato aveva sottoscritto un "patto" con il gruppo Askatasuna, definendo l'immobile (di proprietà comunale) "bene comune", ne ha riaffermato la decadenza. La cronaca di ieri sera si esaurisce qui. Forse è destinata a spostarsi altrove. Ma confidiamo che il buon senso prevalga. O si ritorna a ragionare oppure a prevalere sarà la repressione sociale, cui darà sostegno quella maggioranza silenziosa che in Italia per storia e tradizione non si è mai del tutto congedata dalla scena politica.

Di qui deriva, dopo i fatti di ieri sera, l'analisi della situazione all'interno delle forze dell'ordine, soprattutto centrata sull'aumento dei numeri di agenti feriti. Tasto delicato che si presta a più interpretazioni, e soprattutto foriero di sempreverdi strumentalizzazioni. La questione è stata affrontata di petto dal Silp Piemonte. Il sindacato di polizia aderente alla Cgil, voce critica della corporazione e per di più refrattario a fare da cassa di risonanza del Viminale, denuncia in una nota come l'aumento esponenziale del numero di agenti feriti "non è un evento accidentale, ma la conseguenza di una scelta politica precisa che ha deciso di trasformare le forze di polizia nello scudo di una propaganda politica aggressiva". E per evitare equivoci, si aggiunge che i dati ufficiali del Ministero dell'Interno condannano senza appello l'attuale gestione, "perché si registra un incremento del 127,5% dei poliziotti feriti nel 2024 rispetto all'anno precedente". Dati, in altri parole, che raccontano "il fallimento di una strategia che, invece di placare le tensioni, le esaspera".

Per il Silp-Cgil "la deriva repressiva è la vera radice dell'insicurezza che oggi vivono i poliziotti per le strade. Lo conferma anche la scelta di rispondere a ogni forma di dissenso con nuovi reati ideologici e inasprimenti delle pene che ha trasformato le piazze in campi di battaglia, dove la complessità dei problemi sociali viene ridotta a una mera questione di muscoli. Non è la quantità delle manifestazioni a essere fuori controllo, dato che sono aumentate solo del 9,7%, ma è la qualità della gestione che è mutata pericolosamente: se a fronte di un lieve aumento degli eventi il numero dei feriti più che raddoppia, è evidente che si sta privilegiando lo scontro fisico rispetto alla prevenzione e al dialogo".

In un passaggio si ritorna agli scontri di ieri. "Esprimere vicinanza ai colleghi feriti attraverso un post sui social non basta più e, anzi, appare quasi ipocrita se a farlo è chi ha creato le condizioni per quello scontro, e appare una mera formalità per chi ha il compito di rappresentarne i diritti. La vera tutela per gli operatori non si costruisce con le lusinghe di facciata e con le medaglie di cartone della propaganda, ma restituendo alla politica il coraggio di governare i conflitti senza delegarli esclusivamente alle divise. Si smetta di usare la polizia come carne da macello elettorale e si torni a investire in percorsi di mediazioni, di convivenza civile e rigenerazione urbana, perché la sicurezza di chi lavora in strada non può essere sacrificata sull'altare di un consenso costruito sulla tensione e preliminarmente alimentato dalla paura".

Parole forti e pesanti che una comunità democratica, il che non esclude appunto il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, non può ignorare se la Carta Costituzionale le assegna il ruolo di delegare i problemi sociali alla convivenza civile. E, aggiungiamo, alla ricerca non di un'unica verità, che troppo spesso spiana la strada alla legge del più forte, ma a verità plurime, che offrono punti di osservazione diversi, anche se fastidiosi, non il linea con il pensiero dominante, ma necessari a evitare proprio quel radicalismo politico che a sua volta giustifica e fomenta reazioni altrettanto violente.

Ora, se lo sgombero dell'Askatasuna è il trionfo della legalità, come si afferma legittimamente, e non potrebbe essere altrimenti per un immobile occupato illegalmente da 29 anni, la politica ha il dovere di accompagnare con la sua autorevolezza quella stessa legalità verso la ricerca del dialogo con le aree dell'antagonismo sociale, affinché non resti fine a sé stessa e prigioniera di un dogma. In ciò, si potrebbe anche fare proprie le parole di Max Casacci, uno fondatore dei Subsonica, che in un post sui social ha commentato: "Quello che auspico anche a nome di una comunità musicale, che contro la chiusura dello spazio di Aska si è espressa in modo molto netto, è che la Città non si lasci forzare la mano da chi non vede grosse differenze tra ordine pubblico e desertificazione sociale".

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