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Ignazio Gardella, un gigante dell'architettura del '900

Aggiornamento: 11 ore fa

Si inaugura oggi, 18 dicembre ad Alessandria, una grande mostra a lui dedicata

di Alberto Ballerino



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Alessandria celebra Ignazio Gardella (Milano, 1905 - Oleggio, 1999) in occasione dei 120 anni dalla nascita, con una grande mostra che viene inaugurata oggi, giovedì 18 dicembre, alle 17,30 nelle sale d’arte di via Machiavelli 13. Si rende così omaggio a uno dei più grandi architetti italiani del Novecento che proprio in questa città ha realizzato alcuni dei suoi più importanti capolavori.


Ignazio Gardella. Progettare la città’ è il titolo della mostra, curata dal critico, storico dell’arte e fotografo Emanuele Piccardo. L’iniziativa nasce da una sinergia tra Comune di Alessandria, ASM Costruire Insieme, Archivio Storico Gardella e associazione culturale plug_in. Importante la collaborazione con Ordine degli Architetti PPC di Alessandria, Ance Alessandria, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria e Centro Studi Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. La mostra resterà aperta fino al 15 marzo 2026 e si potrà visitare dal giovedì alla domenica dalle 15 alle 19; 6 euro è il costo del biglietto.  


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L’esposizione indaga diciassette progetti firmati da Ignazio Gardella tra Alessandria, Milano, Genova e Venezia attraverso documenti originali, fotografie, disegni e schizzi, insieme a una campagna fotografica realizzata appositamente per la mostra da Marco Introini ed Emanuele Piccardo, a cui si affiancano alcune fotografie storiche di Gabriele Basilico. Articolata in tre sezioni, la prima dedicata ai progetti realizzati ad Alessandria, a partire da due capolavori che hanno cambiato il razionalismo italiano come il Dispensario Antitubercolare (1933-1938) e la Casa per Impiegati Borsalino (1948-1952); insieme ad essi anche il Sanatorio Vittorio Emanuele III (1928-1938), la Chiesa del Sanatorio (1929-1934), il Laboratorio di Igiene e Profilassi (1933-1938), il Padiglione Pediatrico dell’Ospedale Infantile Cesare Arrigo (1954-1957), la Taglieria del pelo Borsalino (1949-1956) e l’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta (1959-1967).


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La seconda sezione esplora i progetti in cui Gardella sviluppa e rielabora la ‘lezione di Alessandria’, integrando quei principi in contesti diversi: l’INA-Casa (1951-1956) e la Chiesa a Cesate (1954-1963), la Chiesa di Sant’Enrico a San Donato Milanese (1962-1966), la Casa ai Giardini d’Ercole a Milano (1949-1954), la Casa Cicogna a Venezia (1953-1958), il Piano Particolareggiato di San Donato e San Silvestro (1969-1976), e la Facoltà di Architettura di Genova (1975-1989).     

La terza presenta l’esito del progetto ‘Un giardino per Ignazio Gardella’, svolto dagli studenti del Laboratorio di Progettazione 2A del Dipartimento Architettura e Design dell’Università di Genova nel corso tenuto lo scorso semestre da Emanuele Piccardo sul progetto di un’area prospiciente l’architettura gardelliana della Facoltà di Architettura di Genova.

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Affianca la mostra una pubblicazione di 400 pagine, edita da Plug_in e a cura di Emanuele Piccardo, che raccoglie i contributi degli storici dell’architettura Luca Guido e Gregorio Carboni-Maestri, dello storico locale Roberto Livraghi, dell’urbanista Andrea Vergano, degli architetti Angelo Lorenzi, Claudia Cavallo e Pierluigi Serraino. In programma anche una serie di iniziative collaterali: il Convegno nazionale “Ignazio Gardella. Progettare la città”; uno speciale reading dedicato a Mario Mantelli (1945-2020) che ha valorizzato l’opera di Gardella con scritti, pubblicazioni e conferenze; un programma di visite guidate alle architetture di Ignazio Gardella ad Alessandria in collaborazione con Ordine Architetti PPC Alessandria e Azienda Ospedaliero Universitaria di Alessandria; il convegno “Ignazio Gardella e la Liguria” presso la Fondazione Ordine Architetti PPC Genova.

“Gardella – spiega Emanuele Piccardo - non era un urbanista e un teorico, bensì un architetto che dimostrava la sua teorica urbanistica con le proprie architetture, in ogni suo progetto presentava un’attenzione al contesto. Ad Alessandria ha potuto sperimentare su varie funzioni, da quelle sanitarie alle residenziali”. L’interesse di Piccardo per Gardella nasce molto tempo fa, addirittura all’inizio degli anni Novanta. “All’epoca studiavo nella Facoltà di Architettura, da lui progettata nel centro storico di Genova. Lo conobbi e partecipai come studente e spettatore alla mostra a lui dedicata nel Pac di Milano. Circa due anni fa ho iniziato questa ricerca, che si è articolata in varie fasi. Sono stato anche curatore del Festival di architettura ‘Abitare la Vacanza’ svoltosi lo scorso luglio a Ospedaletti e a Varazze all’interno di una architettura collettiva per la vacanza progettata da Gardella negli anni Settanta: un altro passo di avvicinamento al grande maestro. Il mio interesse per lui nasce dalla capacità di costruire la città attraverso dei frammenti che sono le sue architetture. In modo particolare voglio ricordarne due che hanno cambiato il razionalismo italiano: il Dispensario Antitubercolare e la Casa per gli Impiegati della Borsalino, entrambi ad Alessandria”.


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La mostra non riguarda solo Alessandria. “La tesi è che le opere realizzate in questa città in qualche modo sono state da lui introiettate e riprese in altri contesti. Alessandria è stata per lui una sorta di avanguardia dove ha potuto sperimentare in tante direzioni con funzioni diverse e guardando ai caratteri dell’architettura locale”. Il Dispensario è un esempio molto significativo. “È importante per la storia dell’architettura perché alle tipologie razionaliste bianche legate ai canoni di Le Corbusier contrappone una parete in mattoni: in questo modo garantisce la trasparenza della luce insieme alla riservatezza dei pazienti. È il motivo per cui l’opera fu vista dai razionalisti puri quasi come un atto eretico. Allo stesso tempo il Dispensario si pone contro il Regime fascista che aveva elaborato un manuale sulle architetture dei dispensari, concepite con una separazione tra uomini e donne".


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Risultato. "Gardella invece andò in una direzione contraria. Questa separazione era dettata da un errore di fondo secondo cui gli uomini con la tubercolosi avessero istinti sessuali più forti. Gardella invece, dimostrando la sua sensibilità, preferì non separare la moglie dal marito e la madre dal figlio per restituire una dignità umana. Il suo fu un atteggiamento di genere ante litteram per queste intenzioni volte a rendere lo spazio più umano, pieno di luce e senza dividere i nuclei famigliari. Tutto ciò ha dato più significati al Dispensario, non solo di carattere architettonico ma anche politico. Questa opera fu costruita quasi a insaputa del Regime. Gardella infatti fu richiamato dalla Prefettura proprio perché non aveva rispettato le regole dei dispensari fascisti. Gli fu tolto l’incarico e venne minacciato di essere mandato al confino. Venne salvato dal senatore Teresio Borsalino, ma nel dispensario fu separata la parte degli uomini da quella delle donne e venne spostata la scala di ingresso al centro per enfatizzare il discorso della monumentalità dell’architettura. C’è una foto in cui viene ritratto il Duce che scende dalle scale, ormai poste al centro. Quando negli anni Novanta Gardella si occupa del restauro del dispensario con l’Azienda Ospedaliera e l’architetto Claudio Pesce, allora responsabile dell'ufficio tecnico, la prima modifica messa in atto fu la rimozione della scala, riportata nella posizione originaria”.


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Questa vicenda dice molto sulla personalità di Gardella. “Un architetto dall’alto profilo etico e molto sicuro delle proprie idee. Nel 1949, quando i razionalisti si incontrano nei congressi internazionali di architettura moderna, un testimone oculare racconta che litigò con Le Corbusier sul concetto di città e sul fatto che il piano regolatore non dovesse definire le forme a priori. Questo ho imparato da lui: non si può applicare una regola senza prima avere contezza del contesto e del luogo in cui si va a costruire un’architettura”.   

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