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Torino, Ordine del Giorno in Sala Rossa per Alberto Trentini

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Un Ordine del Giorno sarà depositato oggi, 18 novembre, primo firmatario il presidente della III commissione Lavoro Pierino Crema, per la liberazione di Alberto Trentini, il cooperatore italiano detenuto in un carcere venezuelano, nei pressi della capitale Caracas dal 15 novembre dello scorso anno. Nel documento, si chiede che in attesa del ritorno in patria di Alberto Trentini, gli venga garantita l'assistenza legale e sanitaria di cui necessita. L'ordine del giorno invita il Sindaco e la Giunta ad attivarsi presso la presidenza del Consiglio e il Ministero degli Esteri per sostenere tali iniziative e a sostenere "le iniziative del territorio e a organizzarne di proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica", raccogliendo così l'invito più volte riproposto della madre di Alberto, Armanda Colusso, per l'immediata scarcerazione del figlio.


Alta tensione tra Stati Uniti e Venezuela

La situazione internazionale non è di buon auspicio per le sorti di Alberto Trentini. Tutti guardano altrove e le condizioni dei detenuti politici in Venezuela, quasi mille, insieme a quelle dell'operatore umanitario di Venezia, di cui non si conoscono neppure le accuse con le quali viene trattenute nel carcere di El Rodeo I, sono un argomento retrocesso nell'agenda diplomatica. Una pratica di serie B.

Il Paese sudamericano è sotto assedio, militare ed economico, per le decisioni assunte dal presidente Donald Trump. Ieri, la Casa Bianca è stata esplicita e ha reso noto qual è il suo reale obiettivo, quasi un avviso di sfratto al regime Maduro: il petrolio del Venezuela con le sue immense riserve, quell'oro nero che sarebbe stato sottratto agli Stati Uniti con la nazionalizzazione del settore avvenuto il 1° gennaio 1976, durante la prima presidenza di Carlos Andrés Pérez. Mezzo secolo fa, il Venezuela assunse il controllo dell'esplorazione e dello sfruttamento dei giacimenti tramite Petróleos de Venezuela (PDVSA), un'azienda di Stato. Un ulteriore stretta avvenne nel 2007 con l'allora presidente Hugo Chávez che modificò la legislazione mettendo nei fatti in posizioni di subalternità le multinazionali petrolifere.

Ora, Trump rivuole indietro quei diritti a tutto tondo. E lo ha confermato ieri, parlando dalla base aerea di Andrew nel Maryland, che ospita la flotta presidenziale di Air Force One, a una ventina di chilometri da Washington. Inequivocabili le sue parole: "Ci hanno portato via tutto il petrolio non molto tempo fa. Lo vogliamo indietro. Ce l'hanno portata via illegalmente". Il blocco totale e completo delle petroliere dai porti venezuelani ordinato dal presidente americano si inserisce in questo quadro di escalation dell'offensiva nei confronti di Maduro. In risposta, Caracas ha chiesto la riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu.

Intanto, si accentua la pressione militare. Il Comando Sud delle Forze armate americane, guidate dal Segretario alla Guerra Pete Hegseth, hanno comunicato di avere affondato un'imbarcazione con a bordo quattro persone (tutti morte) presumibilmente, secondo informazioni dell'intelligence, collegata al traffico di droga.



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