Punture di spillo. Le macchine, noi e le conseguenze complicate
- a cura di Pietro Terna
- 17 set
- Tempo di lettura: 7 min
a cura di Pietro Terna

Arrivano le macchine, dicevamo nello spillo della scorsa settimana.[1] La loro presenza, sempre più massiccia, investirà tutto il mondo: USA, UE, Cina, India, America Latina, Africa. La ripartizione del reddito e la povertà potranno essere accentuate, ma forse è anche possibile la ricerca di una maggiore uguaglianza, dopo tanti secoli di azioni predatorie in tutti gli ambiti e luoghi.
Proviamo timidamente a ragionare su temi così giganteschi, dalla dimensione mondiale a quella di casa nostra, in Piemonte e a Torino. Mi permetto di citarmi. In uno spillo di qualche mese fa[2] mostravo il mondo diviso tra Nord ricco e Sud povero, con la determinante fondamentale del tipo di prodotti scambiati: semplici e quindi tali da incorporare lavoro povero, o complessi, ricchi di tecnologie e lavoro altamente qualificato. L’analisi in prospettiva è ancora più complicata.
Le radici sono lontane, con Ricardo[3] che, all’inizio del XIX secolo, scrive che dopo aver esposto una visione del tutto positiva dell’effetto delle macchine, vantaggioso per tutti – cioè per i proprietari terrieri, o capitalisti, e per gli operai, con i primi che ricevono maggiori rendite o profitti e i secondi che beneficiano dei minori prezzi dei prodotti, si è reso conto «che la stessa causa che può aumentare il reddito netto del paese, può allo stesso tempo rendere la popolazione ridondante e deteriorare le condizioni dei lavoratori».[4]
Con Marx, che nel 1857 scrive nel cosiddetto Frammento sulle macchine[5] parole profetiche se lette con gli occhi di oggi: «una volta assunto nel processo produttivo del capitale, il mezzo di lavoro percorre diverse metamorfosi, di cui l'ultima è la macchina o, piuttosto, un sistema automatico di macchine (…), messo in moto da un automa, forza motrice che muove se stessa; questo automa è costituito di numerosi organi meccanici e intellettuali, di modo che gli operai stessi sono determinati solo come organi coscienti di esso».

La disoccupazione causata dalle macchine è una specie di al lupo al lupo, ma per molti motivi – guerre, recessioni, pandemie, rivoluzioni – il lupo non è mai arrivato, mentre però crescevano le disuguaglianze, nel mondo e localmente. Ora il lupo c’è, con l’incredibile filmato della produzione automatica di automobili già richiamato nello spillo della scorsa settimana: una ogni 76 secondi.[6] Chi le compera, quelle automobili? I robot che le hanno prodotte? Ma se non sono neanche antropomorfi!
Non biasimatemi per l’ultima battuta, ora faccio un passo avanti: chi le ha costruite quelle macchine che producono quelle automobili? Certamente altre macchine, con un contributo di lavoro molto qualificato e, al momento, ancora molto elevato, anche se destinato a decrescere. È importante un ragionamento di breve e medio periodo, valido per due decenni almeno. Quella produzione è, spero non mi si risponda “era”, un compito adatto per noi, come realtà produttiva torinese e in gran parte piemontese. Si tratta di far interagire l’IA con le macchine e l’IA, il lavoro qualificato, il progresso teorico, la cultura ingegneristica, per progettare e costruire le macchine che faranno le macchine.
Un obiettivo possibile per la fondazione AI4I, [7] dedicata all’intelligenza artificiale. È basata a Torino, con una visione certo non locale, ma può produrre importanti ricadute locali. Certo ben diverse da quelle di chi chiama a Torino[8] Jeff Bezos con tutta la sua Amazon al seguito (ma senza il corteo nuziale, rimasto per fortuna a Venezia).
In una prospettiva di lungo termine, è il mondo che è destinato a cambiare, con una vera rivoluzione in cui i beni prodotti in scala industriale sono derivano da processi automatizzati direttamente e indirettamente, con i beni produttivi a loro volta prodotti dalle macchine. Qual è lo spazio per il lavoro, a meno che costi meno dei robot, in una prospettiva distopica che certo non possiamo includere nel novero delle possibilità. Che cosa deve cambiare?
Coserelle come la proprietà dei beni di produzione, la programmazione dell’economia, i rapporti sociali, il riconoscimento e il significato del lavoro. E non nella prospettiva che l’Economist[9] ha recentemente indicato come realistica per la Cina, scrivendo «La Cina sarà in grado di affrontare un futuro di deindustrializzazione?
I funzionari del Partito Comunista si trovano di fronte a una difficile svolta ideologica». Deindustrializzazione, spiega l’articolo, perché la rapida espansione della capacità produttiva cinese ha invaso i mercati esteri e ha portato a feroci guerre di prezzi sul mercato interno e ora i leader cinesi stanno iniziando a puntare su una fonte di crescita alternativa e per loro meno conosciuta: i servizi. Allarme: di povertà in povertà, cioè dai bassi salari cinesi per indurre risparmio forzato e poter esportare, ai bassi salari del terziario. Una figura di sintesi accompagna l’articolo e mostra l’industria che si disgrega, il commercio che cresce con i consumi interni, il settore sanitario che si sviluppa (bene), i servizi digitali in sviluppo e la trionfante logistica. Banalizzando, la consegna delle merci. È questo che vogliamo?

Ragioniamo invece sulla possibilità di liberare tutti dal peso del lavoro-condanna, lasciandolo alle macchine. La straordinaria pensatrice e filosofa politica Hannah Arendt[10] nel suo libro del 1958 sulla vita, il lavoro e l’impegno[11] ci spiega (70 anni fa) che:
La libertà dal lavoro in se stessa non è nuova; un tempo era uno dei privilegi più radicati di pochi individui. E da questo punto di vista può sembrare che il progresso scientifico e l'evoluzione della tecnica siano stati impiegati solo per conseguire ciò che tutte le generazioni passate avevano sognato senza poterlo realizzare. Tuttavia è così solo in apparenza. L'età moderna ha comportato anche una glorificazione teoretica del lavoro, e di fatto è sfociata in una trasformazione dell'intera società in una società di lavoro. La realizzazione del desiderio, però, come avviene nelle fiabe, giunge al momento in cui può essere solo una delusione.
La parte construens del suo ragionamento, un vero invito per noi ora, è di imparare a distinguere tra il lavoro, necessario per la sopravvivenza, le opere – il regno del faber, colui che fabbrica, che plasma la materia secondo uno scopo – e le azioni, che popolano l’ambito della libertà, della parola, dell’iniziativa, delle relazioni. Le macchine non ci sostituiranno nella seconda e terza forma di impegno!

Come può realizzarsi uno scenario virtuoso come quello disegnato da Arendt? Una risposta molto profonda deriva dalla lettura di un breve scritto, [12] datato 1950, del gesuita Pierre Teilhard de Chardin.[13] Che cosa possiamo trarre da quella riflessione di un personaggio profondamente innovatore, tanto che le cui opere furono accolte con non pochi contrasti? Riportiamo:
È evidente – così come l'ottica e la fotografia sono diventate, nel giro di un secolo, il naturale prolungamento della nostra vista – che le nuove macchine capaci di combinare elettronicamente "neuroni" si preparano a diventare il prolungamento naturale e universale del nostro cervello: amplificatori prodigiosi, acceleratori delle nostre facoltà, strumenti destinati non soltanto a estendere il nostro sguardo, ma a moltiplicare la nostra capacità di pensare.
[Breve digressione sulla fantascienza delle macchine che ci sostituiscono, NdR]
Non sarebbe però meno antiscientifico temere che, con la moltiplicazione delle “Bessie” e dei “Mark” [nomi delle macchine di allora, NdR], l'uomo finisca per lasciare intorpidire e regredire il proprio sistema nervoso. Nel caso delle nuove macchine che macinano idee e numeri – come in quello delle macchine che lavorano la materia – la funzione degli automatismi artificialmente creati dalla Vita riflessa non può essere che una: liberare, e questa volta a un livello mai raggiunto prima, una massa nuova di energia psichica, immediatamente trasformabile in forme ancora più alte di comprensione e di immaginazione.
1950, un progetto per costruire; 2025 una realtà in movimento, ai suoi primi passi. Costruzione, non previsione, la differenza è enorme. Costruire significa assumere e attribuire responsabilità di agire, nel significato che Hannah Arendt dà all’azione. Prevedere è un esercizio di maggior o minor successo, ma passivo.[14]
Come uscire dal livello un po’ stratosferico di questo spillo? Tocca al personaggio che ogni settimana conclude la puntura di spillo e, ricordando Guccini,[15] usa il nom de plume di Baccelliere: eccolo.

"Se anche le macchine hanno una coscienza, stabilire che cosa ci distingua da queste diventa molto difficile ma non è impossibile. Nel 1996 Fabrizio De André pubblicò il disco Anime salve. Sarebbe stato – suo malgrado – l’ultimo della sua discografia. Una discografia non nutritissima, specie nell’ultimo periodo, ma caratterizzata da una profondità e da una cura per i dettagli uniche. Anime salve è quasi un testamento spirituale. Ma come spesso accade quando la spiritualità incontra la passione è anche un atto politico. De André si fece aiutare da Ivano Fossati. Contraddizioni. Non gli piaceva lavorare da solo, nonostante amasse considerarsi come una minoranza di uno. De André parla di anime e di spiriti. Canta versi come che bell’inganno sei anima mia o ancora cose svanite facce e poi il futuro[16].
Il futuro come qualcosa di inevitabile e l’anima come tratto distintivo ma anche inganno dell’umano. Un umano che nella rinuncia a trovare un ruolo nella maggioranza trova la propria cifra caratteristica. L’umano è destinato a quei pochi che sanno accettare la solitudine come atto salvifico. Una nuova coscienza che si fa progetto. De André riteneva che questa posizione non potesse appartenere a politici e decisori perché per definizione destinati ad alimentarsi del consenso. Tuttavia, è molto probabile che la coscienza umana stia in chi viaggia in direzione ostinata e contraria.[17] Difficile forse farne un progetto politico, ma utile tenerla a mente come ideale".
Note
[1] Punture di spillo. Le macchine tra noi, ma anche per noi? https://www.laportadivetro.com/post/punture-di-spillo-le-macchine-tra-noi-ma-anche-per-noi
[2] Punture di spillo. Povertà e fame: "Abbiamo il dovere di pensare ai rimedi", https://www.laportadivetro.com/post/punture-di-spillo-povertà-e-fame-abbiamo-il-dovere-di-pensare-ai-rimedi
[4] David Ricardo, 1821 (1817 first ed.). On the Principles of Political Economy and Taxation. Third. London: John Murray, https://www.econlib.org/library/Ricardo/ricP.html
«that the same cause which may increase the net revenue of the country, may at the same time render the population redundant, and deteriorate the condition of the labourer.»
[5] Karl Marx (1857-8). Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie - Fondamenti della critica dell’economia politica, https://www.sitocomunista.it/marxismo/Marx/grundrisse/grundrisse_indice.html
[8] https://www.ansa.it/canale_tecnologia/notizie/tecnologia/2025/09/11/jeff-bezos-ospite-donore-allitalian-tech-week_055f0c81-5520-4968-929c-7beaf211cab2.html
[9] 21 agosto 2025, Can China cope with a deindustrialised future? a https://www.economist.com/finance-and-economics/2025/08/21/can-china-cope-with-a-deindustrialised-future?giftId=27c9ba1d-efb5-4570-884b-95cbcbf1e96b&utm_campaign=gifted_article
[10] https://en.wikipedia.org/wiki/Hannah_Arendt#/media/File:Hannah_Arendt_auf_dem_1._Kulturkritikerkongres
[11] Hannah Arendt (1958, 1964). The Human Condition - (trad.) Vita activa. La condizione umana. University of Chicago Press, Bompiani.
[12] Si riporta, da una pagina dell’Osservatore Romano del 1° settembre 2025, il testo di Macchine combinatorie e super-cervelli, https://terna.to.it/PierreTeilhard-de-Chardin1950-OR20250901p10.pdf
[14] Ho pubblicato il link alla pagina con lo scritto di Teilhard de Chardin in un gruppo di discussione e Giovanni Ferrero, che molti lettori conoscono, ha commentato: « Così condivisibile da chiedersi perché non ci sia impegno culturale e politico conseguente, e si continui a cercare di prevedere il futuro invece di costruirlo». Un grande grazie per quel commento.













































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