Poirino, chiusa la Casa delle donne: Sindaco sotto accusa
- Stefano E. Rossi
- 10 lug
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di Stefano E. Rossi

Poirino non è solo asparagi. Di per sé può suonare come un'ovvietà. Non è solo agricoltura, benché sia largamente distribuita su frazioni e cascine nel bel mezzo di un bacino fertile definito, a pieno titolo, l’orto di Torino. E questo appare scontato, insieme alla considerazione che è un attivo centro urbano, con spiccata vocazione commerciale e artigianale. E tra i suoi punti di forza ha anche un forte richiamo gastronomico, sportivo-ricreativo. Ultimo, ha una tradizione storico-culturale ed è di ben radicata sensibilità ai temi sociali. Almeno fino a quando, ed è qui che la cosa non è più né ovvia, né scontata e soprattutto non banale, il sindaco, Nicolas Padalino, non ha deciso di chiudere la Casa delle Donne, con tanto di sfratto, già eseguito, di un’ospite vittima di violenza di genere.
Domani mattina, venerdì 11 luglio alle ore 10:00, la Cgil ha convocato, con un suo comunicato stampa, un presidio davanti al Comune. Vuole contrastare una delibera di Giunta che è stata adottata senza la previsione di una ricollocazione alternativa. Si vuole denunciare l’atteggiamento di colpevolizzazione della vittima e i danni derivanti dall’interruzione del percorso di autonomia, oltre che del tirocinio lavorativo, ormai prossimo alla sua conclusione.
La risposta del Sindaco era già pervenuta. Invece di rilasciare dichiarazioni spontanee, aveva preferito rispondere all’interrogazione di una Consigliera di minoranza, durante una seduta del Consiglio Comunale. La cooperativa titolare del servizio risulterebbe ripetutamente inadempiente. La scelta, asserisce, oltre che rispondere a ragioni economiche avrebbe origini burocratiche e gestionali e non comporterebbe l’interruzione delle attività. Anzi, è già previsto il ripristino dello sportello, che verrà assegnato all’Associazione Nazionale dei Carabinieri. Il servizio sarà assicurato da un militare maschio con idoneo profilo curriculare.
La responsabile del progetto, Adriana Sumini della cooperativa Mirafiori, è ora alle strette. Deve riallocare urgentemente la persona, vista la scadenza ravvicinata per la rendicontazione alla Regione a conclusione del percorso. Contesta le dichiarazioni del Sindaco sulle inadempienze e conferma la chiusura, lo scorso 13 giugno, del centro anti violenza e lo sfratto della signora, ospitata da marzo. Imputa all’amministrazione comunale di non adempiere alla convenzione, risalente al 2016 e rinnovata un anno fa per un quinquennio. Siamo allo scontro di dichiarazioni. Cui prodest? La scelta crea problemi alla vita delle persone. L’interruzione ha generato non solo il blocco di un progetto di protezione, ma anche il desiderio di autonomia e il proposito di ricostituirsi una vita.
Nei giorni scorsi Cgil, Cisl e Uil unitariamente hanno formalizzato una richiesta di udienza al primo cittadino. La mobilitazione riguarda anche molte altre forze politiche e sociali, che stanno rispondendo ai fatti con diverse attività. Al presidio di domani hanno aderito molte associazioni e partiti. Per Valentina Cera, consigliera regionale Avs, restringere i nostri diritti sembra essere la stella polare dell’azione di governo di questa destra in Regione e nei Comuni da loro guidati. Silvia Lorenzino, portavoce provinciale di Donne Democratiche, puntualizza che occuparsi di violenza di genere richiede competenze e professionalità specifiche e che è auspicabile che il Comune si rivolga nuovamente ai centri accreditati, che svolgono un servizio riconosciuto dalla Regione Piemonte. La presidente del Pd piemontese, la consigliera regionale Nadia Conticelli, auspica che l’amministrazione faccia un passo indietro, il Sindaco dica che ha sbagliato e convochi chi si occupa di violenza di genere. Che si dibatta in termini politici e burocratici di qualcosa che non si conosce emerge in maniera lampante.
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