Pd Torino, anche il "Fortino di Asterix" può crollare...
- Beppe Borgogno
- 23 lug
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di Beppe Borgogno

Le cronache di questi giorni offrono nuovamente notizie e materiale di prima mano per una franca discussione all'interno del Partito Democratico torinese. Sempre e solo se il partito avesse intenzione di affrontarla. E non lo sosteniamo a caso. Infatti, lo scorso anno, poco prima delle elezioni regionali, fu il cosiddetto “caso Gallo” a investirlo e, per alcuni versi, a scuoterlo. Nella circostanza, in molti, dentro e fuori il partito, parlarono di sopravvivenza dei metodi da “prima Repubblica”, di signori delle tessere, della necessità di una riflessione politica profonda. In molti, almeno tra i commentatori meno interessati alla pura speculazione, insistettero giustamente sulla necessità di tenere comunque separate la vicenda giudiziaria e quella politica, e sostennero il bisogno di discutere sulla debolezza della politica, sui suoi metodi di selezione della classe dirigente, sulla natura e la qualità della democrazia interna. Ed anche per questo, a prescindere dal corso della giustizia, sull’attualità della “questione morale” per i partiti.
Analogie e differenza tra "caso Gallo" e "caso Laus"
Ora il PD torinese si trova di fronte ad un caso molto diverso da quello dello scorso anno, ma che per alcuni aspetti può portare alle stesse conclusioni, almeno sul piano delle esigenze politiche. L'inchiesta giudiziaria che ha investito il parlamentare Mauro Laus e alcune figure istituzionali a lui legate (oltre al coinvolgimento di suoi famigliari) attraverso una cooperativa di servizi di cui ha avuto ruoli di primo piano, pare non avere connessioni con vicende da “prima Repubblica”, né con i sospetti circa l’uso di metodi discutibili per ottenere voti e consenso. C’è però, a quanto si legge, un'indagine sull’uso della parte pubblica delle risorse finanziarie ottenute della cooperativa, sul suo funzionamento interno, sul rapporto tra la cooperativa e la sua attività, infine sul sostegno dato ad esponenti del PD locale, oggi amministratori pubblici, per la loro elezione.
A legare il cosiddetto “caso Gallo” e il “caso Laus” c’è però almeno una cosa che, per quanto nulla ha a che fare con le vicende giudiziarie, meriterebbe ben più di una riflessione: entrambi i protagonisti, e sono osservazioni e commenti registrati nel corso di questi anni da militanti e dirigenti stessi del Pd torinese, sarebbero gli animatori delle principali “correnti” interne del partito, disegnate su base personale e finalizzate sul piano elettorale, fondate sul controllo di voti e tessere, più che sul confronto politico-programmatico. Confronto peraltro ai minimi sindacali da alcuni lustri.
Quanto basta per far tornare di attualità il tema della democrazia nei partiti, della loro natura e del loro ruolo di strumenti della democrazia e costruttori di classe dirigente, per ritornare a quanto esposto sopra. Ed anche per far riemergere molti dei temi relativi alla natura stessa del PD, alla sua linea politica, alla sua capacità di discutere ed interrogarsi piuttosto che pensare di poter sempre riaggiustare tutto, o quasi, attraverso la modifica degli equilibri interni: logica e pratica alla quale la sinistra interna, anche dopo la segreteria Schlein, sembrerebbe non aver saputo opporre valide alternative.
Discutere, riflettere, proporre e coinvolgere
Dunque, per chi considera, pur tra dubbi ed incertezze, il Partito Democratico un perno essenziale della politica torinese e nazionale, ciò che la cronaca offre in questi giorni non può essere trascurato o risolto accusando gli avversari di “speculazione politica”. Speculazione che esiste, senza dubbio, soprattutto a livello fisiologico in un rimando alla realtà del dibattito tra partiti che scade sempre più spesso in mera occasione per trarre qualche vantaggio contingente e sovente effimero. Nulla di nuovo sotto il sole. Anzi. Si tratta di una grande opportunità da cogliere, perché maturità e serietà della politica si osservano proprio dalla capacità di rispondere alle speculazioni attraverso un esame di sé stessi, per correggere davvero ciò che non funziona, superando i timori di scoprire la radice dei problemi. Vale a Torino come a Roma.
Il Partito Democratico torinese ha annunciato il proprio congresso per il prossimo anno. Vedremo se saprà usare bene quell’impegno, per discutere proprio di questi argomenti. In primis, per discutere del futuro della città. Ma non certo perché tirato per la giacchetta dai commenti (che odorano di forte strumentalizzazione, per restare in tema) dei potenziali alleati del Movimento 5 stelle, lesti nel prendere spunto dal caso Laus per invocare una radicale discontinuità, a cominciare dal candidato sindaco, in prospettiva di un’alleanza che risulterebbe probabilmente indispensabile al centrosinistra per vincere, in caso di approvazione della riforma che porta al 40% la soglia per la vittoria al primo turno.
Discutere del futuro di Torino e del contributo dell’attuale amministrazione è davvero necessario. Alla stessa stregua è necessario fare un bilancio prima che il tempo per cambiare passo e modificare le priorità, o fare scelte importanti, diventi eseguo. Anzi. Forse sarebbe stato utile anticipare una riflessione di questo genere, e soprattutto aprirla alla città nelle forme di maggiore coinvolgimento possibili.
Torino negli anni è stata più volte battezzata “il fortino di Asterix” in cui il centrosinistra ha saputo far emergere la propria capacità di resistere all’avanzata della destra ed elaborare strade nuove. Bisogna evitare che in quel fortino rimanga solo ciò che resta di un centrosinistra incapace di correggere i propri errori e i propri difetti.
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