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"Non scarichiamo tutto sulla scuola: l’educazione è alleanza"

Aggiornamento: 22 dic 2023

di Stefano Capello*

Recenti e non recenti fatti di cronaca nera, di raccapricciante violenza, che hanno avuto come protagonisti in negativo i nostri giovani, riportano costantemente i discorsi in quel collo di bottiglia che è la funzione scolastica, che tutti vorremmo vivere come la panacea di tutti i mali nella ricerca (vana) dell'educazione diffusa, ma che invece finisce per essere strapazzata come il principale capro espiatorio di ogni ineducazione o peggio maleducazione. Posizione comoda e fondamentalmente egoistica per mettere la società nel suo insieme al riparo di ogni responsabilità personale o gruppale. Che però sta mostrando la corda.

Giorgio Gaber cantava la libertà come partecipazione nel lontano 1972, oggi potremmo interpretare una “cover” del brano definendo anche l’educazione come partecipazione. Questo perché sempre più spesso si percepisce il tentativo di settorializzare l’educazione definendola ora questione di famiglia, ora di scuola , ora sociale, ora politica. Questi sono tentativi, peraltro maldestri, di sottrarsi alle proprie responsabilità, delegando ad altri azioni, compiti e soprattutto distribuendo colpe.

L’uomo ha il compito di divenire sé stesso, di fare sintesi e cercare unità, per questo l’educazione non può essere compartimentata, perché altrimenti tradirebbe il suo scopo. Io sono un uomo di scuola e come tale, credo fermamente che la scuola sia un luogo privilegiato per educare, ma la scuola da sola non può nulla, perché l’educazione è, appunto, partecipazione.

La scuola è un super-sistema, o meglio, è un sistema di sistemi, dove universi e cosmologie di valori distanti e differenti si intersecano, si intrecciano, si contaminano a vicenda, si scontrano e si allontanano pur rimanendo nella stessa orbita. La scuola può essere un punto di riferimento educativo se al suo agire partecipano tutti i suoi attori, cioè : alunni, insegnanti, genitori ed anche politica.

Parlo di un agire unitario, perché la scuola è presente a casa e la casa è presente a scuola, poiché i luoghi cambiano ma i protagonisti, cioè i ragazzi, son sempre gli stessi, ovunque si trovino.

Partecipare significherà accettare i propri compiti e non delegarli agli altri.

Partecipare significherà accettare di essere parte di un sistema e non di esserne gli unici tenutari.

Partecipare significherà accettare di mettere al centro non l’istituzione che si rappresenta ma le persone alle quali siamo mandati.

Penso sia necessario andare anche oltre al concetto di partecipazione e giungere a quello di alleanza, di alleanza educativa.

Il termine alleanza nel suo significato biblico poggia su cinque significati:

1) alleanza come amicizia;

2) alleanza come chiave ermeneutica della storia;

3) alleanza come cammino di liberazione;

4) alleanza come acquisizione di una identità progettuale;

5) alleanza come modello di fraternità.

Se la scuola, la famiglia e la politica, sapranno fare alleanza, si potrà condurre bambini, ragazzi e giovani all’unità ed alla salvezza, senza cercare colpe ma alleanze educative.

E di questo potremmo prenderci il merito.


* Delegato arcivescovile della Diocesi di Torino per l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC).


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