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Leone XIV in cammino verso l'ecumenismo di Nicea


di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi


Il Concilio di Nicea Archivio capitolare di Vercelli (IX secolo) da Wikipedia
Il Concilio di Nicea Archivio capitolare di Vercelli (IX secolo) da Wikipedia

Il primo viaggio del nuovo Papa, riprendendo un desiderio di Papa Francesco, sarà quello di recarsi a Nicea, oggi in Turchia, dove si svolse un fondamentale Concilio che segnò la definizione e la codificazione del credo cristiano così come lo conosciamo oggi: un evento storico di eccezionale portata e un’occasione per riflettere sui principi fondanti della nostra civiltà, uscendo da sensazionalismo del contingente per ragionare sull’evolversi del pensiero. Come è stato anticipato ai microfoni di Tv 2000, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha confermato l'intenzione del Pontefice. Non è ancora stata fissata una data, ma sarà nell'anno in corso, forse a fine novembre, per la festa di Sant’Andrea (il 30), fratello dell’apostolo Pietro. «Questo è il nostro desiderio e il nostro augurio e sarà nostro onore accogliere il Papa, forse nel primo viaggio. A Nicea ma anche una visita alla Chiesa di Costantinopoli e al Patriarcato», questa la frase al termine dell'incontro del 19 maggio scorso nel Palazzo Apostolico con Papa Prevost.

 

Millesettecento anni fa, 318 ecclesiastici partivano per raggiungere Nicea, un'antica città dell'Asia Minore, situata sulle rive del lago Ascanio (l’attuale İznikcittà della Turchia): solo 5 arrivavano dall’Occidente (Marco di Calabria dall'Italia, Ceciliano di Cartagine dall'Africa, Osio di Cordova dalla Spagna, Nicasio di Die dalla Gallia, Domno di Sirmio dalla provincia danubiana e due rappresentanti del Papa Silvestro I) gli altri erano tutti orientali, ma all’epoca il centro del mondo si era già trasferito verso l’Oriente. L’imperatore Costantino aveva invitato tutti i 1800 vescovi della Chiesa cristiana (circa 1000 in Oriente e 800 in Occidente, ma riuscirono a partecipare, si stima, soltanto in 318), con spese di viaggio e di soggiorno a carico delle finanze dello Stato, auspicandosi che l’universalità dei pastori potesse chiarite alcune dispute che stavano lacerando le relazioni all’interno dell’Impero romano, minandone l’unità.


La ricerca di unità religiosa della Chiesa

Il mettere in comune le conoscenze attraverso uno studio compiuto, condotto dai massimi sapienti dell’epoca avrebbe dovuto portare ad una verità assoluta e incontrovertibile (la storia ogni tanto presenta la necessità di mettere ordine nel sapere acquisito). Mancando internet, il confronto fra tesi contrapposte doveva avvenire con un contatto personale con scambio di missive o con colloqui dettati dal convivere per un certo periodo e così dal 19 giugno al 25 luglio del 325 nel palazzo imperiale si discusse su quali fossero le verità sui temi allora dibattuti. La dialettica è da sempre uno strumento per raggiungere una maggiore conoscenza e sicuramente il Concilio di Nicea ha rappresentato uno dei più importanti momenti di crescita culturale del mondo che ha gravitato nell’area mediterranea.

L’imperatore, ritenendosi il garante della pace all’interno dell’impero, ma anche ultimo arbitro nella ricerca della verità, ritenne opportuno mettere a confronto le diverse teorie, obbligando i singoli contendenti a portare le ragioni a sostegno del loro pensiero.


Dispute teologiche, ma non solo

L’occasione fu offerta dalla disputa ”cristologica” scatenata dal teologo Ario che sosteneva l’unicità del Dio, come eterno e indivisibile: ne conseguiva che il Figlio di Dio, in quanto "generato", non poteva essere considerato Dio allo stesso modo del Padre: essendo infatti un "figlio" (e quindi "venuto dopo") non poteva essere eterno come il Padre, ma ne è subordinato (ma ciò contrastava con le Scritture «Io e il Padre siamo una cosa sola», Gv 10,30). Ario e di Eusebio di Nicomedia (il vescovo che probabilmente battezzò l’imperatore) furono messi in minoranza, forse anche a causa della loro arroganza che indispettì la maggioranza dei partecipanti. Infatti, il comportamento dei due, per nulla conciliante, indispose la fazione moderata che votò contro di loro.

Dal confronto emersero anche questioni di rilevante importanza nel definire il riconoscimento di una preminenza dei Vescovi di Roma e Alessandria (specie nel riconoscere i nuovi vescovi) e conferì un particolare onore al   vescovo di Gerusalemme (di fatto una prima gerarchizzazione delle strutture ecclesiastiche).

Il Concilio di Nicea deve essere ricordato perché istituì un sistema organico di attività rivolte all'assistenza, in quanto si sancì che tra i compiti irrinunciabili della Chiesa vi era quello di provvedere ai poveri, alle vedove e ai pellegrini. Tali compiti venivano già assolti fin dall’inizio della storia della Chiesa da tutti gli aderenti e, col passare dei secoli, si avviò anche un processo di specializzazione, volto ad individuare persone addette a tale scopo: i diaconi.

Con Nicea, l’impegno di fornire assistenza divenne un obbligo istituzionale, imponendo a tutti i vescovi d'istituire in ogni città un luogo (xenodochium) per poter dare ricovero ai pellegrini, ai poveri bisognosi e agli infermi. La gestione era affidata ad un monaco o ad un laico disponibile, che senza legami familiari, era disposto a dedicarsi alle attività di assistenza e per assolvere a questa missione doveva essere assegnato un patrimonio, in base alle disponibilità, appositamente dedicato.

Se non ci fosse stato il Concilio di Nicea il nostro mondo sarebbe profondamente diverso e per questo la visita annunciata del Santo Padre in quei luoghi riporterebbe a riflettere su cosa siamo e perché lo siamo.

 

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