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Un libro per voi: "Le parole di Giorgia: Giovanni Spampinato era mio figlio"


Domenica scorsa, 18 maggio, è stato presentato in anteprima a Ragusa, "Le parole di Giorgia, Giovanni Spampinato era mio figlio", scritto da Angelo Di Natale, giornalista tra i più impegnati in Sicilia e tra i più colpiti sul piano professionale per il suo impegno etico-morale da quella nebulosa che in un recente passato si è rivelata più al servizio di interessi privati che collettivi. Con Di Natale ha dialogato Margherita Bonomo, docente di Storia contemporanea all'Università di Catania ed ha partecipato il fratello minore di Giovanni Spampinato, Salvatore, che all'epoca del delitto aveva sedici anni. Salvatore Spampinato è autore del libro "Assassinato perché cercava la verità" (Operaincerta Editore, 2022) e da anni è artefice di una tenace azione di impegno quotidiano nel tentativo di diradare le tante ombre sull'omicidio del fratello e le tante zone oscure che in oltre mezzo secolo hanno impedito che il sacrificio del giornalista potesse essere conosciuto nella sua limpida grandezza. Le parole di Giorgia è stato scritto da Di Natale per il teatro ed è la prima parte di una trilogia che, mettendo a confronto il dramma di due madri, indaga l’uccisione di Giovanni Spampinato e quella di Giuseppe Impastato, accomunati nello stesso destino di morte per avere detto la verità e divisi da una sorte finora diversa: il conduttore di Radio Aut ebbe subito il riconoscimento ‘popolare’ del perché del suo omicidio e quindi del valore della sua opera nonché, con vent’anni di ritardo, anche giustizia; il giornalista ragusano ancora oggi, 53 anni dal suo assassinio, né l’una, né l’altra.

Tutti conoscono Giuseppe, anzi Peppino, Impastato. Pochi, pochissimi - quasi nessuno fuori dalla sua piccola città di periferia, Giovanni Spampinato. Eppure i due giovani, morti il primo a 30 anni e il secondo prima di compiere i 26, hanno molto in comune: entrambi uccisi perché cercavano e raccontavano pubblicamente la verità, pezzi di una stessa verità, a Cinisi come a Ragusa. La verità di una mafia che s’insinua nelle istituzioni, corrompe settori del potere politico e rapina le risorse pubbliche condannando la comunità, soprattutto i più poveri e deboli, ad una vita ingiusta, non libera e non dignitosa.

Se Impastato fu ucciso il 9 maggio del 1978 per ordine del capomafia Gaetano Badalamenti che non poteva sopportare, secondo le regole di Cosa nostra, le accuse pubbliche, precise e documentate, del fondatore e conduttore di Radio Aut, la volontà di uccidere Spampinato, corrispondente da Ragusa del quotidiano L’Ora di Palermo – paradossalmente, alla luce dell’immediata confessione di colui che gli ha sparato - presenta ancora oggi, oltre mezzo secolo dopo, ombre e misteri: ci furono dei mandanti rimasti occulti e ci furono altri esecutori oltre al reo confesso, vittima a sua volta di ricatto e costretto alla messinscena. Ciò ha oscurato anche le vere ragioni del delitto, avvenuto il 27 ottobre del 1972, togliendo al giornalista il riconoscimento della verità sul perché della sua uccisione, condannandolo alla damnatio memoriae e sminuendone l’opera di denuncia dell’eversione nera e delle azioni contro la democrazia fin da quando non era ancora noto il fallito golpe Borghese (8 dicembre 1970) .

Per ristabilire la verità, scandagliando analogie e differenze tra le due tragiche vicende avvenute a cinque anni e mezzo di distanza l’una dall’altra – nell’Italia degli anni ’70 della strategia della tensione, delle stragi e dell’alleanza masso-fascio-mafiosa – Angelo Di Natale, con Le parole di Giorgia, si affida alla madre di Spampinato della quale ci consegna un monologo, improvviso e intenso, che scatta nel cuore e nella mente della donna alla vista della grande mobilitazione di giovani a Cinisi, nel primo anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato, trasformatasi nella prima manifestazione nazionale antimafia della storia.   

 

Note

[1] Angelo Di Natale, Le parole di Giorgia, Giovanni Spampinato era mio figli, Operaincerta Editore, 2025

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