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La Posta della Porta di Vetro. Caso Askatasuna: "Espressione democratica il corteo di sabato"

Aggiornamento: 12 minuti fa

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L'eco dello sgombero dell'immobile di corso Regina Margherita 47, lentamente scemata a livello nazionale, continua a polarizzare la cronaca di Torino ed evidenzia in misura direttamente proporzionale allo sviluppo della discussione la divaricazione tra le posizioni del centro sinistra, tese al recupero dell'immobile come "bene comune", e la risolutezza del centro destra a chiedere senza se e senza ma la chiusura del centro sociale Askatasuna, considerato un focolaio di violenza.

In particolare, dopo l'intervento del sindaco Stefano Lo Russo in Consiglio comunale (in https://www.laportadivetro.com/post/caso-askatasuna-le-parole-del-sindaco-in-consiglio-comunale) è emersa la reazione collettiva del quartiere Vanchiglia-Vanchiglietta contraria alla perdita sic e simpliciter di quel "bene comune" previsto dagli accordi tra amministrazione comunale e centro sociale e alla militarizzazione del territorio.

Dallo sgombero dell'Askatasuna del 18 dicembre (in https://www.laportadivetro.com/post/askatasuna-dopo-lo-sgombero-in-attesa-della-manifestazione) con l'immediata reazione dei militanti di Askatasuna (in https://www.laportadivetro.com/post/scontri-davanti-all-askatasuna-dieci-gli-agenti-feriti-ma-arriva-la-contestazione-a-piantedosi) e dalle successive manifestazioni con relativi scontri di due giorni dopo (in https://www.laportadivetro.com/post/askatasuna-il-dialogo-rimane-la-solita-guerriglia-urbana), che ha portato nelle ultime ore il numero degli indagati a 30, abbiamo ospitato più interventi.


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Da giorni si parla del corteo di sabato 20 a Torino per Askatasuna: molti hanno in mente le immagini tremende di manifestanti che bersagliano le forze dell'ordine e incendiano cassonetti, immagini da guerriglia urbana. Io quel pomeriggio ero a Torino, ero in quel corteo, ma non per colpire, incendiare o danneggiare. Come altre migliaia di persone ero a Torino per mostrare solidarietà ad un esperimento sociale trentennale, certamente con delle mancanze, ma con altrettanti punti virtuosi. Eravamo lì per essere vicini a dei ragazzi caduti vittima di un sistema polarizzante, che vuole lo scontro di opposti estremismi per non dovere scendere a patti con nessuno (non è forse le mediazione di istanze differenti le base di una democrazia?). Eravamo lì, società civile di Torino e delle valli del Piemonte, anche quando hanno cominciato a piovere i lacrimogeni: non solo sui violenti che attaccavano gli agenti, piccola minoranza, ma anche sulle famiglie, sui ragazzini, sugli anziani e le tante persone giunte per manifestare pacificamente. Sabato per Torino è stata una brutta giornata, perché ha ricordato a tutti che una manifestazione democratica e non-violenta, svolta per un buon fine, può essere interrotta solo grazie a gruppi estremistici e (sempre) minoritari. Le violenze di sabato non hanno avuto altro effetto se non quello di interrompere un bel corteo, e fornire un perfetto alibi a chi quel pomeriggio ha colpito una manifestazione democratica e in questi giorni ha militarizzato il quartiere del centro sociale. Chi si batte per ideali democratici e progressisti non è violento, chi usa violenza non è democratico.

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