Torino e Askatasuna: un altro "caso" da studiare ed esaminare
- Stefano Garzaro
- 18 ore fa
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di Stefano Garzaro

Torino, nonostante le sue miserie, sta tentando di ricostituirsi un’anima: democratica, egualitaria, solidale, antifascista. Ci sta riuscendo, un passo alla volta, sebbene molto lentamente. Torino è sotto osservazione da sempre, perché le sue invenzioni nate dal silenzio – dal campo rotante di Galileo Ferraris ai consigli di fabbrica di Gramsci, all’MP3 di Chiariglione – finiscono sempre per far rumore nel resto del Paese e non solo. Gli esperimenti associativi spontanei – quelli dei centri sociali sono solo un aspetto – non mancano di portare frutto, anticipando nuove forme di relazione comunitaria, un antidoto ai veleni che minacciano la partecipazione e la democrazia.
Nella strategia governativa mossa dall’appiattimento del pensiero, occorreva perciò intervenire. La battaglia per la liberazione dell’imam Shahin, così sentita in città da posizioni diverse, ha fatto traboccare il vaso: con l’arrivo del nuovo questore, chi sta a Roma ha chiuso il coperchio e messo il sigillo. L’assalto delle Forze dell’ordine in corso Regina avviene perciò nel modo più spettacolare e deturpante per la città, coinvolgendo i bambini e le famiglie che stanno per festeggiare le vacanze: «Cari bambini, vedete che razza di intervento risanatore ci costringono a fare quei kattivi dei centri sociali?». Per non parlare dei gatti clandestini, ben due.
Il momento dell’assalto è preordinato strategicamente, rafforzato dalla ricorrenza del 18 dicembre. Le motivazioni hanno radici punitive simili a quelle del 1922, sebbene con effetti drammatici assai diversi. Neppure l’immagine del poliziotto che straccia il ritratto di Dante Di Nanni dalla finestra è un caso.
Una combinazione di esasperazioni che hanno portato a un teatro di violenza, ancor più acuta sotto i riflettori natalizi. Condanna netta di qualsiasi brutalità e da qualunque parte, ovviamente, senza sofismi.
Un caso da studiare è la reazione prudentissima di partiti, enti, istituzioni, che hanno lasciato il popolo in piazza da solo. Così come il comportamento del sindaco, prima vittima politica, un personaggio che non è riuscito a mettersi dalla parte di nessuno, costretto a ingoiare veleno. Un’intossicazione che va oltre la sua persona e il suo ruolo pubblico, e che ammorba tutta la città.













































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