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Timori per Alberto Trentini: nel carcere El Rodeo I violenze e minacce di morte ai detenuti


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Sono pessime notizie, che non promettono nulla di buono, quelle che arrivano dal carcere venezuelano di El Rodeo I, nello Stato di Miranda, dove è recluso il cooperante italiano Alberto Trentini. El Rodeo I, struttura su cui incombe l'ombra dei servizi segreti venezuelani, ha fama di luogo sinistro per le angherie, minacce e violazioni sistematiche dei diritti umani subite e denunciate dai detenuti politici e stranieri.

A riprendere le accuse con un post su X, e rilanciate dal quotidiano on line El Nacional di Caracas, è María Alexandra Gómez, compagna di Nahuel Agustín Gallo, il caporale della Gendarmeria Nazionale argentina arrestato l'8 dicembre 2024 dall'intelligence venezuelana , al valico con la Colombia. A Gallo il governo Maduro muove l'accusa di appartenere a una forza mercenaria (125 persone) ingaggiata - con la complicità del governo Milei, secondo il Venezuela - per attentare alla sicurezza della vicepresidente Delcy Eloina Rodríguez, sorella di Jorge Rodríguez, attuale presidente dell'Assemblea Nazionale, e figlia di Jorge Antonio Rodríguez, guerrigliero e leader della sinistra venezuelana, torturato a morte nel corso di un interrogatorio dei servizi segreti venezuelani il 25 luglio 1976 in relazione al sequestro di William Niehous, presidente locale della multinazionale americana Owens-Illinois (oggi O-I).

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Secondo quanto riporta El Nacional, nella sua denuncia María Alexandra Gómez afferma di "avere ricevuto informazioni che indicano l'esistenza di violenza psicologica, minacce di morte e condizioni di detenzione che ha definito illegali e arbitrarie" in un contesto in cui ai detenuti è precluso ogni rapporto con le loro famiglie e deprivati di qualunque forma di garanzia giuridica. La stessa condizione che vive Alberto Trentini dal 15 novembre 2024: ad oggi, 23 dicembre, 403 giorni di prigionia.

Alle accuse di María Alexandra Gómez si sommano quelle recenti e non di altri parenti di prigionieri stranieri che indicano nei funzionari della Direzione Generale di Controspionaggio Militare (Dgcim) gli autori di minacce di morte ai detenuti, inclusi cittadini stranieri, nel caso di operazioni militare degli Stati Uniti contro il Venezuela. Secondo le testimonianze, riporta El Nacional, l'avvertimento sarebbe stato inequivocabile: "Se gli Stati Uniti ci toccano, sarai il primo a morire".

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