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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Proposte per una sanità allo stremo

di Emanuele Davide Ruffino

Al continuo crescere delle aspettative nessun sistema riesce più a soddisfare le attese. Premessa d'obbligo per mantenersi nel politicamente corretto, se si entra nel merito delle decisioni prese dal Governo Meloni per contrastare l'evidente stato di crisi in cui versa la sanità pubblica. Le cifre: nel Def (Documento di economia e di finanza) presentato da Palazzo Chigi, si stanziano oltre 4 miliardi di euro in più (due erano già presenti nel bilancio del Governo Draghi) con cui si taglia il traguardo di 128 miliardi di euro complessivi dedicati al settore.

Saranno sufficienti quei 4 miliardi (una parte già ingoiata dall'inflazione) per far uscire l'assistenza sanitaria pubblica dal cono d'ombra in cui è precipitata? Oggettivamente, per rimanere nel politicamente corretto, lo stanziamento aggiuntivo è modesto, se consideriamo che l’Italia è tra quei paesi che meno spendono, ma è destinato a risultare insufficiente, decisamente insufficiente (e qui non siamo più nel politicamente corretto, per le visibili difficoltà che incontra l'esecutivo di centro destra), se non sarà accompagnata da un profondo processo di riorganizzazione, in sincronia con il PNRR nell’ambito della “Missione Salute”, incentrato sul rinnovamento delle strutture edili, tecnologiche e digitali esistenti, attraverso più efficaci sistemi informativi in grado di migliorare la capacità di erogazione e monitoraggio dei servizi (compreso il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico FSE).

Del resto, una società civile non può rinunciare a migliorare i suoi asset sanitari, anche se in questa fase post pandemica, le ipotesi risultano ancora da definire. L’evoluzione del sistema nel suo complesso sta obbligando ad abbandonare la dicotomia manichea tra pubblico-privato per una serie di ragioni. Se si esaminano i bilanci di un moderno ospedale si rileva sistematicamente come più della metà dei costi sia assorbito da imprese private: farmaci, protesi, servizi in outsourcing, grandi attrezzature elettromedicali, un "apparato" gestito da poche multinazionali…, dove la mancanza di regole può generare situazioni non razionali (e non si possono dimenticare i pericoli etici connessi alle possibilità di ricorrere a trapianti in alcune parti del mondo). A ciò si deve aggiungere nella stessa azienda pubblica la disparità nel trattamento delle risorse umane (gettonisti, cooperative, contratti atipici). Oggi, un serio problema di un grave problema.

Ancora. La gestione della sanità non può essere ricondotta esclusivamente ad una visione individuale. In questi giorni, un’epidemia aviaria, portata da volatili provenienti dalla Siberia, sta provocando non pochi problemi in Giappone, dove le uova sono pressoché sparite dal mercato. Problemi di questa natura richiedono un’azione collettiva ai livelli più alti che solo la politica, non più nazionale, ma internazionale, può affrontare con successo. Se neanche gli Stati Uniti sono riusciti al loro interno a creare un’azione di contrasto comune al Coronavirus, pensare ad azioni coordinate a livello planetario pur nella loro difficoltà attuativa, rimane l’unica strada praticabile per raggiungere risultati su larga scala. Per percorrere questa strada occorre il coinvolgimento di tutte le forze disponibili, così come per raggiungere un maggior livello di efficienza nella gestione della cosa sanitaria, a livello periferico, non si può pensare che un unico modello amministrativo-organizzativo possa soddisfare contemporaneamente momenti di altissima tecnologia, come quella utilizzata nella robotica o nelle nanotecnologie, con la gestione quotidiana di aspetti sociali ed assistenziali. Ecco, un altro elemento per guardare con occhio critico i 4 miliardi di euro per la sanità messi sul piatto dal governo.

E non si tratta di disquisizioni accademiche tra esperti di settore. I Pronto Soccorso sono la cartina di tornasole della necessità di ripensare all'organizzazione sanitaria in profondità e non più con pannicelli caldi. Chi necessita di una prestazione urgente non si chiede se il medico è un interno strutturato o un gettonista, se le pulizie sono fatte da personale dipendente o da una cooperativa, con tutti le differenze salariali connesse. Gestire la sanità significa affrontare problemi concreti che vanno dalla definizione dei LEA-Livelli Essenziali di Assistenza compatibili con i limiti economico-finanziari che la società può sostenere, alla ricerca dell’appropriatezza in un contesto sempre più caratterizzato dalla medicina difensiva che in Italia, secondo Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari), costa attorno ai 10 miliardi. Quasi il 10% degli interventi sanitari sono scarsamente utili (se non dannosi), ma intervenire per contrastare l’inappropriatezza prescrittiva risulta ancora pericoloso nella rincorsa ai consensi.

Su un punto tutti concordano: la ricerca nel settore delle biotecnologie lascia oggettivamente prevedere la possibilità di allungare la vita di molti anni. Ma con quali costi? Accessibili a tutti? Sotto il profilo etico la domanda si presenta già ai giorni nostri, allorché i servizi disponibili per noi occidentali rappresentano un miraggio per gran parte della popolazione mondiale e tale divario è destinato ad aumentare in corrispondenza dell’accrescere delle differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Così come per le pensioni (dove alcuni hanno potuto accedervi in condizioni di grande favore e, ora, si è costretti a manovre impopolari, come in Francia, o a non decidere, come in Italia, accrescendo le disequità) sarà sempre più difficile mantenere i proclami preelettorali anche in ambito sanitario: la creazione di eccessi di aspettative genera una crescita dei contenziosi tra cittadini e mondo sanitario di scarso livello pratico, mentre la ricerca delle inefficienze risulta ancora poco appagante sotto un profilo demagogico, ma ciò rischia di allontanare ipotesi di razionalizzazione.

La sanità rappresenta però un fattore determinante per il raggiungimento di più alti livelli di benessere e, per questo, le forze in campo, pubbliche, private e no profit, sono chiamate a collaborare. Ma perché ciò avvenga occorre un intelligente lavoro di direzione strategica alla cui attuazione dev’essere chiamato un management preparato ed esperto, ma che rischia l'impotenza se non può contare su un ampio coinvolgimento generale della popolazione, ottenibile solo con una crescita dell’educazione e del livello culturale.


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