Investimenti nell'automotive: "Ultima occasione per l'Italia"
Aggiornamento: 12 set 2023
di Gianluigi Ficco*
Le Istituzioni tutte dovrebbero favorire gli investimenti nelle nuove tecnologie, soprattutto nei settori come l’automotive che sono sottoposti a profonde trasformazioni. In questo, l'invito della capogruppo Pd in consiglio comunale a Torino, Nadia Conticelli, attenta al futuro dello stabilimento di Mirafiori e più in generale della manifattura con tutte le sue implicazioni sul piano dello sviluppo tecnologico non può che essere condiviso.[1] Del resto, ci risulta dal ministro delle Imprese Adolfo Urso che per l’automotive sono attualmente disponibili circa 3,5 miliardi di euro: ebbene occorre spenderli presto e bene per supportare le riconversioni dell’intera filiera produttiva.
Però, c'è sempre un però in queste trasformazioni epocali, deve essere chiaro che dal punto di vista industriale il passaggio all’elettrico sta già producendo un forte calo occupazionale; inoltre l’Italia perde competitività giacché la nostra eccellenza ha sempre risieduto nella meccanica. Queste sono ragioni ulteriori per chiedere un forte intervento pubblico: la politica ha deciso il passaggio all’elettrico ed ora la politica si deve sobbarcare l’onere di sostenere il doloroso processo che ne consegue.
Infine, e non si tratta di un elemento secondario, paghiamo gli errori di decenni di demagogia, ubriacatura liberista e inconsapevolezza degli interessi nazionali, che ci hanno privato di grandi campioni industriali e perfino di infrastrutture adeguate. Ci presentiamo alla competizione internazionale come il vaso di coccio fra i vasi di ferro di memoria manzoniana. Se vogliamo conservare un tenore di vita dignitoso e scongiurare i rischi di fallimento della nostra nazione, dobbiamo proteggere e sviluppare ciò che resta della industria esportatrice. L’adozione dell’euro, con conseguente impossibilità di svalutare la moneta, ci impone difatti di concentrare le risorse sugli investimenti e di preservare l’equilibrio delle partite correnti con l’estero. In altri termini, noi non possediamo materie prime e dunque la nostra ricchezza consiste nella capacità di produrre manufatti di pregio ed esportarli in tutto il mondo.
L’Italia forse non se ne sta rendendo conto, ma si stanno ridisegnando le catene produttive globali, nell’industria in generale e nell’automotive in particolare. Per noi può essere l’ultima occasione.
Note
[1]https://www.laportadivetro.com/post/il-futuro-dell-auto-a-torino-passa-dal-nuovo-piano-regolatore
*Segretario nazionale Uilm-Uil
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