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Intrigo internazionale: l'arresto di Cecilia Sala, detenuta in Iran

Di ora in ora tende a diventare più credile l'ipotesi che dietro l'arresto in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala vi sia una sorta di intrigo internazionale. Un retroscena legato al fermo di un imprenditore iraniano che avrebbe contatti con i Guardiani della rivoluzione o pasdaran, la milizia del regime degli ayatollah, avvenuto all'aeroporto di Malpensa il 16 dicembre. Un episodio avvenuto tre giorni prima dell'arresto della ventinovenne collaboratrice de Il Foglio, autrice e voce del podcast Stories di Chora Media, la podcast company italiana diretta da Mario Calabresi.

Ad avvalorare la tesi di una ritorsione di Teheran contro il nostro Paese, è una serie di articoli apparsi su Rsi (Radio televisione svizzera in lingua italiana) che traccia i confini misteriosi dell'intera vicenda.[1] A cominciare dal nome dell'iraniano: Mohamed Abedini Najafabadi, appena arrivato dalla Turchia, fermato su mandato di cattura spiccato dalle autorità Usa che lo stesso giorno avevano fatto scattare le manette ai polsi di un altro cittadino iraniano, Mahdi Mohammad Sadeghi.

Secondo il Dipartimento di Giustizia americano, entrambi avrebbero cospirato "per esportare componenti elettronici sofisticati dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni”. Abedini, ed è il principale capo d'accusa, avrebbe fornito supporto materiale ai Pasdaran, che Washington ha inserito nella lista nera delle organizzazioni un’organizzazione terroristiche. Nello specifico, la sua iniziativa avrebbe permesso un attacco con un drone su una base americana in Giordania, nel quale sono morti tre militari Usa. A rendere plausibile le accuse, vi è la perquisizione del bagaglio effettuata dagli agenti italiani che avrebbero contenuto una componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense, oltre a materiale cartaceo, bancario e commerciale, apparecchi telefonici e informatici, compatibile con l'attività dell'imprenditore.

A sei giorni dall'arresto dei due, il 22 dicembre scorso, si è registrata la prima iniziativa diplomatica dell'Iran, con la convocazione a Teheran, presso il ministero degli Esteri, dell’ambasciatrice svizzera, rappresentante degli interessi statunitensi e l’ambasciatrice italiana per protestare contro gli arresti. In quel momento, Cecilia Sala era detenuta da 72 ore nel carcere di Evin, dove soltanto ieri ha potuto ricevere la visita durata mezz'ora dell’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, che le ha portato vestiti, cibo e libri.

Sui motivi dell'arresto o dei capi di imputazione è buio assoluto, come ha affermato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. In una nota, la Farnesina ha ribadito che "in coordinamento con la Presidenza del Consiglio si lavora con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione. La famiglia è stata informata dell’esito della visita e in accordo la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda".

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