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Il genocida coerente e generoso

Aggiornamento: 8 feb

di Menandro


@haaretz.com

Dal giorno della strage compiuta da Hamas, dal 7 ottobre scorso, al premier israeliano Benjamin Netanyahu non si può non riconoscere il dono della coerenza per il metodo adottato nel combattere ed eliminare il terrorismo. Non era semplice. Anzi. Era, è, estremamente difficile non farsi travolgere dalle emozioni e dai dubbi per la disumanità necessaria a fare terra bruciata, consapevole che la sua vendetta potrebbe anche non essere vista con occhio benevolo da chi a fine corsa ha il potere di decidere quale porta aprire per gli esseri umani. Ma, come tutti gli uomini convinti di essere stati inviati su questa madre terra per assolvere a una missione sovraumana, Netanyahu non può arretrare dinanzi alla striscia di morti, feriti, dispersi, sfollati, distruzioni che da 125 giorni di guerra si sommano nella Striscia di Gaza: Israele uber alles.

A Bibì, come è noto in patria tra amici e famigli, va poi riconosciuta un'altra qualità, oltre a quella della coerenza: la generosità. Infatti, generosamente sta sacrificando il suo residuo destino politico per spazzare via tutti i palestinesi dalla faccia della terra e altrettanto generosamente si sta addossando tutte le colpe per il genocidio di un popolo che, sulla base di oltre 27 mila morti, di cui quasi la metà bambini, forse potenziali terroristi se avessero avuto un futuro, ma rimasti bambini nel loro presente bruscamente spento, migliaia e migliaia di feriti, dispersi e sfollati, distruzioni materiali e ambientali, non ha più bisogno di essere certificato dai numeri. E neppure dall'Onu o da nessun'altra istituzione e tribunale che per il governo Netanyahu valgono uno zero rotondo. Basta la nostra coscienza.

E sempre con schietta generosità, Netanyahu si è esposto ai rimproveri del fedele alleato americano - inorridito dal sovraffollamento di cadaveri a Gaza - nel burrascoso colloquio di ieri con il sempre più pallido ed emaciato Segretario di Stato Anthony Blinken, che mai come in questa fase sta correndo il serio rischio di essere guardato in Medio Oriente come un piazzista di prodotti scaduti, piuttosto che come un diplomatico credibile ed ascoltato. Netanyahu avrebbe potuto mostrare una maggiore flessibilità alle richieste umanitarie di Washington. Avrebbe potuto cedere alle pressioni oramai quotidiane del presidente Joe Biden, che altrettanto generosamente si sacrifica per il bene della nazione americana alla Casa Bianca, mentre i più lo vorrebbero in una Casa di Riposo. Infine, era sperabile una ritrovata attenzione ai parenti degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Ma insieme con la sua squadra di negazionisti del cessate il fuoco, come scrive il quotidiano di opposizione Haaretz, "hanno le mani sporche di sangue di ostaggi israeliani" e in prima persona preferisce la possibilità di una tregua perché la vittoria di Israele "sarà assoluta". E ancora più generosamente ha lasciato che a spiegare come, fosse un alto ufficiale dell'esercito, che in una recente intervista si è limitato a dire che un palestinese buono "è un palestinese morto".

Titoli di coda: oltre 27 mila palestinesi uccisi, 12 mila bambini, più di 8mila donne; 34 mila dispersi, 122 giornalisti morti; decine di volontari della Croce rossa internazionale colpiti; 30 per cento degli edifici distrutti, per un totale di quasi 70 mila costruzioni e almeno 93 mila abitazioni.

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