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Il Concilio Vaticano II nella storia sessant'anni dopo

La rincorsa della Chiesa cattolica verso il mondo

di Luca Rolandi


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I tempi della chiesa sono lenti e non corrispondono a quelli del mondo, in un tempo di post modernità, questo per dire che il Concilio Vaticano II, che si concluse sessant’anni fa, l’8 dicembre 1965, rappresenta ancora un passaggio fondamentale della Chiesa cattolica in cammino nella storia. L’8 dicembre 1965 il Concilio si concluse solennemente, ma già il 9 dicembre iniziava la fase tormentata del post Concilio con una lotta tra Curia e Chiese locali, tra momenti di serenità e applicazione, e momenti di scontro e tensione. Quando fu eletto Papa il cardinale Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia, alcuni, per la sua età avanzata, sentenziarono che il suo sarebbe stato un pontificato di transizione. Non conosciamo il pensiero degli elettori, possiamo però dire che diverso era il disegno di Dio.


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L'elezione di Papa Giovanni XXIII

All'inizio del nuovo pontificato, mentre molti cercavano di scorgerne la nota caratteristica, la svelò il Papa stesso. Tre mesi dopo l'elezione, Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 ai cardinali, riuniti nella sala capitolare del monastero benedettino di S. Paolo, annunziò la sua decisione di celebrare un concilio ecumenico. La risoluzione era scaturita dalla costatazione della crisi, causata nella società moderna dal decadimento dei valori spirituali e morali. Negli ultimi cinquant'anni, erano avvenute profonde trasformazioni sociali e politiche; erano maturati nuovi e gravi problemi, che esigevano una risposta cristiana. Prima Pio XI e poi Pio XII avevano pensato ad un concilio ecumenico ed avevano pure avviato gli studi preparatori, ma entrambi i tentativi, per varie ragioni, si erano arrestati.

Alcuni anni dopo, Giovanni XXIII, con lo sguardo rivolto ai bisogni della Chiesa e del mondo, si accinse, con "umile risolutezza di proposito", alla grande impresa, che egli riteneva volere divino. L'annunzio del concilio, del tutto imprevisto, ebbe una vasta eco. Si accesero ovunque, all'interno e al di fuori della Chiesa, attese e speranze. Nella fase preparatoria era stato raccolto molto materiale, le risposte dei Vescovi alle richieste di papa Giovanni XXIII erano state raggruppate in dodici volumi. Alla fine del Concilio di tutto questo materiale non c’è traccia nei documenti conciliari. Poi i cinque anni straordinari nella storia della chiesa universale dal 1962 al 1965. 


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Dopo la breve primavera conciliare sotto Giovanni XXIII e Paolo VI (1958-1978), iniziava un periodo lungo, vissuto attraverso il lunghissimo doppio pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (1978-2013), caratterizzato dalla fine dei blocchi, dal crollo del muro di Berlino, ma anche dalla secolarizzazione sempre più diffusa che rendeva necessario il rapporto ecumenico ad intra ecclesia cristiane, il dialogo con le altre religioni e con il mondo laico. Solo sotto i papi Francesco e Leone XIV (2013-oggi) questo rapporto si sta trasformando tra Chiesa e mondo in un modo meno conflittuale dopo il grande freddo degli anni post conciliari con la rivalità profonda tra l’ecclesiologia di apertura e il ritorno alla tradizione come necessità identitaria. 

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Le riflessioni di monsignor Bettazzi

Aggiornamento fu la parola chiave, dialogo tra le chiese nel mondo, incarnazione della fede, testimonianza del Risorto in un mondo ormai interdipendente e globalizzato. Al centro del Concilio vi sono quattro costituzioni che possono essere sovrapposte alle dimensioni fondamentali della pastorale ecclesiale: la costituzione sulla liturgia Sacrosanctum concilium, la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, la costituzione sulla rivelazione Dei verbum (Martyria) e la costituzione pastorale sulla Chiesa Gaudium et spes (Diakonia). Tutti e quattro i testi principali del concilio Vaticano II affondano le loro radici nei cambiamenti preconciliari della pastorale: SC nel movimento liturgico (actuosa participatio), LG nel movimento dei fedeli laici (la Chiesa si risveglia nelle anime), DV nel movimento biblico (réveil évangélique) e GS nel movimento missionario (la Chiesa deve uscire da sé stessa).

In questa occasione risuonano le riflessioni di monsignor Luigi Bettazzi[1], morto alla soglia dei cento anni e uno dei più giovani vescovi al Concilio, e pastore a Ivrea dal 1966 al 1999: “Due sono le cose tipiche di questo Concilio: essere stato un Concilio ecumenico ed essere stato un Concilio pastorale. I veri convertiti del Concilio siamo stati noi Vescovi e di questo noi ce ne siamo ben resi conto strada facendo, come pure ci siamo resi conto che il Concilio, la sua maturazione, la sua elaborazione, la sua riuscita erano affidati a noi Vescovi”.


Note

[1] Luca Rolandi, Michele Ruggiero, Ricordi, vita e pensiero in Luigi Bettazzi, Araba Fenice


 

 

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