Il 6 settembre a Bruxelles per dare voce a un Iran democratico
- Yoosef Lesani
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di Yoosef Lesani

A Bruxelles, il prossimo sabato 6 settembre, scenderà in piazza l'Iran che cerca di liberarsi dal giogo degli ayatollah, di cacciare un regime clericale che usa il sistema della pena capitale per brutalizzare la convivenza civile e terrorizzare la popolazione e per riportare la democrazia nel Paese. E quando si parla di esecuzioni capitali, le cifre sono eloquenti e non hanno bisogno di ulteriori commenti e spingono le nazioni che hanno a cuore la libertà a respingere il governo autocratico di Teheran: dall’insediamento del nuovo presidente del regime, Masoud Pezeshkian, definito “riformista” (2 agosto 2024), sono state eseguite 1.643 esecuzioni, tra cui 46 donne e 8 minorenni. Dall’inizio del 2025, sono stati giustiziati 841 prigionieri. La manifestazione, prima di essere comunque uno storico raduno, si propone come un grido d'appello degli esuli iraniani nel mondo. Una diaspora che dura da 46 anni, dalla presa di potere dell'ayatollah Khomeini, dopo l'esautoramento della monarchia di Reza Pahlavi. Ma, ad un tempo, l'incontro di Bruxelles rappresenta anche un serio tentativo di contrasto al governo iraniano che cerca di accreditarsi all'esterno un'immagine distorta e manipolata.
Ne è una sintesi perfetta la partecipazione del presidente Masoud Pezeshkian al vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO) che si tiene in Cina, nella città portuale settentrionale di Tianjin. Alla SCO, l'Iran aderisce dal luglio del 2023 con l'evidente obiettivo di di rompere l'isolamento internazionale e avvicinarsi ai grandi paesi - Russia, Cina, India - che dettano l'agenda dell'Organizzazione. Non a caso, come hanno riferito fonti governative, il leader supremo iraniano Ali Khamenei ha pubblicato un messaggio sulla piattaforma di social media X sottolineando i rapporti che si sono instaurati sull'asse Teheran-Pechino e dando un'accentuazione diplomatica alla partecipazione di Pezeshkian.
La realtà è diversa, anche se la guerra dei dodici giorni promossa da Stati Uniti e Israele ha provocato rigurgiti nazionalistici e favorito l'ennesima narrazione all'insegna dell'unità iraniana, come ha affermato di recente con la tipica retorica del regime Masoud Pezeshkian. Tesi diffusa anche dal capo della magistratura iraniana Hojjatoleslam Gholamhossein Mohseni Ejei in un incontro con i dipendenti della magistratura della provincia alla Porta di Bustan ad Ahvaz, come ha riferito l'agenza nazionale IRNA: "Dobbiamo sforzarci di rafforzare l'unità e la coesione nazionale perché questo tema è stato molto influente durante la recente Sacra Difesa". Ma la maggioranza degli iraniani sa che l'unità e la coesione nazionale sono cambiali quotidianamente in scadenza con la perdita del potere d'acquisto, da un'inflazione che corre attorno al 30 per cento e da una corruzione endemica e patologica che attraversa tutti i gangli vitali del regime.

A Bruxelles si celebrerà anche il 60° anniversario della fondazione dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano, asse portante del CNRI, il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana che da decenni lotta per la libertà e la democrazia in Iran, guidato dalla presidente eletta Maryam Rajavi, e che sostiene la cosiddetta Terza via. Si tratta di un progetto politico che si può riassumere in pochi, ma essenziali punti: no alla guerra, che non ha mai portato la democrazia da nessuna parte; no alla politica di accondiscendenza con la dittatura teocratica; sì al cambiamento di regime attraverso il popolo e la sua Resistenza organizzata, considerato un diritto sovrano che porterà democrazia e prosperità all’Iran e pace al mondo intero.
Inoltre, il 6 settembre, la manifestazione rivendicherà l'abolizione delle esecuzioni, la creazione di una repubblica democratica, laica e pluralista, basata sulla separazione tra religione e Stato, l’uguaglianza di genere, l’autonomia per le minoranze etniche, una magistratura indipendente, un Iran non nucleare, che promuova costantemente la pace e la stabilità in Medio Oriente e favorisca una convivenza pacifica con la comunità internazionale.
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