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Idee e soluzioni per ridare slancio all'Edilizia popolare

di Pasquale Fedele


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Nelle cronache cittadine torinesi di questi giorni si legge della difficoltà ad approvare in Consiglio comunale la delibera dei Vuoti a rendere, che per alcuni partiti della maggioranza di centro sinistra, che sostengono il sindaco Stefano Lo Russo, appare ideologica e divisiva.

Non è in questo spazio che si intende entrare nel merito di dinamiche politiche tra correnti e forze differenti. Forse, invece, potrebbe essere utile offrire uno spunto di riflessione su quello che sta facendo il Comune di Bologna, che ha adottato una misura per destinare obbligatoriamente il 20% della superficie abitativa, all'edilizia residenziale pubblica che, si ricorda, non è l'edilizia residenziale sociale.

Su questo sito abbiamo già riportato lo squilibrio esistente tra domanda ed offerta per l'edilizia residenziale che determina un quadro drammatico sul piano nazionale. Se poi l'attenzione sull'ultima proiezione dell'Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche) che riporta l'esodo dal mercato del lavoro per circa 6 milioni di persone entro il 2033, il quadro rischia di sfuggire di mano per le difficoltà che avrà l'Erario a pagare le pensioni e a garantire l'erogazione di servizi pubblici essenziali. Morale: tra i primi effetti, vi sarà un inesorabile aumento dei costi per le famiglie ed è logico ipotizzare un aumento dei costi per la casa, con il successivo e probabile aumento di richieste per avere un'abitazione a canone calmierato, cioè una casa popolare.

Come già riportare in altri articoli, Torino è alle prese con notevoli investimenti per diventare entro il 2030 una città più sostenibile, vivibile e innovativa, grazie a un piano d'azione ambizioso che già vede in corso trecento cantieri. In questo ambito potrebbe inserirsi la proposta di richiedere ai grandi progetti di investimento, appunto, una quota percentuale da destinare per la costruzione o la riqualificazione delle case popolari. Non da ultimo vi sono notevoli stock immobiliari detenuti da banche e assicurazioni, che potrebbero essere destinati in quota parte percentuale a prezzi calmierati alla città, per essere successivamente destinati appunto all'edilizia residenziale pubblica sociale.

Ancora, ribadendo proposte già avanzate, perché non pensare a richiedere quote da destinare l'edilizia residenziale pubblica per la riqualificazione di aree industriali dismesse, o siti dove si costruiscono supermercati o comunque dove devono nascere nuovi poli logistici, commerciali, turistici?

Ora i dati ci mettono all'angolo e ci dicono non è più tempo di traccheggiamenti o di rinvii. Giova ricordare che secondo il rapporto Ires Piemonte "Le case popolari in Piemonte. Report per il consiglio regionale del Piemonte 2021", in Piemonte ci sono 52.000 alloggi di edilizia popolare e che ogni anno si liberano mediamente 1.500 alloggi, ma nel 2020 c'erano 16.000 famiglie a livello regionale che, pur avendo fatto domanda per la casa popolare e inserite in graduatoria, attendono...

In un contesto, dove aumentano le disuguaglianze e la ricerca di un affitto a prezzi accessibili si prospetta sempre più complicata, diventa cruciale adottare progetti per promuovere l’edilizia residenziale pubblica. Infine, non dimentichiamo che un canone calmierato diminuisce i bisogni assistenziali e, di conseguenza, riduce le spese dei servizi che, come abbiamo visto dai dati Inapp, sarà sempre più problematico garantire.

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